Della mia incondizionata – e un po’ invidiosa, lo ammetto – ammirazione per Tiziano Gaia scrissi già qui, qualche anno fa: non mi ripeterò. D’altra parte, i quindici anni d’amicizia e la sorte comune di astemi redenti mi sono serviti soltanto a ottenere qualche piccola indiscrezione sull’ultimo libro, in cui ha deciso di raccontare la sua esperienza «da paura e delirio a Slow Food»: già, perché il Re Carlo citato nel sottotitolo è proprio quel Carlo, che di cognome fa Petrini e per tutti è “Carlìn”.
A chi ha conosciuto Tiziano come una della penne più brillanti (e lucidamente critiche) che abbiano mai scritto di vino per Slow Food Editore, quella paura e quel delirio fanno venir voglia di precipitarsi in libreria venerdì 19 luglio, per divorare le oltre trecento pagine di Stappato. Un astemio alla corte di Re Carlo, in uscita per i tipi di Baldini+Castoldi. Con il suo tono schietto e pungente, nel libro Gaia alterna all’autobiografia disquisizioni tecniche anche curiose, affiancando ad aneddoti coloriti acute riflessioni sulla spettacolarizzazione dell’enogastronomia.
Il racconto dei primi anni di apprendistato, sotto l’ala del carismatico Carlìn, passa per la descrizione della giornata-tipo come degustatore per Vini d’Italia (un centinaio di assaggi al giorno, per tre mesi l’anno) e traccia vividi ritratti delle figure più importanti della viticoltura italiana. Un ruolo importante assumono i riti contadini e i costumi delle Langhe, tra balòn e partite a tressette, il tartufo e lo storico mercato delle uve di Alba. E il Barolo, naturalmente, la cui ascesa è testimoniata anche in un bel film, Barolo Boys, girato da Tiziano con Paolo Casalis.
Un dissacrante dietro le quinte della critica enologica e, insieme, una storia del vino narrata con originalità e sagacia, incentrata sulla sua trasformazione da alimento in bene voluttuario e, quindi, potenzialmente inutile, cui però l’autore riconosce la straordinaria capacità di cavalcare o addirittura anticipare i cambiamenti socio-culturali del nostro tempo.
«Al termine della prima settimana, seicento assaggi avevano già azzerato ogni mia volontà di capirci ancora qualcosa. In quattro, cinque giorni mi spazzolavo la storia del Barolo o dell’Amarone, pretendendo anche di giudicarla. Era come stilare la classifica dei migliori film della stagione, fermandosi ai titoli di testa. Il mio spettacolo non andava mai oltre l’unghia del bicchiere. E seduti di fronte a me, non vedevo più colleghi e collaboratori, ma polli da batteria, costretti a beccare senza sosta.»
Il libro e l’autore, in breve
Stappato. Un astemio alla corte di Re Carlo
di Tiziano Gaia
Collana Le Boe, Baldini+Castoldi, Milano, 336 pagine, € 18,00
In uscita il 19 luglio 2019
Nato a Torino nel 1975, Tiziano Gaia ha vissuto a Castellinaldo (Cuneo), il paese d’origine della famiglia. A lungo responsabile delle pubblicazioni enologiche di Slow Food, è oggi direttore del comitato scientifico del WiMu, il Museo del Vino a Barolo, e collabora con la rivista internazionale Decanter. Autore e regista di documentari, ha pubblicato il romanzo Puoi chiamarmi fratello (Instar Libri, Torino 2011) e la guida Di vigna in vigna (EDT, Torino 2015).