Martin Foradori Hofstätter racconta il padre, Paolo Foradori

Per raccontarvi chi era davvero Paolo Foradori,  non ci possono che essere solo le parole di un figlio. Per questo ringrazio Martin per avermi concesso di pubblicare il discorso In Memoriam che ha tenuto il 28 dicembre, il giorno della commemorazione pubblica di suo padre, che ha coinciso, in Trentino Alto Adige, con la terza nevicata più copiosa degli ultimi 100 anni. Sia Martin che io siamo convinti che sia stata il caro Paolo a mandarla, per non avere troppi spettatori…

Cari amici, colleghi, compagni di avventure e conoscenti di mio padre

La morte è parte della vita stessa, sapevo che un giorno sarebbe arrivato il momento di dire addio a mio padre. Fino a qualche mese fa però non avrei mai potuto immaginare che questo momento arrivasse così presto. Persone forti come lui ci sembrano eterne, è difficile ammettere che non siano sempre lì a segnare la strada. Chi conosceva mio padre sapeva che aveva qualche acciacco ma che niente poteva fermare uno come Paolo Foradori. Era un uomo che non si lasciava abbattere da qualche doloretto. Nonostante l’età, non aveva perso la sua tempra.

Nato nel 1935 a Bolzano, passò i suoi primi anni d’infanzia nel capoluogo della nostra provincia. Suo padre, un avvocato della cassa di Risparmio, era un appassionato di viticoltura: acquistò tre masi e la casa di famiglia nella sua città natale, Mezzolombardo, dove poi si trasferì.  Vittorio Foradori aveva in mente grandi cose per mio padre: prevedeva per lui una carriera da giudice e vedeva già in lui un brillante avvocato. Paolo frequentò il liceo classico a Trento, ma non lo entusiasmavano né il greco antico né il latino. Superato l’esame di maturità la possibilità di vederlo indossare la toga tramontò definitivamente. Gli anni scolastici hanno lasciato in mio padre un segno forte: la storia dei polentoni, come chiamava i preti del liceo, la conosciamo molto bene in famiglia. Le lingue classiche latino e greco però lo hanno sempre accompagnato. I testi aziendali che scriveva avevano quasi sempre qualcosa di Dante Alighieri, soprattutto per quanto riguardava la lunghezza delle frasi.

Non gli era stato consentito di intraprendere gli studi di viticoltura e enologia ma lui voleva sapere tutto su come fare il vino, per questo decise di formarsi sul campo, da autodidatta. Andò a Innsbruck e passò i primi anni nella cantina di un noto commerciante di vini. Il caso volle che questo commerciante fosse uno dei clienti più importanti della tenuta Hofstätter.

Il suo amato zio Ezio, un pioniere delle funivie nel Tirolo del Nord, prese mio padre sotto le sue ali e lo ospitò a casa sua. Fu lui a portarlo all’avvenimento dell’anno, il ballo della Croce Rossa di Innsbruck. Fu lì che mio padre conobbe mia madre, una pronipote di Josef Hofstätter. Di questo primo incontro sono note le scarse doti di ballerino di mio padre: lui stesso non faceva mistero dell’aver pestato i piedi di mia madre per tutta la sera.

Dopo il periodo trascorso a Innsbruck seguì un soggiorno in Germania presso l’università di viticoltura ed enologia di Geisenheim, dove mio padre frequentava alcune lezioni. Lì approfondì la sua conoscenza sul vino e trovò nuovi amici che lo hanno accompagnato durante il resto della sua vita professionale.

Con il matrimonio dei nostri genitori, avvenuto nel 1959, arrivò anche la svolta per la tenuta Hofstätter. I vigneti Hofstätter di Termeno si sono congiunti con quelli Foradori situati ad est della Valle dell’Adige. A quei tempi dominava la varietà Schiava ed i mercati principali erano quelli dell’Austria, Germania del Sud e Svizzera. Naturalmente, a quei tempi, venivano anche coltivate altre varietà oltre la Schiava, ma erano destinate quasi esclusivamente ai turisti che iniziavano a popolare l’Alto Adige.

I vigneti di Mazon allora non erano in buon stato e ben presto mio padre iniziò ad arare le superfici. Fortunatamente mio nonno Vittorio, sostenuto dal lavoro già svolto dal primo proprietario della tenuta Barthenau, Ludwig Barth von Barthenau, coltivava già la varietà Pinot Nero in alcune particelle. La curiosità di mio padre era grande ed iniziò a vinificare separatamente queste uve e non più destinarle come varietà da taglio nella Schiava. Non sarebbe stato Paolo Foradori se non si fosse tuffato in questa avventura. Il successo non arrivò immediatamente, ma la testa dura di mio padre gli diede ragione. A partire negli anni Ottanta, il Pinot Nero dei vigneti di Mazon trovò il suo posto nell’enologia italiana e internazionale.

Se oggi la nostra tenuta è diventata quello che è, è sicuramente merito di mio padre, che già negli anni Settanta iniziò a commercializzare le bottiglie di vino nel mercato nazionale. Mio nonno Konrad Oberhofer lo derideva per la decisione di proporre le bottiglie di vino ai ristoranti delle grandi città italiane. Ma Paolo Foradori, con la sua testa dura, non si lasciava confondere le idee da suo suocero.

Era amato per la sua dote di raccontare storie, la sua eleganza, il suo sapere e la sua ironia. Così, passo per passo, riuscì ad entusiasmare sempre più persone per il vino altoatesino. Indimenticato anche il suo impegno per la varietà Gewürztraminer: in numerose degustazioni presentava questo vino al pubblico femminile come “rimedio universale contro le rughe”.

Sono state fatte ad opera sua anche le numerose ristrutturazioni e nuove costruzioni in cantina. Mi ricordo ancora bene la faccia di mio nonno Konrad, quando dopo un soggiorno ad Abano ritornò a Termeno e si trovò sostituiti i vecchi tini di fermentazione di legno con brillanti botti di acciaio inossidabile. D’altra parte io stesso ho operato le ristrutturazioni in queste vecchie mura in assenza della generazione precedente.

Mio padre era un cacciatore appassionato. Fino a qualche anno fa lo si poteva incontrare nelle riserve di caccia a Termeno e Mazon. La passione per la caccia lo portò in tutto il mondo, dal Sudafrica alla Namibia, dal Canada fino alla Kamchatka. Da tutti questi luoghi portò a casa innumerevoli racconti. Quello che distingueva mio padre cacciatore era però un profondo rispetto per la natura.

A mio padre piaceva il brivido. Questa foto lo ritrae nell’anno 1953 durante una gara motociclistica. E infine amava anche il volo. L’avventura più emozionante risale sicuramente al 1975 quando, con un collega pilota, atterrò con un piccolo Piper sul massiccio dell’Ortles.  Era ironico, travolgente, non si tirava indietro se c’era da fare uno scherzo, come quando nei voli in picchiata svegliava i suoi cari nella casa in cui si trascorrevano le vacanze in Trentino.

Mio padre ha avuto una vita felice, circondato da affetto e stima. Rimangono di lui una grande eredità intellettuale, la sua tenuta, il suo Pinot Nero, la sua famiglia e il ricordo di un uomo che amava la vita e che sapeva farsi amare.  

 

 

Werte Freunde, Kollegen, Weggefährten und Bekannte meines Vaters

Dass der Tag einmal kommen würde, an dem man sich auch von seinem Vater verabschieden muss, ist von der Natur vorgeschrieben. Dass dieser Tag aber so bald sein werde, damit habe ich vor einigen Monaten noch nicht gerechnet.

Wer meinen Vater kannte, wusste, dass ihn das eine oder andere Leiden auch schon länger plagte, aber ein Paolo Foradori ließ sich normalerweise nicht unterkriegen. Ihn, einen Mann, auch im Alter noch von beeindruckender Statur, schien nichts umzuhauen.

1935 in Bozen geboren verbrachte er seine ersten Jahre in der Südtiroler Landeshauptstadt. Sein Vater, ein Rechtsanwalt der Sparkasse, hatte große Passion für den Weinbau und erwarb drei Weinhöfe und ein Anwesen in Mezzolombardo, seiner Heimatstadt, wohin die Familie bald übersiedelte. Heute noch befindet sich in Mezzolombardo das Weingut Foradori.

Vittorio Foradori hatte mit unserem Vater große Pläne, er wünschte sich für ihn eine Juristenlaufbahn und sah ihn bereits als brillianten Rechtsanwalt. Paolo besuchte das Humanistische Gymnasium in Trient aber die Patres an der Schule konnten ihn weder für Altgriechisch noch für Latein begeistern und seine schulischen Leistungen ließen zu wünschen übrig. Nach einer vermasselten Abiturprüfung war es um die Karriere als Rechtsanwalt geschehen. Seine Schuljahre hinterließen bei meinem Vater zeitlebens ein Trauma, die Geschichten der Polentoni, wie er die Mönche nannte, kennen wir alle in der Familie nur zu gut. Die klassischen Sprachen Latein und Griechisch jedoch haben seine spitze Feder ständig begleitet, und die vielen Texte, die er für die Firma schrieb, hatten nicht selten etwas von Dante Alighieri, vor allem was die Länge der Sätze betraf.

Ein einschlägiges Weinbau- und Önologiestudium blieb Paolo Foradori verwehrt, aber dennoch wollte er alles über das Weinmachen lernen. Er ging nach Innsbruck und verbrachte dort seine ersten Lehrjahre im Keller eines bekannten Weinhändlers. Vielleicht mag es ein Zufall gewesen sein, aber dieser Weinhändler war damals einer der wichtigsten Kunden des Weingutes Hofstätter.

Sein geliebter Onkel Ezio, ein Seilbahnpionier in Nordtirol, hatte meinen Vater in Innsbruck unter seine Fittiche genommen und ließ ihn bei sich wohnen. Er war es auch, der ihn mitnahm zum gesellschaftlichen Ereignis des Jahres, dem Innsbrucker Rot Kreuz Ball. Dort lernte Paolo Foradori meine Mutter, die Großnichte von Josef Hofstätter, kennen. Überliefert ist aus dieser ersten Begegnung die Geschichte, dass die Tanzkünste meines Vaters zu wünschen übrigließen und meiner Mutter ihr schmerzenden Füße lange in Erinnerung blieben.

Nach seiner Zeit in Innsbruck folgte für meinen Vater ein Aufenthalt in Geisenheim, wo er an der Fachhochschule für Önologie und Weinbau als Gasthörer weilte. Dort vertiefte er sein Weinwissen, knüpfte kostbare Kontakte und fand unter Mitstudierenden auch Freunde, die lebenslange Wegbegleiter in der Weinwelt wurden.

Mit der Heirat unserer Eltern im Jahre 1959 kam auch der Wandel für das Weingut Hofstätter. Die Weinberge Hofstätters in Tramin vereinten sich mit jenen von Foradori im Osten des Tales in Mazon. Zur damaligen Zeit dominierte die Sorte Vernatsch und die Absatzmärkte waren auf Österreich, Süddeutschland und die Schweiz begrenzt. Natürlich gab es in Südtirol nebst der Rebsorte Vernatsch auch noch andere Rebsorten, aber diese waren mehr oder weniger für den damals aufstrebenden Tourismus in Südtirol bestimmt.  Die Weinberge und Flächen, die mein Vater in Mazon übernommen hatte, waren in keinem guten Zustand und schon bald hat er damit begonnen, fast das gesamte Hochplateau umzupflügen. Glücklicherweise hatte Vittorio Foradori, gestützt auf die Erfahrungen des Vorbesitzers Ludwig Barth von Barthenau, bereits eine bescheidene Anzahl an Weinbergen schon mit Blauburgunder bestockt. Die Neugierde meines Vaters war groß, diese Trauben separat auszubauen und nicht im Verschnitt mit dem Vernatsch zu verwenden, wie damals üblich. Es wäre nicht Paolo Foradori gewesen, wenn er sich nicht auf dieses Abenteuer eingelassen hätte.

Der Erfolg stellt sich zwar nicht sofort ein, aber die Hartnäckigkeit gab meinem Vater recht. In den 80er Jahren fand der Blauburgunder aus den Anlagen oberhalb von Neumarkt seinen gebührenden Platz in der nationalen und internationalen Weinwelt.

Wenn das Weingut heute ist wie es ist, dann ist dies sicher Verdienst meines Vaters, der schon in den frühen 70er Jahren die Weichen für den Verkauf auf dem nationalen Markt gestellt hatte. Mein Großvater Konrad belächelte seinen Einsatz, als er Schritt für Schritt die italienischen Städte beackerte und klinkenputzend von Restaurant zu Restaurant die Hofstätter-Weine anbot. Doch Paolo Foradori, immer wieder überaus hartnäckig, ließ sich von der Kritik seines Schwiegervaters nicht beirren.

Seine Gabe Geschichten zu erzählen, seine Eleganz, sein großes Wissen und sein genialer Sinn für Ironie machten ihn beliebt. So gewann er nach und nach in ganz Italien immer mehr Liebhaber für den Südtiroler Wein. Er schuf auf dem gesamten Staatsgebiet ein einzigartiges Vertriebsnetz für das Weingut J. Hofstätter und leistete gleichzeitig Pionierarbeit für die Südtiroler Weinwirtschaft. Unvergesslich auch sein Einsatz für den Gewürztraminer, den er in unzähligen Präsentationen den anwesenden weiblichen Weinliebhaberinnen mit viel Charme und Witz als das Allheilmittel gegen Falten anpries.

In den Jahren, in denen unser Vater aktiv im Weingut tätig war, gehen auch zahlreiche Um – und Neubauten auf ihn zurück. Ich kann mich noch sehr gut an das Gesicht von Großvater Konrad erinnern, als er von seinem Aufenthalt in Abano nach Hause kam und in seiner Abwesenheit die alten Stander durch glänzende Edelstahlfässer inklusive neuartiger Kühltechnologie ersetzt worden waren. Auch später und bis heute mussten hier in diesen Gemäuern viele Umbauarbeiten immer dann ausgeführt werden, wenn die Vorgängergeneration für einige Zeit nicht im Hause war.

Mein Vater war passionierter Jäger. In seinen beiden Hausrevieren in Tramin und Mazon war er noch vor ein paar Jahren regelmäßig anzutreffen.  Jagdreisen führten ihn in seinem Leben einmal um den ganzen Globus, von Südafrika, über Namibia, Canada bis nach Kamtschatka. Von überall brachte er die kühnsten Abenteuergeschichten mit nach Hause. Was meinen Vater auszeichnete war der Respekt gegenüber der Natur, er war ein Heger und Pfleger im wahrsten Sinne des Wortes.

Mein Vater mochte den Nervenkitzel. Dieses Foto zeigt ihn im Jahre 1953 während eines Motorradrennens. Und nicht zuletzt, Paolo Foradori liebte das Fliegen. Das wohl aufregendste Abenteuer, das er je erlebt hatte, war die Gletscherlandung auf dem Ortler mit seiner kleinen Piper im Jahre 1975. Der Schalk in ihm manifestierte sich auch dann ganz besonders, wenn er am frühen Morgen seine Familie im Ferienhaus im Trentino mit lärmendem Sinkflug weckte.

Mein Vater hatte wahrlich ein erfülltes Leben, das nun schnell zu Ende gegangen ist. Was bleibt, ist sein großes intellektuelles Erbe, sein Weingut, sein Blauburgunder, seine Familie und die Erinnerung an einen Mann, der das Leben liebte und den das Leben liebte.

 

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