Sguazet

Ieri come oggi, in campagna non si butta via niente. È così che un piatto poverissimo diventa una rarità gastronomica. Ricercata da molti, ma non da tutti.

C’è stato un tempo in cui, prima di diventare piatto povero, le frattaglie avevano un posto di prim’ordine sulle tavole di molte genti. La passione che gli Etruschi avevano per il fegato e le frattaglie (rigaglie, se riferite a volatili o affini) è solo una delle testimonianze più antiche, alle quali ne seguono molte altre. In un vecchio racconto irlandese si narra con dovizia di particolari l’amore di un re per “grasso, rognoni e tenera trippa”, rivelando che il tributo da offrire a una dama di corte consisteva in ani- melle e cuori di maiale. Nella Parigi del Seicento le interiora erano molto più apprezzate delle bistecche, e anche più costose. I francesi le chiamavano “parties nobles”, e ogni cacciatore aveva con sé un set cerimoniale di coltelli per rimuoverle e metter- le alla griglia con un piccolo rituale, per poi offrirle al potente di turno in onore del suo coraggio. È probabilmente per questa abitudine, se ancora oggi diciamo di un uomo intrepido che ha “fegato”. Anche gli scozzesi venerano le frattaglie e un loro piatto nazionale, chiamato “haggis” fatto d’interiora di pecora avvolte nel suo stomaco, viene mangiato durante una fastosa cerimonia accompagnata da cornamuse.

È sempre stato considerato un piatto poverissimo della cucina trentina, invece, lo sguazét, uno stufato di frattaglie: di cuore, fegato e polmone, a cui si potevano aggiungere anche le animelle. La ricetta originaria prevedeva l’uso di frattaglie di capretto. Alla normale polenta di granturco (gial- la) o di saraceno (mora) lo “sguazet” si sposava alla perfezione ed era una prelibatezza che solitamente si consumava nei giorni in cui veniva ucciso qualche animale in casa.

Ingredienti per 4 porzioni:

frattaglie di vitello 1 cipolla grande 1 cucchiaio di olio d’oliva gr. 50 di burro 1 cucchiaio di farina bianca brodo vegetale mezzo bicchiere di vino bianco secco prezzemolo sale, pepe Trentingrana grattugiato

Tagliare le frattaglie di vitello (cuore, fegato, polmone) a pezzetti. Tritare finemente la cipolla e soffriggerla nel burro e nell’olio d’oliva. Aggiungere le frattaglie e farle rosolare, quindi un cuc- chiaio di farina bianca, continuando a cuocere il tutto a fuoco lento. Versare un mestolo di brodo vegetale. Quando questo è consumato, aggiungere il vino bianco e un pugno di prezzemolo tritato. Regolare di sale, condire con pepe macinato al momento e con una manciata di formaggio grattugiato.

Servire con polenta.

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