“Se non ora quando”. Secondo me.

Marzo è il mese delle donne e di questo desidero parlare questa sera. Correndo il rischio di essere impopolare. Lo scorso 13 febbraio ha avuto luogo la manifestazione “Se non ora quando”, che ha visto scendere in molte piazze d’Italia flotte di donne intenzionate a protestare contro Berlusconi. «Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato – scrivevano le promotrici – legittima comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni. Chi vuole continuare a tacere lo faccia assumendosene la pesante responsabilità. Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignità e diciamo agli uomini: se non ora, quando?». Non voglio ora esprimere giudizi sul presidente del Consiglio e su tutti gli altri politici coinvolti in scandali sessuali, anche perché io ad Arcore non ci sono mai stata e non so se quello che si legge sui giornali è vero: fino a prova certa di colpevolezza, uno è innocente, non dimentichiamocelo mai. I processi non si fanno sui giornali, e lo dico sia da cittadina che da giornalista.

Quello di cui voglio parlare è la motivazione di questa manifestazione. Perché scendere in piazza contro Berlusconi o contro gli uomini in generale, rei di accettare favori sessuali da giovani ragazze consenzienti? L’immagine che è uscita in questi ultimi tempi sulla stampa è di una certa fetta di mondo femminile pronto a tutto per fare carriera o guadagnare facilmente molti soldi. Ma è colpa degli uomini oppure di quelle ragazze e dei loro scarsi valori? Nel ventesimo secolo possibile che noi donne stiamo ancora a dipingerci come se fossimo sempre succubi delle decisioni maschili, incapaci di decidere cosa fare di noi stesse e dei rapporti che intessiamo? È giusto insomma pensare che queste ragazze, ammesso che abbiano fatto ciò di cui si legge, non lo abbiano deciso autonomamente, consce di dove andavano, di con chi si accompagnavano e di quello che avrebbero potuto, forse, ottenere? Personalmente, vedo protagoniste di questa storia che tanto indigna, donne giovanissime, scaltre, che ben sapevano ciò che facevano e lo facevano perché lì ritenevano di poter avere una chance per realizzare i loro sogni: sfondare nel mondo dello spettacolo oppure guadagnare molti soldi in poco tempo. E magari avere anche una casa gratis.

Per questo ritengo che il 13 febbraio la protesta, se mai ci doveva essere (perché non è da oggi che si sa che esistono queste cose), avrebbe dovuto rivolgersi al mondo femminile, doveva trasformarsi in un’autoanalisi capace di dire che sempre più spesso capita di vedere nelle nuove generazioni talmente pochi valori e talmente poco amore per se stessi da arrivare, senza tanti rimorsi di coscienza, a questo genere di comportamenti. Talmente tanta poca voglia di faticare e impegnarsi in un lavoro “normale” oppure in un lavoro speciale, che però richiede sforzi immani, da essere disposti a vendere l’anima al diavolo pur di trovare la via meno impegnativa. E dovremmo riflettere anche sul ruolo delle madri, in primis, ma anche dei padri, spesso informati di quanto sta accadendo, spesso complici e anche consiglieri.

Ragazze, signore, se non siamo noi in primis a rispettarci, ad avere dei valori, a credere in certe cose, come possiamo pretendere che gli altri (uomini o donne che siano) ci rispettino? Che colpa ne hanno quegli uomini magari un po’ in là con gli anni che si vedono offrire su un piatto d’argento la gioventù pronta a concedersi a loro senza esitazione? L’uomo è uomo, la carne è carne e siamo noi donne a muovere il mondo. Tocca a noi decidere da che parte muoverlo, a noi sole. Dobbiamo avere il coraggio, oggi più che mai, di prenderci questa responsabilità e non di scaricarla addosso ad altri.

Siamo noi, fulcro della famiglia, esempio per le nostre figlie e “anima buona” della società, che dobbiamo tornare a imporre una moralità salda e valori precisi. Forse in questi anni ce ne siamo dimenticate, concentrate come eravamo a crearci i nostri spazi e a prenderci le nostre meritate libertà. Ora, però, è tempo di un’altra sfida. Perché più la società è libera più ha bisogno di punti fermi, e sta a noi darglieli.

 

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Commenti

    • Lucia Poggibonsi
    • 16 Marzo 2011

    Il rispetto per la donna deve partire da noi donne,sono pienamente d’accordo, ma gli “uomini che si vedono offrire su un piatto d’argento la gioventù pronta a concedersi” per me non sono giustificati dalla mancanza di rispetto della donna che si concede. Troppo comodo darsi delle attenuanti sulle colpe altrui…

    • Geisha Gourmet
    • 16 Marzo 2011

    Il problema è che se io mi concedo volontariamente nessuno mi manca di rispetto, secondo me… ma ne parliamo stasera a cena 😉

    • Lucia Poggibonsi
    • 18 Marzo 2011

    Guardando da un’altra prospettiva: è giusto “comperare” una persona solo perché si concede volontariamente? secondo me no. L’esistenza di valori, di morale, di coscienza, di etica non permette di semplificare il ragionamento a: “visto che è consenziente io posso fare ciò che voglio”. Questo è il mio pensiero.
    Volendo entrare nel merito delle accuse all’uomo politico, senza fare nomi (tanto se non è uno è sicuramente un altro, purtroppo), è giusto che chi sceglie di guidare una nazione, che magari sia a favore della famiglia tradizionale (condannando tutto il resto) favorisca la prostituzione? mah…

    • Geisha Gourmet
    • 18 Marzo 2011

    Io non sono entrata in temi politici, non era quello che volevo. Sono d’accordo che favorire certe cose non va bene. Infatti, la mia idea è che la colpa sia da tutte e due le parti, ma che in primis siamo noi donne a dover cambiare senza nasconderci dietro scarica barili che non fanno il bene di nessuno…

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