Il rapporto sull’industria vinicola pubblicato dall’area studi Mediobanca tratteggia un quadro del settore enoico che subisce gli effetti del Covid-19. Il 63,5% delle imprese prevede infatti una riduzione del fatturato nel 2020, un calo delle vendite con una flessione addirittura superiore al 10% per il 41,2% del campione.
A rischio 1 milardo di export di vino e 1 miliardo di consumi legati al comparto ho.re.ca domestico, riflesso della caduta del commercio mondiale stimata dalla World Trade Organization tra il 15% e il 30%. Il rapporto prende in esame le 215 principali società di capitali italiane con fatturato 2018 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati pari a 9,1 miliardi di euro, e 14 imprese internazionali quotate con fatturato superiore a 150 milioni di euro che hanno segnato ricavi aggregati pari a 5,7 miliardi di euro. Un comparto vinicolo su cui pesano la crisi del turismo e del travel retail, anche se dallo studio appaiono meno negative le aspettative per le cooperative e per i vini spumanti.
EXPORT E MERCATO INTERNO Con riferimento alle sole esportazioni, il 60% delle imprese si aspetta per il 2020 una flessione delle vendite e, all’interno di queste, il 37,5% prevede che la flessione sarà superiore al 10%. Un quadro peggiore a quello del 2009, quando il 60,6% delle imprese vinicole subì un calo di vendite con una flessione del fatturato del 3,7% e con cadute oltre il 10% che riguardarono il 24,2% delle imprese. Il 53,4% delle cooperative, maggiormente legate al mass market e alla distribuzione attraverso la Gdo rispetto all’Ho.Re.Ca, ha formulato per il 2020 previsioni meno pessimistiche sul fatturato di quelle delle S.p.A. e s.r.l., il 68% delle quali si aspetta un calo nell’anno in corso (la quota di cooperative che attende cali di vendite oltre il 10% si ferma al 26,7% contro il 50% delle altre). I produttori di vini spumanti vedono attese meno negative rispetto a quelli di vini non spumanti. Tra i primi, il 55,5% prevede perdite di fatturato con una contrazione dell’export del 41,2%; quota che sale oltre il 65%, sia per perdite di fatturato che export, per i secondi, su cui incide la maggiore stagionalità dei vini spumanti le cui vendite crescono in misura significativa soprattutto in corrispondenza delle festività di fine anno. In generale, se si assume che le esportazioni italiane di vino si ridurranno in linea con la caduta del commercio mondiale ipotizzata dalla WTO, si stima una contrazione dell’export per i maggiori produttori italiani nel 2020 compresa tra €0,7 e €1,4 miliardi. Considerato che circa il 65% delle vendite nazionali è veicolato da canali diversi dalla Gdo, per il mercato domestico si stima fino alla metà di maggio una perdita di oltre €0,5 miliardi. Ipotizzando per i mesi a seguire una riapertura dei canali extra-Gdo a ritmi inferiori del 30% rispetto ai livelli dell’anno precedente, si registrerebbe un’ulteriore contrazione del fatturato pari a €0,5 miliardi. Uno scenario che vede gli analisti di Mediobanca stimare nel 2020 una contrazione complessiva del fatturato per circa €2 miliardi, frutto di minori vendite nazionali e estere, con una riduzione stimabile del settore tra il 20% e il 25% rispetto al 2019.
DATI 2019 L’industria vinicola pre-Covid 19 vede i dati preconsuntivi relativi al 2019 indicano che i maggiori produttori italiani hanno chiuso lo scorso anno con una crescita del fatturato dell’1,1%, un risultato modesto se confrontato con il quadriennio precedente (2014-2018) in cui le vendite sono cresciute a ritmi compresi tra il 6,7% del 2018 e il 4,7% del 2015. Il rallentamento del 2019 è attribuibile alla dinamica negativa del mercato interno (-2,1%) in controtendenza rispetto all’export, che ha segnato una crescita del 4,4% rispetto al 2018 anche se lontano dalle crescite oltre il 7% del triennio 20152017. Il fatturato di S.p.A. e s.r.l. cresce del 3,2% (+5,1% all’estero), mentre le cooperative segnano un decremento sul 2018 (-1,9%) per la contrazione del mercato domestico (-4,4%,) parzialmente compensata dall’espansione di quello estero (+1,8%). Anche gli spumanti hanno rallentato nel 2019 (-0,2%), mentre i vini non spumanti sono cresciuti dell’1,5%; per entrambi i comparti, importante è stato il contributo dell’export (+3,2% per gli spumanti, +4,6% per gli altri), a fronte di vendite domestiche in regresso (-2,4% per i primi, -1,9% per i secondi). Gli investimenti materiali nel 2019 registrano un decremento del 15,9% sul 2018, dopo quattro anni di forte crescita. La riduzione più importante è quella degli spumanti (-23,9%) seguiti da S.p.A. e s.r.l. (-16,7%). Tiene l’occupazione, in aumento del 2,6% sul 2018.
FATTURATI Il fatturato pre-consuntivo del 2019 conferma i tre maggiori player italiani: Gruppo Cantine Riunite & Civ a 630 milioni (+2,9% sul 2018), al cui interno GIV fattura 406 milioni (+4,7%), di gran lunga il maggiore singolo operatore del mercato italiano, cui fanno capo 10 cantine lungo la penisola. Seguono una coop come Caviro a 328,8 milioni (-0,4%) il grande consorzio romagnolo rappresenta da solo più del 10% della produzione nazionale di uva e ha un fatturato consolidato molto più sostanzioso, pari a 328,8 milioni, che comprende anche l’attività nei settori energia e distillerie. Sul podio Palazzo Antinori a 246 milioni (+5,3%,), prima realtà privata vinicola in Italia, con 222,7 milioni di fatturato nel core business vino, in crescita del 4,2% rispetto al 2018, l’aumento del giro d’affari strettamente legata alla produzione. Seguono Casa Vinicola Botter a 217 milioni (+10,9%), Fratelli Martini a 210 milioni (-2%), Casa Vinicola Zonin a 205 milioni (+1,4%), Enoitalia a 199 milioni (+9,7%), Cavit a 191 milioni (+0,5%), Santa Margherita a 189 milioni (+6,8%) e in decima posizione, Mezzacorona a 187 milioni (-0,8%). Fuori dalla top ten in undicesima posizione Italian Wine Brands a quota 167 milioni, in forte crescita e quotata all’Aim (+11,8%), segue La Marca con un fatturato a 140 milioni, Cantina di Soave a quota 136 milioni (-3,5%) al tredicesimo posto, seguita dal Gruppo Ruffino che con una performance che sfiora il 21% scavalca ben tre posizioni e si piazza al quattordicesimo posto con 133, 2 milioni di ricavi. Da segnalare la performance di Marchesi Frescobaldi al sedicesimo posto della graduatoria con un fatturato di 126,5 milioni (+5,8%), mentre al diciassettesimo posto con 111,2 milioni, il Mondodelvino Group prosegue la sua crescita regolare (+ 2,4%), entrato a far parte di recente del circuito Elite del London Stock Exchange group. Stesso fatturato di 111,2 milioni, sale al 18mo la Schenk Italian Wineries, divisione italiana dell’omonimo gruppo svizzero con una crescita dell’8,19% dopo il calo dello scorso anno, in flessione al diciannovesimo posto a 109 milioni di ricavi Collis Veneto Wine Group (-8,4%), mentre al ventunesimo posto appena fuori dai top 20 il Gruppo Lunelli con 106,9 milioni di ricavi (+5,7%). Casa Vinicola Botter è campione di export nel 2019 con il 93,7% del fatturato, nel cui capitale figura con una quota del 22,5% la Idea Taste of Italy (gruppo De Agostini) e non sono un mistero né le avance da parte del fondo di private equity Clessidra (Italmobiliare), né i suoi obiettivi di ulteriore crescita anche attraverso acquisizioni e di approdo in Borsa nel medio termine, seguita da Farnese al 92,0%, Ruffino al 91,4%, F.lli Martini con l’86,1%, Mondodelvino con l’83,3% e La Marca all’82,8%.
INDICE DI BORSA E SOSTENIBILITA’ Da gennaio 2001 al 3 aprile 2020 l’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo, in versione total return (comprensivo dei dividendi distribuiti), è cresciuto del 222,5%, al di sopra delle Borse mondiali (+129%); la capitalizzazione complessiva delle 52 società che compongono l’indice è migliorata dell’8% tra marzo e dicembre 2019, per poi subire una brusca perdita del 30% nel 1° trimestre 2020 a seguito del COVID-19 scendendo, a fine marzo 2020, a 35,8 miliardi di euro (rispetto ai 47,4 miliardi del marzo 2019), bruciando in tre mesi quasi l’intera crescita dell’ultimo quinquennio. Secondo l’analisi di Mediobanca tra le maggiori aziende vinicole solo il 30% delle imprese redige il bilancio di sostenibilità, il 25% non ne parla. Su un totale di 39 imprese con fatturato superiore a 60 milioni (5,2 miliardi di fatturato aggregato), 7 imprese (1,6 miliardi di fatturato, il 31% del totale) redigono un documento di sostenibilità, in 6 casi si tratta del Bilancio di Sostenibilità e in un caso della sola Dichiarazione Ambientale. In tema di certificazioni di sostenibilità, 5 società hanno aderito al progetto ministeriale V.I.V.A., una società ha conseguito la certificazione Equalitas. Altre 20 imprese (2,3 miliardi, 44% del totale) riportano sui propri siti internet alcune informazioni in materia di sostenibilità, principalmente gli aspetti ambientali e le certificazioni di qualità, nella metà dei casi in sezioni dedicate. Le restanti 12 società (1,3 miliardi, 25% del totale), di cui il 60% circa sono familiari, non fanno alcun riferimento alla sostenibilità nei propri siti.