Tenuta Sette Cieli e il suo Indaco, dedicato al cielo sopra Bolgheri

C’è qualcosa che da sempre unisce i cavalli da competizione e il vino: sicuramente la passione, sicuramene la caparbietà e anche il desiderio di primeggiare. Tenuta Sette Cieli nasce negli anni ‘90 quando Erika Ratti – figlia di quell’Antonio che molti conosceranno per le sue sete stampate e la preziosa collezione di tessuti oggi conservata nell’omonima fondazione a Como – si trasferisce in Toscana con il figlio Ambrogio, con l’idea, appunto, di acquistare una tenuta in cui allevare cavalli da competizione. La riceerca si conclude nel 1994 quando sopra la zona di Bolgheri, Erika acquista 80 ettari per lo più boschivi e un’abitazione ormai ridotta in rudere, in una zona in cui tutti i terrenti anche agricoli erano stati abbandonati. abbiamo comprato proprietà di 80 ettari boschivi, la casa era un rudere e tutti i terreni agricoli circostanti erano stati abbandonati.

Dopo importanti lavori di sistemazione, prende il via l’allevamento dei cavalli e, qualche anno dopo, vengono piantati – nel 2001 – i primi 4 ettari di vigneti, su terrazzamenti posti ad un’altitudine di 400 metri. La particolare ubicazione garantisce ventilazione costante e notevole escursione diurna, specialmente nei mesi di agosto e settembre che consente una lenta maturazione. Questo – in aggiunta all’intensa luminosità cui contribuisce la rifrazione del mare distante solo una decina di kilometri – favorisce lo sviluppo di zuccheri, polifenoli e precursori aromatici, garantendo un’ottima maturazione delle uve. L’altitudine aiuta inoltre a preservare la freschezza, fondamentale per garantire al vino bevibilità e lungo potenziale di invecchiamento.

Ai primi 4 ettari ne vengono aggiunti altri negli anni a seguire: 3 nel 2002, altri 3 nel 2016 e, infine, 5 a Bolgheri nell’agosto del 2018. Oggi la proprietà si estende su oltre 120 ettari, di cui 15 vitati, situati fra Monteverdi Marittimo (10 ettari a 400 m. slm) e Castagneto Carducci (5 ettari a 70 m. slm).

Nel 2006 Erika purtroppo è venuta a mancare e la tenuta è passata nelle mani del suo giovane figlio, Ambrogio Cremona Ratti, che fin da subito ha voluto di investire sulla tenuta in maniera decisa e costante, fino a realizzare il sogno di acquitare a Bolgheri 32 ettari di terra, di cui, come dicevamo prima, 5 dedicati a vigneto.

Al suo fianco, dal 2013, c’è Elena Pozzoli, direttrice ed enologa di Tenuta Sette Cieli, una dei giovani enologi che stanno forgiando l’immagine della regione dopo la grande stagione di Giacomo Tachis. Wine Enthusiast l’ha inserita “fra le pioniere che stanno facendo progredire il mondo del vino”. La sua lunga esperienza nel campo, maturata in Italia e all’estero (California, Australia, Argentina) le permette di muoversi con pari naturalezza sia in vigna che in cantina.

I vigneti sono coltivati a biologico e interamente a mano. Ogni varietà e ogni singola parcella vengono vinificate separatamente, così da permettere la valorizzazione delle diverse nuances di ogni vigneto. In fermentazione si usano lieviti indigeni, su cui l’Università di Pisa sta conducendo una ricerca.

Nel corso del tempo, quella che era una produzione di nicchia, è cresciuta fino a raggiungere le attuali 90mila bottiglie all’anno. Tenuta Sette Cieli produce quattro vini: Indaco da uve malbec, cabernet sauvignon e merlot, Scipio fatto interamente con cabernet franc, Noi 4 da cabernet sauvignon, merlot, petit verdot e cabernet franc ed, infine, Yantra prodotto con uve cabernet sauvignon e merlot.

Al momento, l’azienda esporta il 75% della produzione. I mercati principali sono US, Svizzera, Regno Unito, Benelux, Germania, Russia, Canada, Giappone, Brasile, Austria.

Il focus della degustazione si è incentrato su 3 annate di Indaco, di cui attualmente vengono prodotte in totale 10-15mila bottiglie e l’uva restante venduta, il potenziale produttivo è di 50mila bottiglie. Indaco prende il nome dal colore del tramonto che si gode da Tenuta Sette Cieli, e la prima annata rilasciata sul mercato è la 2004. In degustazione abbiamo assaggiato una 2017, in cui esplode il frutto con una spiccata nota vanigliata dovuta all’affinamento di 18 mesi in botte; una 2016 dove sono chiare eleganza, finezza e bellissime note mentolate; infine una 2014, la più compiuta di tutte, nonostante l’annata. Indaco è un vino che in generale dimostra belle potenzialità e gioca su profumi articolato e complessi, di frutti rossi maturi cin richiami di spezie e di boisé e sfumature vegetali. In bocca è ben strutturato, fresco e caldo allo stesso tempo, di lunga persistenza. L’ultima annata che verrà rilasciata tra qualche settimana è la 2017 e sicuramente tra 10 anni raggiungerà il suo pieno potenziale. Un cavallo di razza, insomma, ma che non ha fretta, e se riuscite a non averla nemmeno voi, saprà regalarvi belle emozioni.

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