Raspelli: «Io, Sanremo e quella volta che ho pensato di cambiare mestiere»

 

C’è anche chi lo vorrebbe Ministro dello Sviluppo, tanto sa mettere in risalto i prodotti meno conosciuti, ma per tutti Edoardo Raspelli è il critico gastronomico più severo d’Italia e il volto noto di una trasmissione sempre più di successo, Melaverde, in onda su Rete4 tutte le domenica dalle 12.10 alle 13.30.  Alla sua 14ma edizione, Melaverde è diventata un appuntamento imperdibile per il pubblico italiano: nata dall’idea dell’agronomo Giacomo Tiraboschi, ormai mette a segno il 13% di share (con picchi del 22% nella prima parte del programma) e una media di 2milioni – 2,5 mio di spettatori con punte massime di 5-7mio di spettatori, riuscendo spesso ad eguagliare la corazzata di RaiUno. In coppia con Hellen Hidding ogni settimana Raspelli va in giro per l’Italia per raccontare storie di agricoltura, ambiente e natura, con un occhio di riguardo anche alla gastronomia, ma nonostante sia stata la televisione a regalargli la notorietà, il giornalista resta sempre legato alla carta stampata, continuando a promuovere e bocciare alberghi e ristoranti dalle pagine de La Stampa di Torino. Era il 10 ottobre del 1975 quando, su ordine dell’allora direttore del Corriere d’Informazione, Cesare Lanza, Raspelli dava alle stampe la pagina dei ristoranti con la rubrica diventata celebre, “Il faccino nero”, segnando così la nascita della vera critica gastronomica italiana. E proprio per le sue stroncature è stato querelato più di venti volte da ristoratori e produttori di vino – celebre la causa milionaria intentata nei suoi confronti da McDonald’s –  ma viene sempre assolto dai tribunali di mezza Italia per aver svolto correttamente il diritto-dovere di cronaca e di critica. Dal 1995 il suo nome appare nel Who’s Who in Italy e la Reale Mutua Assicurazione ha stipulato per lui una polizza unica al mondo: il gusto e l’olfatto di Raspelli sono coperti per un miliardo di vecchie lire e ne fanno “l’uomo dal palato d’oro”. Le sue recensioni di alberghi e ristoranti (su La Stampa come nel suo libro Italiagolosa) non si limitano a descrizioni e sterili elencazioni: sono veri e propri racconti in cui Raspelli, con pochi colpi di penna, riesce a dipingere con precisione e passione paesaggi, sapori, atmosfere, sensazioni. Una passione che ogni domenica trasmette in televisione con Melaverde e che lo ha portato a compiere anche imprese estremamente curiose, come quella, occorsa più di dieci anni fa, di riuscire a farsi assumere in incognito come cameriere in un albergo della Riviera Romagnola.

Quest’anno per lei sono 36 anni di giornalismo enogastronomico. Cosa è cambiato nel settore della ristorazione in tutti questi anni?

È cambiato tutto. Quando ho cominciato a scrivere di ristoranti si andava a mangiare fuori solo per sfamarsi: non c’era ancora la ricerca della felicità a tavola, i locali si riempivano solo sabato sera e domenica e la zona che andava piu forte era il Veneto. Tutto è cambiato nel 1977, nel cuore degli anni di piombo: a Milano nasce Gualtiero Marchesi, a Cassinetta di Lugagnano apre l’Antica osteria del Ponte, a Imola il San Domenico, a Piacenza l’Antica osteria del Teatro e a Firenze l’Enoteca Pinchiorri… Mi ricordo che Franco Tommaso Marchi, allora segretario generale dei sommelier, mi disse “Guarda che a Firenze c’è un mio amico che ha aperto un’enoteca molto bella e fa anche qualche piattino”. Si trattava di Pinchiorri, e sappiamo tutti che tempio del gusto e del vino sia diventato.  Con questi locali e negli anni Ottanta è iniziata la rivoluzione, passando dal fritto misto e macedonia alla nouvelle cuisine all’italiana, con la gente che andava al ristorante per gratificarsi. E poi, negli anni Ottanta c’era voglia di spendere, c’era ottimismo.

E oggi?

Oggi siamo da parecchi anni di fronte a un bivio. Da una parte c’è la tradizione proposta da ristoranti di target medio, tranne eccezioni come Canneto sull’Olio, e altri moderni o modernissimi votati a quello che io chiamo “cazzeggio puro”…

Ovvero?

Il cazzeggio è quello che non sa cosa mettere nel piatto, inventano accostamenti o scopiazzandoli, e questo capita anche in ristoranti di alto livello famosi ed osannati. Siamo tutti capaci a dire che Vissani è bravo, che Marchesi ha fatto la storia, ma sono i locali medio alti, quelli del cazzeggio, che si fa fatica a giudicare. Ci sono troppi  locali che per qualcuno sono meraviglie e invece per me sono chiaviche.

Come mai spesso lei non si trova in sintonia con il giudizio di molti suoi colleghi?

Perché penso di avere un palato davvero molto sensibile, dovuto alla molta esperienza che ho fatto, ma soprattutto al mio dna, che mi ha fatto questo regalo. Mio padre era iper sensibile a molti odori e gusti e mi ha fatto crescere senza profumi e aromi: così, i miei sensi si sono potenziati. Per questo ritengo che il mio gusto sia più affinato di molti altri e mi arrabbio non solo con gli chef che cazzeggiano, ma ancora di più con quelli che non capiscono il loro cazzeggio: sto parlando di giornalisti e critici gastronomici miei colleghi, che consigliano posti che non vanno bene.

Ma a Raspelli piace di più recensire posti dove si è trovato bene o male?

Quello di cui mi piace maggiormente scrivere, in verità, sono i posti nuovi. Detesto essere costretto a tornare negli stessi locali. Io cerco la felicità, sono un cronista dell’enogastronomia, racconto le atmosfere e le emozioni, non mi interessa commentare gli ingredienti come fanno quasi tutti gli altri. Io, poi, do giudizi generali. Del resto, a ognuno il suo mestiere: io sono nato cronista di nera e quello faccio anche con i ristoranti e gli hotel. Non sono un cuoco, e non mi va di fare finta di farlo come quelli che invece vanno in televisione a proporre ricette piene di errori e poi comunque vendono milioni di copie di libri…

Quella volta che ha pensato che quasi quasi avrebbe voluto cambiare lavoro, c’è mai stata?

Sì, lo sto pensando da due anni a questa parte. Ero arrivato a 120 chili di peso, ho avuto un infarto, poi me la sono cavata. Ma non sono riuscito a dimagrire finchè non ho fatto ricorso alla chirurgia dell’obesità e ora ho il bendaggio gastrico: questo significa che devo mangiare poco, lentamente, e masticare molto. E devo bere Coca Cola, prescrizione medica, per digerire. La pasta la devo tagliare a pezzettini, mangio con il cucchiaino per metterci più tempo, mentre io sarei vorace perché mi piace da matti il cibo. Tutto questo per me è un supplizio, ma ha anche due risvolti positivi: continuo a perdere peso e i sensi si sono acuiti. Il fatto è che avrei dovuto iniziare fin da subito, nel 1975, ad assaggiare invece che a strafogarmi, ma  a me piace così tanto mangiare…

Il suo piatto perfetto?

I gamberi di Sicilia crudi, al massimo bagnati con un filo di olio extravergine d’oliva.

Quali sono i suoi tre chef preferiti?

Più che chef sono ristoranti. Uno è il locale a Civitella del Lago di Gianfranco Vissani, sicuramente il più grande cuoco italiano e uno dei più grandi al mondo. Adoro Il Pescatore di Runate, frazione di Canneto sull’Olio, divenuto la cattedrale indimenticabile della grande cucina italiana.  Il terzo è il Pinocchio di Borgomanero.

I migliori ristoranti emergenti, invece, secondo lei quali sono?

Tra le novità penso ci possa essere Le Antiche Contrade di Cuneo e l’Edelweiss a Viceno di Crodo, in provincia di Verbania.

E quale sarà il futuro della ristorazione italiana, secondo lei?

Non so, la vedo sinceramente nera… I ristoranti ormai, tranne pochi, sono mezzi vuoti, la gente sta pensando come tirare a campare e non ha più né il tempo nè le possibilità economiche per uscire a cena.

Che progetti ha per il futuro?

Vorrei fare Melaverde ancora per trent’anni. Ormai siamo tutti amici, dallo staff ai due registi, Michele Zito e Giancarlo Valenti, fino agli autori, Luca Liberati e Nicola Fontana. Poi mi entusiasma fare sempre cose nuove: dall’attore al cantante di karaoke (per divertimento),  devo dire che dal punto di vista professionale ho fatto talmente tante cose che mi manca solo il Festival di Sanremo…

Quindi il sogno nel cassetto di Raspelli è di presentare Sanremo?

Già mi hanno chiesto di cantare al festival, quindi, perché no! Mi piacerebbe cantare una canzone con Enzo Jannacci o con Charles Aznavour, oppure con Roberto Vecchioni. Se facessi il presentatore, invece, vorrei con me la Hunziker… Ma farei io da valletto a lei, non viceversa.

In un’intervista di Alain Elkann lei ha dichiarato che le piace moltissimo il cibo “e non è solo gratificazione del palato, per me è come il sesso”.

Non so per me qual è la cosa più bella della vita, se mangiare o dormire. La terza, di certo, è fare sesso, soprattutto al risveglio, dopo aver mangiato e dormito bene.

(mia intervista su A Tavola di novembre 2011)

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