Sex and the Wine | 12 | Il vino giusto nel bicchiere giusto

L’occasione buona per distrarre Zoe da Max capitò di lì a poco.

Octopus aveva programmato un servizio sul turismo eno- gastronomico in Toscana, ma con un punto di vista inedito, quello femminile. Le mete preferite delle donne, le cantine ge- stite in rosa, gli agriturismi “pink-friendly” e niente ristoranti super blasonati, bisognava andare a caccia di cose nuove. Chiesi a Octopus di poter essere io ad occuparmene.

«Avrei qualche cosa d’altro in programma per te», mi rispose il direttore.

«Dai Gianni – protestai – lo sai che io e le mie amiche siamo quello che fa per te per questo pezzo».

«Lo so bene, ma questi non sono incarichi per un caporedat- tore centrale».

Eccola qui, l’ennesima sorpresa di Gianni. Aveva pronunciato questa frase in modo distratto, mentre faceva finta di cercare qualcosa nella libreria del suo ufficio, senza guardarmi. Mi alzai dalla sedia, mi misi al suo fianco davanti a quell’enorme ammas- so di libri disposti in maniera confusa e, guardandoli, gli dissi: «La prima cosa che ti dico è che ti sarò sempre grata per questa opportunità. La seconda è che mi devo preparare psicologica- mente e che un attimo di pausa mi ci vuole, per cui, se non ti dispiace, questo articolo sulla Toscana lo faccio, così ti lascio qualche giorno di tempo per mettere il mio nome fuori dalla porta del mio nuovo ufficio». Il tono ironico con cui pronunciai queste ultime parole fece scoppiare entrambi in una grassa risa- ta. Finalmente ci guardammo. Lo abbracciai e lui un po’ goffa- mente rispose alla mia stretta.

«Vedo molto di me in te, Cleo, quando avevo la tua età», mi disse.

«Spero non i baffi», scherzai.

«Sei brava, hai coraggio, qualcuno doveva darti una chance e sono contento di essere io a farlo. Se proprio ci tieni, vai pure a fare questo servizio, ma alla fine della prossima settimana ti voglio qui».

«Sì, capo, non preoccuparti… E ancora grazie… Per ogni cosa». Dopo il successo del mio servizio di copertina pensavo che Gianni mi avrebbe lanciato qualche proposta, ma non pen- savo che il mio sogno si stesse per realizzare.
Riuscii a trattenermi fino a che non raggiunsi la mia automo- bile. Salii e finalmente, sapendo che nessuno mi avrebbe sentita, urlai «Aaaaaaaaah», come nella migliore tradizione delle ragaz- zacce di Sex and the City. Poi chiamai Roberto e mia madre, quindi Zoe.

«Ti stavo pensando», disse Zoe con un tono di voce che non era il solito.

«Come mai?», le chiesi preoccupata mettendo da parte l’en- tusiasmo con cui avrei voluto dirle quello che mi era appena successo.

«Così, stavo pensando che ho bisogno di chiarirmi le idee e che vorrei andare via qualche giorno… Tu, invece, come mai mi chiami a quest’ora?»
In effetti, non era usuale che le ragazze ricevessero una mia telefonata a metà pomeriggio, orario in cui ero sempre immersa nei miei articoli o in qualche altro lavoro.

«Hai voglia di andare via? Eccomi qui, ti chiamavo proprio per dirti che ho un incarico di Octopus in Toscana e vorrei che tu e le altre del club veniste con me. Ci toccherà lavorare un po’, dobbiamo fare le turiste enogastronomiche, ma non credo che questa cosa vi sarà di gran peso…».

«Cleo, è proprio quello che mi ci vuole». Zoe sembrava rinata. «Poi, avevo da dirti anche un paio di altre cosette…». «Spara».

«Octopus mi vuole assumere. Come caporedattore centrale». «Wow, ci avrei scommesso che dopo la copertina ti sarebbe
successo qualcosa di bello. Sono davvero orgogliosa di te», esul- tò.

«Non è mica finita qui. Roberto mi ha chiesto di sposarlo….», le dissi con un filo di voce. Dall’altra parte della cornetta, Zoe fece passare molti secondi prima di replicare: «Beh, questo è un motivo ancora più importante per andare via insieme, e prima possibile. Quando bisogna partire?». Il suo tono non riusciva a nascondere una leggera preoccupazione: sapeva quanto amassi Roberto, ma non era mai stata convinta che le cose tra noi po- tessero funzionare davvero, non una volta messi sette giorni su sette sotto lo stesso tetto.

«Sabato, tra due giorni. Lo so che non c’è molto tempo per organizzarsi, ma spero che tu possa venire comunque, e anche le altre ragazze».

«Verifico due cose e ti richiamo». Zoe riappese e io misi in moto la macchina per rientrare a casa. Il tragitto non mi era mai sembrato così lungo. Dopo una ventina di minuti il nome di Zoe apparse sul mio cellulare.

«Eccoti», risposi

«Allora, tutto sistemato. Noi siamo pronte per partire e, tieni- ti forte, viene anche Alice».

«No, non ci credo. Sei sicura?»

«Sicurissima, soprattutto perché mi ha detto che è venuto il momento di parlarci di una cosa e che le sembrava un’ottima idea farlo così, passando qualche giorno assieme».

«E di cosa si tratta?»

«Non lo so, ovviamente non mi ha detto altro, però l’ho sen- tita finalmente serena… Sarà un viaggio intenso, ne sono certa»

«Mi sa tanto di sì», assentii un po’ pensierosa.

«Gli hai già detto sì?», mi chiese Zoe, riferendosi ovviamente alla proposta di matrimonio di Roberto.

«Sì… Ma non so se ho sbagliato, un momento sono al settimo cielo, il momento dopo ho una paura incredibile».

«Immagino… State tanto bene così, perché cambiare?»

«È quello che penso anch’io in realtà, però poi mi dico che se non lo faccio con lui non lo faccio con nessun altro. Roberto è davvero una persona speciale, che ha saputo farmi sbocciare in molte cose. Crede in me, mi dà fiducia, ama quello che sono e che faccio, non mi ha mai voluta cambiare, anzi, ha sempre cercato di aiutarmi ad esprimermi. E poi lo amo!».

«E poi è bello, ma ha anche un figlio e una ex moglie che rompe le scatole dalla mattina alla sera, che prima pensa a lei e alle sue esigenze e poi, forse, al resto del mondo… Devo ricordarti quante volte hai dovuto tenere Alessandro perché lei aveva qualche impegno? Oppure che tutti i fine settimana, le Pasque, i Natali, i Capodanno e le vacanze estive quel bambino sta sem- pre con te e Roberto? E quella lì lo sa bene che così ti carica di un ruolo che tu non vorresti: lo fa apposta, per guastare le uova nel paniere a te e a Roberto. Anzi, posso tranquillamente dirti che per me questo suo comportamento – oltre che da egoista e da non madre – è sicuramente premeditato, fatto con la con- sapevolezza che prima o poi tu saresti andata in crisi, come di fatti è accaduto… Ma alle ex mogli, anche se non gliene frega più niente dell’ex marito, viene sempre quella sorta di senso di vendetta, di fastidio a vederlo felice con un’altra, soprattutto se l’altra è più giovane, più bella e più intraprendente».

«Lo so, Zoe, ma cosa ci devo fare. Quella è fatta così e non è che Roberto la può cambiare, però sta cercando di non far pesa- re più su di me molte cose che riguardano lei e Alessandro. Più di così credo proprio che non possa fare. Mi toccherà essere una mogliastra buona e comprensiva…».

«Una cosa?», mi chiese Zoe mettendosi a ridere.

«Una mogliastra, non lo sai? È questo il termine del momento per chiamare le mogli “di seconda scelta”. L’ho scoperto l’altro giorno in libreria, ho trovato un libro che parla di questo e del ruolo di matrigna».

«Fino a mogliastra ci arrivo, ma matrigna proprio non riesco a sopportarlo, piantala con queste espressioni da film di Walt Disney!», protestò Zoe.

«Va bene, va bene». Ero arrivata a casa e, come al solito, tro- vare le chiavi del mio appartamento nella mia Dior sempre piena zeppa di cose era un’operazione che richiedeva non solo tempo, ma soprattutto pazienza. «Devo attaccarci qualcosa di rumo- roso, così le trovo con più facilità», pensai mentre ascoltavo la “ramanzina” di Zoe, che intanto aveva proseguito a enumerarmi cinque anni di situazioni assurde o pesanti in cui mi aveva co- stretta a stare “quella lì”. Così le ragazze del club chiamavano l’ex moglie di Roberto, «perché non si merita nemmeno di avere un nome, quella lì», aveva sentenziato glaciale Giulia, dopo il secondo anno consecutivo che per far trascorrere ad Alessandro il giorno di Natale – e della Vigilia – anche con la madre, mi era toccato invitarla a casa mia a pranzo, perché altrimenti, fosse stato per lei, faceva lo stesso, meglio se stava con noi, così lei non doveva cucinare o uscire a pranzo.

«Penso che tu sia da ammirare per quello che fai con quel bambino e quella gran strega di sua madre», concluse Zoe.

«Guarda, pensavo di vivere una situazione che ce ne sono po- che in giro, invece ho scoperto che non sono da sola. Donna Moderna ha un blog dedicato alle mogliastre e alle fidanzastre e lì dovresti vedere quante ne raccontano…».

«Ma Roberto non poteva essere single?», buttò lì ridendo Zoe.

«Non sai quante volte me lo sono chiesta anch’io…».

«Stellina, ora devo scappare, tra poco ho un appuntamento con un cliente», interruppe Zoe.

«Scherzi, vai pure. Io adesso devo tuffarmi in internet e fare un bel po’ di telefonate per disegnare il nostro itinerario… Non vedo l’ora di partire!»

«Anch’io, ci sentiamo più tardi». Zoe riagganciò.

«Dura vita quella della fidanzastra… E come se non bastasse adesso ho deciso di diventare anche mogliastra», pensai scher- zando con me stessa, mentre guardavo il mio lampadario a goc- ce di cristallo stesa sul divano dove mi ero messa per proseguire la mia conversazione con Zoe una volta arrivata a casa. C’erano stati davvero momenti difficili e, dopo la crisi tra Roberto e me, decisi che non avrei più rivolto la parola a “quella lì” per un semplice motivo: ero certa che in tutti quegli anni trascorsi a farmi vivere al suo posto il ruolo di madre, a non farmi mai avere una sera libera da godermi come fidanzata e a costringermi di cercare di camuffare agli occhi di Alessandro tutte le sue man- canze, lei era consapevole di mancare di rispetto alla mia vita e alla mia libertà e sicuramente si era anche divertita a comportar- si così, magari prendendomi in giro, tra sé e sé o, peggio ancora, con le sue poche finte amiche. E io glielo avevo lasciato fare, ma da quel momento in poi la musica doveva cambiare. Sì, ce l’a- vevo con lei, e a dire il vero un po’ anche con Roberto, che per salvaguardare al cento per cento suo figlio aveva tolto troppo alla nostra storia. Ma come biasimarlo? Per mandarla giù questa cosa alla fine avevo dovuto raccontarmela così: che Roberto era come un grande vino rosso d’annata e, in quanto tale, aveva dovuto starsene lì a maturare prima di essere pronto per essere versato nel bicchiere giusto. Il mio.

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Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone e cose realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale e frutto della fantasia dell’autore.

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