Maurizio Zanella (vino): probabilmente il vino più longevo d’Italia, raccontato in 16 annate

«In 49 anni di Ca’ del Bosco è la prima volta che vedo un cliente mettere a disposizione annate che nemmeno noi abbiamo più in azienda». Basta questa frase per capire l’eccezionalità della verticale di 16 annate di Maurizio Zanella, il taglio bordolese della cantina franciacortina Ca’ del Bosco, che si è svolta l’11 settembre all’Hotel Milano di Bratto, Castione della Presolana, in Val Seriana, alla presenza del suo inventore – e fondatore della cantina – Maurizio Zanella, supportato nella degustazione dal giornaista Fabio Rizzari, e da me per la conduzione della giornata.

Il Maurizio Zanella (vino) quest’anno compie 40 anni: la prima annata infatti data 1981 (poi commercializzata nel 1984) e ha visto la luce per la voglia di avere un taglio bordolese made in Italy, valida alternativa a quelli francesi. Un’idea di Zanella, stimolata dall’amico enologo Angelo Solci, fondatore della storica enoteca milanese, e da Giorgio Pinchiorri.  Un vino pionieristico, «irriverente come me», racconta il presidente di Ca’ del Bosco, mentre snocciola aneddoti che sono pezzi di storia del mondo del vino italiano, che lui ha contribuito in maniela fondamentale a cambiare e a far crescere. Aneddoti come la visita in cantina di Robert Mondavi e del suo staff, seguita da una lettera del produttore americano che chiedeva il permesso a Zanella di poter riprendere l’idea dell’etichetta con la firma autografa per un nuovo vino che sarebbe dovuto uscire di lì a poco (era l’Opus One, che di lì a poco sarebbe diventato uno dei miti dell’enologia mondiale). Oppure dell’amicizia con André Tchelistchheff, uno dei più grandi enologi del Novecento, che prima di essere assoldato da Antinori per far nascere Ornellaia, ha messo lo zampino nelle prime annate del Maurizio Zanella (e si sente).  Era il 1982 e l’intento era quello di portare in alto anche la qualità dei vini fermi: sotto la guida di Tchelistcheff fu perfezionato il Maurizio Zanella e, nel 1983, videro la luce le prime annate di Pinéro e di Chardonnay. Tchelistcheff rimase in Ca’ del Bosco come consulente-amico fino al 1985, quando fu poi chiamato da Ludovico Antinori per dare inizio al progetto Ornellaia, con un contratto in esclusiva sull’Italia. Ma veniamo al vino, taglio bordolese classico di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot. Con un “falso” involontario che ha lasciato il segno negli annali del vino italiano. E’ il 1996 e in quell’anno Ca’ del Bosco diventa protagonista scoperchiando una vaso di Pandora che ha portato alla luce un fatto estremamente grave, che testimoniava la superficialità e approssimazione con cui negli anni ’60-’70 si lavorava in viticultura: il vitigno che tutto il Nord d’Italia (circa 3000 ettari distribuiti in Lombardia, Veneto, Trentino, Friuli) chiamava Cabernet Franc, in realtà era Carménère, ma ciò era un fatto sconosciuto. Ca’ del Bosco infatti, alla fine degli anni ’80, acquistò del Cabernet Franc nel vivaio più prestigioso di Bordeaux e dopo 4 anni, al   momento della vendemmia, ritenne di essere stata «imbrogliata» perché l’uva prodotta era completamente diversa dal «nostro Cabernet Franc». Si arrivò dunque alle vie legali per contestare la fornitura al vivaio francese il cui perito, il più autorevole ampelografo di Montpellier, dimostrò che quello che in Italia si riteneva essere Cabernet Franc in realtà era Carménère, oltretutto vietato formalmente dalla legislazione italiana. Così, nel 1997 nasce la prima annata «ufficiale» di Carmenero, che venne commercializzata a partire dal 2001, e da quell’annata il Maurizio Zanella è stato effettivamente ottenuto da uve Cabernet Franc.

La verticale dell’Hotel Milano ha consentito di ripercorrere anche questa incredibile vicenda e di degustare il Maurizio Zanella con Carmenere e il Maurizio Zanella con Cabernet Franc. Differenze? Non molte, anche se personalmente ho l’idea che l’eccezionale longevità delle annate antecedenti il 1997 sia legata anche al vitigno a bacca bera di origine bordolese che post filossera ha traslocato in Perù e Cile dove ha trovato indiscutibilmente la sua patria d’elezione.

Un vino, il Maurizio Zanella, che ha sempre sparigliato le carte dimostrando la sua classe straordinaria fin dalle prime annate. Il primo grande segnale era arrivato nel 1987, quando al ristorante Le Crayéres di Reims venne organizzata dal CIVC (Comité Interprofessionnel du vin de Champagne) una cena degustazione alla quale presero parte i più importanti esponenti delle stampa enologica europea accompagnati dai proprietari delle più rinomate maisons della Champagne. Boyer, chef de Le Crayéres, sul secondo piatto di carne propose, in un decanter, un vino rosso anonimo che riscontrò un grande successo tra i commensali e sul quale iniziarono discussioni per individuarne il nome: venne scambiato per un Château Lafite ma si scoprì solo a fine cena che si trattava di un Maurizio Zanella, con grande incredulità da parte dei presenti.

E una degustazione alla cieca l’abbiamo fatta anche l’11 settembre, sull’annata 1988, servita blind assieme a un altro vino con cui è stato protagonista di un confronto decisamente interessante, il Mouton Rotschild, con cui molte annate della verticale hanno dimostrato molteplici tratti somiglianti, seppur con una personalità ben definita.

Veniamo alla verticale, in formato magnum, per ogni annata vi indicherò qualche nota saliente.

2003

Al naso grande espressività, predominata da sentori di bacche disidratate. In bocca, frutta sotto spirito.

2001

Sentori di ciliegia sia al naso sia in bocca, con spiccati sentori di scatola di sigaro e legno di cedro.

2000

Leggere note ematiche si michiano a setnori di tabacco, incenso, spezie, marasca sotto spirito.

1999

Elevage marcato, presenta spiccare note di tostatura di rovere, un annata in generale “scura”.

1998

Carnoso, al naso preseenta la tipica nota di marasca sotto spirito. In bocca è balsamico, con note di frutti di bnosco e un finale slanciato e fresco.

1997

Esile, presenta note vegtali, di sigaro e tabacco affumicato.

1996

Grande freschezza, le note predominanti sono di tabacco, ciliegia, ribes.

1995

Qui la frutta nera si sente meno, predomina il sedano bollito al naso.

1993

Questa annata ha vinto il confronto con Chateau Lafitte e Mouton Rotschild in una degustazione organizzata dal Seminario Veronelli. Note predominanti di frutta nera sotto spirito, finale fresco, tannini fini.

1991

Tanacco, scatola di sigari, profumi animali.

1990

Al naso predomina la liquirizia, che si ritrova in bocca assieme all’uva spina.

1989

Frutti di bosco, ribes, arancia, spezie, sensualità del frutto.

1988

Amarena sotto spirito, oliva in salamoia.

1987

Naso animale, grande classe.

1986

Naso di frutta nera sotto spirito e sentori animali, cedro del Libano, sigar box, oliva in salamoia.

1983

Assomiglia al 1986 ma con più corpo, nota spiccata di arancia sanguinella.

 

Le mie annate top: 1983-1986-1987-1989-1993-1996-1999-2000-2003 (in potenziale).

Qui di seguito tutte le schede tecniche:

Maurizio Zanella 2003_ITA Maurizio Zanella 2001_ITA Maurizio Zanella 1995_ITA Maurizio Zanella 1993_ITA Maurizio Zanella 1991_ITA Maurizio Zanella 1990_ITA Maurizio Zanella 1989_ITA Maurizio Zanella 1988_ITA Maurizio Zanella 1987_ITA Maurizio Zanella 1986_ITA Maurizio Zanella 1983_ITA Maurizio Zanella 2000_ITA Maurizio Zanella 1999_ITA Maurizio Zanella 1998_ITA Maurizio Zanella 1997_ITA Maurizio Zanella 1996_ITA

 

 

 

 

 

 

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