Le forme dell’ostrica

Le forme dell’ostrica

 

Ostrica piatta e ostrica concava, volendo evitare inutili darwinismi vorrei sintetizzare il concetto facendo un paragone con il mondo del vino. Sapete, l’ostrica e il vino non finiscono mai di affascinarmi, si richiamano sia dal punto di vista gastronomico che da quello scientifico.

Le due ostriche citate, stanno al vino esattamente come l’uva Americana sta all’uva Europea, ovvero sono specie affini della stessa famiglia. Per essere in linea con il wine talking di questo blog, potremmo immaginare di confrontare un grappolo di Primitivo di Manduria, ovvero l’ostrica piatta, con un grappolo di Pinot Noir, quindi l’ostrica Concava.

Nel primo caso abbiamo un vitigno storico, autoctono che è strettamente legato all’identità del territorio, quindi l’ostrica piatta è ad oggi riconducibile principalmente al territorio Bretone. Nel secondo caso il Pinot Noir, vitigno polimorfo dalle infinite sfumature, esattamente come l’ostrica concava che dalle fredde acque dell’Irlanda fino alle calde acque del mar Mediterraneo regala espressioni diametralmente opposte. Tradotto in wine talking: è come mettere il naso in un Pinot di Borgogna vs. Champagne Blanc de Noirs.

Ostrea Edulis, la piatta, la Belon, l’ostrica preferita dagli antichi romani. Come abbiamo visto nel precedente articolo, l’ostricoltura francese è stata innescata dal grande interesse che nutrivano per questo prodotto. Per centinaia di anni sulla costa francese, banchi di ostriche piatte selvagge hanno popolato e fornito sostentamento alle popolazioni costiere che da sempre hanno semi-allevato questa mitologica ostrica. A dire il vero la storia dell’allevamento moderno è stata scritta da Victor Coste, membro del ministero dell’agricoltura francese a partire dalla metà del XIX secolo, in seguito all’ordine solenne di Napoleone III che vietò la pesca per tutelare i banchi di ostriche in via di estinzione.

Victor fu incaricato di sviluppare la tecnica per rendere l’ostricoltura replicabile dalle sapienti mani degli ostricoltori, sviluppando quindi la tecnica di allevamento. Da notare che molte delle nozioni acquisite, vennero importate dall’Italia dopo un sopralluogo destinato ad acquisire il savoir-faire dei mitilicoltori italiani del lago di Fusaro.

Da quel momento l’ostrica piatta ha deliziato i gourmand per tutta la Belle Epoque fino a quando nel 1920 un’epidemia, paragonabile alla fillossera in viticoltura, quasi decimò le produzioni. Furono anni difficili che fortunatamente non fecero estinguere la specie, ne ridussero la disponibilità, rendendo l’ostrica Piatta un prodotto raro. In occasione di questo evento l’allevatore Auguste de Solminihac inventò l’ostrica Belon, scegliendo di affinare le ostriche alla foce dell’omonimo fiume in Bretagna, donando loro caratteristiche uniche, di cui avrete maggiori informazioni nei prossimi articoli.

La cagionevolezza e la bassa disponibilità delle Belon, ha aperto il mercato all’ostrica concava, prima importata dal Portogallo e successivamente, dopo una seconda “ostri-fillossera” che quasi decimò la popolazione, dagli anni 70 si utilizzò un’ostrica concava Giapponese. Ebbene sì, il seme della maggior parte delle ostriche concave consumate in Europa è oggi di base giapponese, un mollusco resistente che permette all’ostricoltore di esprimere al meglio il territorio con il suo savoir-faire.

Ora che avete scoperto ciò che sta dietro alla forma dell’ostrica, non resta che scoprire quanto diverse siano all’assaggio!

 

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