Il vino è un dongiovanni (le 3 regole degli abbinamenti)

Il vino è un dongiovanni: si sublima con il cibo e passa da un abbinamento all’altro come un seduttore seriale fa con le donne. Per questo l’abbinamento piatto-vino
è un discorso complesso e anche un gioco estremamente divertente.

Cosa bere con una pizza piuttosto che con una caprese? Si tratta di un argomento tra i più complessi del mondo enogastronomico perché legato in primis alla soggettività del palato di ognuno di noi.

Esistono però tre regole essenziali.

LE 3 REGOLE DEGLI ABBINAMENTI

CONTRASTO Escluso il caso dei dessert, che funzionano solo per similitudine, uno dei criteri di abbinamento del vino con il cibo è il principio della contrapposizione. Partendo quindi dai principali sapori, ecco gli abbinamenti più classici.
• Grassezza con acidità/effervescenza: le ricette che hanno una componente grassa predominante o magari condimenti sostanziosi necessitano di vini con
una buona acidità o effervescenza in grado di “sgrassare”. L’accoppiata simbolo in questo caso è zampone e Lambrusco.
• Tendenza dolce con sapidità/acidità/effervescenza: preparazioni come i risotti o ingredienti come la zucca hanno al gusto una componente dolce. Il vino ideale deve avere sapidità, acidità ed eventualmente effervescenza.
• Succulenza/untuosità con alcol e tannini: i cibi saporiti e sostanziosi che provocano salivazione in bocca vanno bilanciati con alcol e tannini che “asciugano”; per questo una bistecca Fiorentina si abbina alla perfezione al Chianti. Alcol e tannini aiutano a stemperare anche la sensazione di unto che possono dare piatti
quali selvaggina, arrosto, carni al forno, perfetti se abbinati con un Aglianico o uno Sfursat.
• Sapidità/tendenza amarognola/tendenza acida con morbidezza: un esempio su tutti, il sapore salmastro del pesce si sposa bene con vini bianchi di moderata acidità. Per non fare errori, abbina un Verdicchio, un Soave o uno Chardonnay. Sensazioni amare e acide, per esempio di alcune verdure, possono essere compensate non solo dai vini bianchi poco acidi, ma anche da vini rossi, rotondi, come il Ripasso della Valpolicella.

SIMILITUDINE Se per la regola del contrasto “gli opposti si attraggono”, con la similitudine “chi si assomiglia si piglia”. L’obiettivo di questo principio di abbinamento, quindi, è creare un matrimonio armonico fra il vino e il cibo, capace di esaltare le caratteristiche di entrambi e soprattutto di bilanciarle. Inoltre, non dimenticarti che il corpo del vino deve essere proporzionato alla struttura del piatto e lo stesso vale per gli aromi. Così, ad esempio, il vino dolce, come potrebbe essere un Passito di Pantelleria, è l’unica accoppiata possibile per il dessert: un vino secco, anche le bollicine, sarà sempre una scelta non felice. Quindi d’ora in poi basta torta di compleanno con lo spumante (a meno che non sia Demi-Sec). Un altro buon esempio può essere la complessità aromatica di alcuni piatti orientali a base di curry, che ben si sposa con l’aromaticità del Gewürztraminer.

TRADIZIONE E STAGIONALITÀ In Italia si privilegia l’abbinamento di piatti e vini di uno stesso territorio, anche se, solo per fare un esempio, sappiamo bene che un Nero d’Avola può accompagnare alla perfezione molte preparazioni di selvaggina della Toscana. L’altro criterio è la stagionalità:
d’estate solitamente si consumano piatti leggeri e bianchi freschi (come Müller Thurgau e Lugana) o vini rosati; d’inverno sono i piatti caldi strutturati e calorici
ad andare per la maggiore, da abbinare con vini rossi più corposi e complessi, come un Vino Nobile di Montepulciano o un Raboso del Piave. Oltre a queste tre regole, una raccomandazione: l’abbinamento perfetto non esiste. Sono troppe le variabili che intercorrono tra chi il piatto lo realizza, chi seleziona
il vino e, infine, chi lo gusta. Alla fine, l’unica cosa che conta è che c’è un mondo di vini là fuori, l’importante è andare a scoprirlo.

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