Avete sempre sognato una tenuta vinicola? Qualcuno ve la sconsiglierebbe, dicendo che con molto meno potreste farvi una cantina casalinga con casse e casse di Petrus, Cristal, Masseto & co, spendendo molto meno e a sforzo zero rispetto a tutti i sacrifici che richiede essere produttore di vino.
Ma se siete ancora convinti, ecco la situazione attuale del mercato immobiliare di vigneti e tenute tracciata da Idealista.
Valori immobiliari e caratteristiche dell’offerta nei territori più noti dell’Italia enoica
I casali toscani e umbri sono i più blasonati e anche i più costosi, qui l’offerta sovrasta per qualità e prezzo tutte le altre aree. Il prezzo dei casali nel Senese (Chianti e Montalcino) è in media di 3.154 euro/m2, cifra che può variare anche di molto a seconda della tipologia di fabbricato ad uso in parte abitativo (castello, villa padronale, casale rustico). Per la metratura si parte dai 300 m2 a salire, una costante che riguarda tutte le proprietà agricole dell’Italia enoica, i cui valori di mercato scendono raramente sotto il milione di euro.
Il vigneto è il nuovo mattone?
A quanto pare, secondo Idealista negli ultimi anni, complice la crisi, il calo del mattone ha visto rivolgere gli investimenti nei terreni coltivati a vigneto, che così hanno sostituito la casa come bene rifugio. Nel caso dei prezzi dei vigneti a denominazione, secondo una rilevazione di Assoenologi del 2014, i terreni non solo hanno conservato il loro peso patrimoniale, ma si sono rivalutati fino al 20%.
Oggi un ettaro d vigneto in Italia viene venduto mediamente a 36.000 euro, contro i meno di 20mila euro dei terreni ad altra vocazione. La classifica dei vigneti italiani stilata da WineNews vede quelli altoatesini al top con 550.000 euro l’ettaro, seguiti da quelli dell’Amarone con quotazioni oscillanti fra i 480.000 e i 500.000 euro, e quelli del Prosecco nei territori di Conegliano e Valdobbiadene, dove la forbice sta tra i 380.000 e i 350.000 euro ad ettaro, analogamente alle quotazioni dei vigneti trentini. A Barolo e Montalcino, capitali dei grandi vini italiani, i prezzi vanno, rispettivamente a 350.000 euro e tra i 350 e i 330.000 euro.
Il fuoriclasse dei vigneti? In località Cartizze, nel trevigiano, dove l’ettaro raggiunge la cifra mostruose di 1 milione e 200 mila euro, “sempre se si trovi qualcuno disposto a vendere”, fanno sapere gli esperti di WineNews. Per opportunità d’investimento in zone storiche, con prezzi inferiori a 100.000 euro l’ettaro si può puntare sul Chianti dove le stime parlano di 80.000 euro nelle sottozone Colli Aretini, Colli Fiorentini Colli Senesi, Colline Pisane, Montalbano e Montespertoli. Interessanti opportunità per gli investitori anche alcune aree del Sud: sulle pendici dell’Etna i prezzi possono oscillare tra i 60.000 e i 120.000 euro, 50 e i 60.000 euro a ettaro nella zona di Taurasi, in Campania.
Tenute: Toscana in testa nel ranking delle proprietà più care
L’offerta in toscana rimane preponderante rispetto al resto della Penisola: case di campagna nel Chianti, le case rurali ad Arezzo, le storiche proprietà agricole del fiorentino, dove si toccano i 16 milioni per l’acquisto del Castello di Tavolese con 10 ettari di vigneto di Chianti DOCG, anche se il top lo si raggiunge nel senese dove si toccano i 20 milioni per una tenuta rustica con ben 926 ettari di terreno.
Target
I vigneti del Bel Paese sono tra i più ambiti dagli investitori nazionali e internazionali. Questo ha contribuito a mantenere il valore del patrimonio immobiliare elevato negli anni, diversamente da quanto accaduto per i terreni destinati ad altre coltivazioni.
Secondo Vincenzo De Tommaso, responsabile ufficio studi di Idealista: “Dopo l’ondata di investitori stranieri gli italiani sono tornati protagonisti: i passaggi di proprietà tra aziende vitivinicole sono sempre più appannaggio di imprenditori già presenti nel mondo del vino, anche se le eccezioni non mancano. Da non dimenticare che il successo di questo ritorno alla campagna è in parte strumentale all’attività dell’azienda vinicola, in parte alla tenuta del valore dell’investimento nel tempo, oltre all’integrazione con l’attività turistico-ricettiva (agrituristico), in grado di generare ulteriore reddito”.