Il trend emergente dei ristoranti d’hotel

Un po’ come le bollicine, che piano piano stanno riuscendo a togliersi di dosso l’etichette di vino delle feste, così anche i ristoranti d’hotel stanno conquistando sempre più credito tra i gourmet. Anche se la strada è ancora lunga il processo è in atto e si fa sentire, tanto da essere stato oggetto di un convegno dal tema “Dal ristorante d’albergo al ristorante in albergo: come trasformare un servizio in una risorsa”, organizzato durante SIA Guest, il salone internazionale dell’accoglienza svoltosi a Rimini alla fine di novembre, coordinato e moderato da Enzo Vizzari, direttore delle Guide dell’Espresso, e in collaborazione con EHMA (European Hotel Managers Association) .


Jaume Tapies
, presidente di Relais & Chateaux, ha sottolineato il fatto che R&C ha una forte connotazione legata alla qualità della ristorazione. Infatti su un totale di 500 alberghi e 800 ristoranti affiliati, la ristorazione conta per il 54% del volume d’affari. Nel loro caso, il ristorante è il cuore dell’albergo: il cliente viene per una celebrazione memorabile e desidera un’esperienza che rimanga nella memoria. Il locale non deve avere necessariamente 3 stelle Michelin, può essere informale ma di charme, ma soprattutto deve rispondere alle esigenze del cliente.

Diversa l’esperienza di Ezio Indiani, General Manager del Principe di Savoia di Milano e Delegato Nazionale EHMA. L’albergo da lui diretto offre una ristorazione al massimo livello rivolta soprattutto ma non esclusivamente alla clientela business. Per il Dorchester Group, presente principalmente nelle grandi città, la buona ristorazione significa buona cucina solo al 40%, altrettanto se non più importanti sono l’ambiente e il servizio. Indiani ha commentato come le guide apprezzino soprattutto l’innovazione mentre dovrebbero apprezzare e valutare di più una cucina alleggerita ma non necessariamente strana, il servizio e l’ambiente.

Rari sono gli alberghi in Italia tanto grandi da permettersi più di un ristorante, condizione essenziale per coniugare le due esigenze della clientela: un ristorante gourmet creativo e uno che offre piatti più semplici È il caso del Park Hyatt di Milano, diretto da Claudio Ceccarelli, che nonostante gli spazi limitati riesce a contenere due ristoranti appunto per soddisfare la clientela 24 ore su 24 in tutte le zone pubbliche, elemento che viene percepito come un valore aggiunto. Il Park Hyatt si pone l’obiettivo di offrire una ristorazione di alta qualità no stop, a partire dal curatissimo breakfast del mattino. Questa versatilità è una fattore importante per attrarre la clientela esterna, sia che esiga un pasto veloce o un’esperienza di alta gastronomia, anche se offrire un servizio a 360 gradi è estremamente costoso per un albergo che non dispone di ampie sale per banchetti. Per quanto riguarda la questione se scegliere per il ristorante una cucina straniera, la direzione Hyatt ha insistito che fosse offerta la cucina italiana.

I riconoscimenti fanno piacere, ha commentato Marcel Levy, GM dell’Hotel Eden di Roma, la location e un grande chef sono essenziali, ma il risultato economico è importante. Oltre alle guide, bisogna essere molto attenti ai commenti dei clienti e trovare un equilibrio tra i vari fattori.

La catena Baglioni Hotels, ha aggiunto Marco Milocco, GM Regina Baglioni Roma, ha due ristoranti famosi in albergo che vivono di luce propria, gestiti da società terze: sono l’Enoteca Pinchiorri a Firenze, ospitato nelle splendide sale storiche del Palazzo Jacometti Ciofi, nello stesso palazzo del Relais Santa Croce, e Il Baretto all’interno del Carlton Hotel Baglioni di Milano. Al Baglioni di Roma si è lavorato molto sul prodotto e anche sulla percezione dell’utente, avendo la fortuna di avere una porta direttamente su Via Veneto e ampie facilities per i meeting.

La percezione del cliente è importantissima, condivide Tapies. R&C infatti ha commissionato una ricerca proprio per sapere in qual modo l’esperienza del ristorante rimane nella memoria del cliente. Ne è risultato che, in tutti i continenti, ciò che resta di più nella memoria è l’“oste”, cioè il padrone di casa, chef o gestore che sia, capace di instaurare un rapporto personale.

In effetti, ha aggiunto Ezio Indiani, il livello di gradimento espresso dai commenti del nostro ristorante è molto alto e si avvicina a quello dei locali gestiti da celebri chef come Ducasse a Parigi e a Londra, ma Ducasse, da noi consultato, ha detto no a Milano perché ha ritenuto che il rapporto costi/ricavi per non essere negativo avrebbe dovuto imporre dei prezzi troppo alti per il mercato.

Alla domanda su quali criteri determinino la scelta del tipo di ristorante da realizzare negli hotels Starwood, il direttore Tribolet ha chiarito che i fattori che determinano queste scelte cambiano da destinazione a destinazione secondo il mercato in cui si trovano. Ducasse agisce secondo logiche di mercato e per questo ha creato dei marchi di ristorante meno costosi come Mix e Spoon. Da tener presenti, ha concluso, anche altri concept intelligenti collaterali come Espressamente Illy, la catena di caffè all’italiana.

Al ristorante il cliente si aspetta una cucina con una forte identità locale, ha sostenuto Levy. Per questa ragione all’Eden è stata aperta recentemente con molto successo una sezione più informale del ristorante che offre piatti tipici della cucina romana ed attrae molta clientela esterna.

Il ristorante d’albergo non esiste più, ha concluso Vizzari. La sfida a tutti i livelli consiste nell’adottare standard qualitativi molto alti coniugati con un’ospitalità personalizzata per ottenere la soddisfazione di un cliente che si aspetta una buona cucina con un’identità locale a prezzi compatibili con il contesto. Spesso però la qualità dei prodotti e della cucina è ottima, ma il messaggio non passa in maniera sufficiente alla clientela, forse perché il servizio effettuato secondo gli standard delle compagnie alberghiere è considerato troppo rigido dalla clientela.

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Commenti

  1. grazie delle info!!

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