Un nastro che si srotola da Bolgheri a Castagneto Carducci (e viceversa), tra filari di vigne allineate come soldati, precise, rigogliose, impettite e fiere.
Pochi chilometri da red carpet, perché percorrendo la strada “La Bolgherese”, infatti, si incontrano tutte le star dei SuperTuscan, a partire dal Sassicaia, pioniere del genere. Oltre 50 anni fa Mario Incisa della Rocchetta, infatti, impiantò un vigneto di Cabernet Sauvignon per cercare di produrre vini simili a quelli del Bordeaux e dopo anni di prove, nel 1968, uscì con la prima bottiglia di Sassicaia. Il fenomeno non restò isolato, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90 molte altre aziende seguirono l’esempio, dimostrando che il territorio era in grado di dare la migliore qualità in assoluto con uve come il Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Cabernet Franc. Alla fine degli anni ’90 gli ettari di produzione erano 260, oggi Bolgheri è una realtà con 1140 ettari impiantati e con una qualità diffusa molto alta.
E allora si percorre questa Bolgherese e le vedi tutte lì le tue wine-star: Tenuta San Guido, Ornellaia, Guado al Melo, Tenuta Argentiera, Campo alla Sughera, Le Macchiole… Un’unica strada per potrebbe essere tranquillamente inserita tra le Mecche di ogni wine lover.
La Bolgherese corre incastonata da alberi maestosi, e circa a metà del suo percorso si trova Le Macchiole, una delle prime aziende vinicole nate a Bolgheri, sulla Costa degli Etruschi, circa 100 chilometri a sud di Firenze e a soli 5 chilometri dal mare. È qui dove, citando il Carducci, “I cipressi (…) alti e schietti van da San Guido in duplice filar…” che, nel 1983, Eugenio Campolmi e sua moglie Cinzia Merli decidono di scommettere sul loro sogno. Abbandonano così l’attività di commercianti dei genitori di Eugenio per acquistare pochi ettari di terreno in una zona all’epoca nota esclusivamente per il mare e la produzione ortofrutticola.
L’idea è semplice ma risoluta: partire dal vigneto, investire tutto sulla ricerca e sulla sperimentazione, piantando anche varietà allora poco usate a Bolgheri. Nel 1987 viene imbottigliata la prima produzione con una linea adesso non più esistente e, nel 1989, nasce il Paleo Rosso, la prima edizione di un vino bolgherese firmato Le Macchiole. Poi la scelta di puntare tutto sul monovitigno, che si rivela vincente, e che ha consentito a Le Macchiole di esprimere la potenzialità del bolgherese, seppur con uno stile differente e originale. Così, nel 1994, nascono Messorio (100% Merlot) e Scrio (100% Syrah) e nel 2001 Paleo Rosso si trasforma in 100% Cabernet Franc.
LEGGI LE SCHEDE DI DEGUSTAZIONE DELLA VERTICALE DI 12 ANNATE 1994-2013:
VERTICALE MESSORIO 22 SETTEMBRE
Nel 2002, alla scomparsa di Eugenio, Cinzia prende in mano le redini dell’azienda supportata dal fratello Massimo che segue i vigneti e, con l’aiuto di un team, in pochi anni imprime alla cantina la propria personalità.
Cinzia e Le Macchiole sono promotrici anche di una bellissima iniziativa di quello che potrebbe essere definito “passion marketing”. E’ il progetto #messorio04bolgheri: un’etichetta da collezione realizzata dall’artista Stefano Tonelli e dedicata al grande poeta, un’opera d’arte unica nel suo genere. Si tratta, infatti, di un’unica tela sezionata in 48 parti, ciascuna delle quali è divenuta l’etichetta che personalizza altrettante Mathusalem (6 litri) di Messorio 2004. L’intero ricavato della vendita di queste bottiglie è stato utilizzato per supportare il Comune di Castagneto Carducci, e tutta l’area bolgherese, in un progetto modulare per la valorizzazione del territorio attraverso l’installazione, nei luoghi cari a Giosuè Carducci, di “cornici” che “inquadrano” il panorama bolgherese permettendo alle persone di vedere gli scorci e i paesaggi che hanno incantato gli occhi del poeta Premio Nobel.
L’intento è quello di creare percorsi e itinerari che facciano scoprire Bolgheri e Castagneto Carducci. Ecco le tappe:
1 – Largo Nonna Lucia
“Co’l raggio de l’april nuovo che inonda
roseo la stanza tu sorridi ancora
improvvisa al mio cuore, o Maria bionda”
Giosuè Carducci
Idillio Maremmano – 1872
2 – Via Bolgherese
“vedi come peccato e azzurro è il mare,
come ridente a lui discende il sol”
Giosuè Carducci
Davanti San Guido – 1886
3 – Le Macchiole
“va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar”
Giosuè Carducci
San Martino – 1883
4 -Via Pascoli
“tutto è il silenzio ne l’ardente pian”
Giosuè Carducci
Davanti San Guido – 1886
5 -Belvedere
“La nebbia a gl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar”
Giosuè Carducci
Idillio Maremmano – 1872
Grazie a queste cornici si può percorrere la bellezza la storia e la poesia di un territorio in una manciata di chilometri. Si parte da Castagneto Carducci, borgo che affonda le sue radici in un passato lontano che ci rimanda, come il resto del vicino territorio, alla civiltà etrusca. Il suo inizio è documentato a partire dall’epoca medievale ed al ruolo prioritario esercitato nel tempo dalla famiglia della Gherardesca, che mantiene qui i suoi privilegi fino a che non subentreranno il dominio pisano e poi quello fiorentino, e fino al 1749, momento in cui Castagneto viene decretato Comune autonomo col nome di Castagneto Marittimo. Appellativo che resterà fino al 1907 quando, dopo la morte del poeta, viene denominato Carducci in sua memoria. Il Comune ha assunto dal 1995 la qualifica di Parco Letterario Giosuè Carducci che promuove e valorizza gli ambienti storico-culturali che sono stati d’ispirazione poetica. Dal paese lo sguardo coglie il pendio, la breve pianura, fino al mare e alle isole; intorno un paesaggio agricolo ricco di oliveti, di vigneti, denso di boschi di castagni e di macchia, dominato a sud ovest dalla Torre di Donoratico, rudere dell’omonimo castello, che secondo la leggenda ospitò il Conte Ugolino della Gherardesca cantato da Dante nell’Inferno. Le varie tappe portano poi ad approdare a Bolgheri, piccolissimo borgo medievale la cui storia è legata a lungo alla famiglia della Gherardesca. Vi si arriva attraverso il famoso Viale dei Cipressi cantato da Giosuè Carducci nella celebre poesia “Davanti San Guido”.
Terra di poesia e di vino, ma anche di grande cucina. Se percorrendo la Bolgherese, magari a piedi, foste colti da un improvviso languirono l’indirizzo giusto è l’Osteria Magona, tempio della “ciccia” toscana: non perdete la “panzanese” e i crostini di fegato, tutta la carne è selezionata dal mitico Dario Cecchini e lavorata dallo chef Omar Barsacchi.