REIMS – Esce sul mercato italiano in questi giorni, e la novità è questa: La Grande Dame 2004 abbandona il Pinot Munier. «Questo vitigno dopo una decina di anni inizia a declinare, per questo abbiamo deciso di toglierlo da La Grande Dame, che oggi quindi è fatta solo con Pinot Nero, prevalente, e Chardonnay», spiega l’enologo della maison Veuve Clicquot Cyril Brun. Ma il gusto dello Champagne dall’etichetta gialla non cambia e non cambierà mai: «Non adattiamo certo il nostro champagne ai gusti dei consumatori di un mercato piuttosto che per un altro – osserva Brun -, questo significa che in Italia come in Usa o in Cina il Veuve Clicquot che si beve è sempre lo stesso». E il Pas Dosé, molto di tendenza in Italia, come mai non registra etichette delle grandi maison di Reims ed Epernay?«Credo che sia una moda, tra dieci anni non esisterà più. Per questo non ne facciamo», risponde secco uno degli enologi di Veuve Clicquot. E il Rosè? «Da bere da maggio a settembre. Io credo che quello rosa sia uno stile estivo, ma che ormai non sia più etichettabile come una bollicina da donna».
Qui a Reims sembra estate. La temperatura è mite di prima mattina fino a notte inoltrata, i campi gialli si stagliano all’orizzonte giocando con il cielo azzurro. La cattedrale dove sono stati incoronati tutti i re di Francia è maestosa, le vetrate di Chagall sono un’opera d’arte, ma io preferisco le tre lastre di vetro del 1950 che raffigurano tutti i lavori del vino. Uniche nel loro genere. Del resto la cattedrale, oltre al grande contributo della Fondazione di Rockefeller per la ricostruzione del tetto, è sempre stata sostenuta da tutti i produttori di Champagne.
E Madame Clicquot? Vedova a 28 anni, ha deciso di prendere in mano le redini della cantina del marito, ma non solo: perché Madame Clicquot assaggiava i suoi vini, che non venivano commercializzati senza il suo benestare. Giocava a fare anche la piccola chimica, per cercare la miscela giusta per un Rosè che le piacesse davvero: successe nel 1811, quando a Bouzy venne messo in barrique un rosso eccezionale, proprio l’anno in cui il cielo si faceva squarciare da una cometa. Così nacque il primo Champagne Rosè assemblato della storia e anche il nuovo simbolo della maison, una cometa stilizzata con all’interno lo storico simbolo dell’ancora.
Qui sopra potete vedere la “tavola rotonda” di degustazione all’interno della cantina sotterranea che è lunga 24 chilometri ed è tutta scavata nel gesso.
Quando Madame Clicquot si trovò ad affrontare da sola il mercato del vino, Veuve Clicquot aveva 4 ettari. Alla morte della Vedova erano diventati 40, mentre oggi sono 400, da cui la maison produce appena 1/3 del vino che commercializza. «Il resto delle uve viene tutto acquistato», fa sapere Brun.
Nella foto qui sopra la tavola del remuage, «altra invenzione di Madame Clicquot. Per realizzare il prototipo, usò uno dei suoi tavoli di casa. Solo per regioni di spazio nelle cantine furono ideate le pupitres». Insomma, un vulcano questa grande dame della Champagne: enologa, inventrice, commerciante, visionaria. Una piccola Steve Jobs delle bollicine di Francia.
L’ Hotel du Marc, nonostante il nome, non è un albergo aperto al pubblico, ma una magnifica residenza privata in cui la Maison Veuve Clicquot ospitava nei secoli passati e ospita i propri amici più intimi. In una dimensione extralusso da albergo pluristellato, ma allo stesso tempo familiare.
Era poco più che un frutteto quando fu acquistato da Madame Clicquot nel 1822, che lo offrì in dono al suo socio tedesco Edouard Werlé. Completato nel 1846, divenne dimora privata della famiglia Werlé, che qui iniziò ad ospitare gli amici, i clienti più importanti ed i propri subordinati.
Il lungo processo di restauro è iniziato 4 anni fa e che ha avuto un occhio di riguardo per la sostenibilità ambientale .Veuve Clicquot è da tempo, infatti, molto attenta alle quantità di emissioni di carbonio liberate nell’ambiente (tanto da essere stata la prima casa produttrice di Champagne ad ottenere nel 2004 la certificazione ISO14001), nella ristrutturazione perciò ha prestato moltissima attenzione al contenimento delle emissioni. Ora l’Hotel du Marc produce l’85% del proprio fabbisogno energetico attraverso l’utilizzo di energia geotermica (sia per il riscaldamento invernale che per il raffrescamento estivo) e solare termica e cerca di ridurre le proprie emissione di carbonio fino al 90%. I lavori di restauro sono stati affidati all’architetto Bruno Moinard.
Al primo piano trovano collocazione le camere da letto, introdotte dall’artista Pablo Reinoso con la sua ode alle vite attraverso una bellissima panca-scultura in legno, che domina il piano e che è il giusto preludio alla galleria di ritratti dei personaggi della maison dove si trovano le camere.
Non ci sono oli su tela dell’800 a raccontare al visitatore il passato della “famiglia” Clicquot , ma una luce drammatica che arriva direttamente dai ritratti, realizzati da giovani artisti locali con una strana tecnica fatta di luci e tessuti sovrapposti.
Su questo lungo corridoio si aprono sei camere, ognuna ispirata ad una stagione, un luogo (legato in qualche modo allo champagne Veuve Clicquot, anche solo per motivi commerciali) e ad un personaggio storico che ha cambiato le sorti della Maison.