In attesa di poter pubblicare il mio commento esteso e la relazione approfondita sul Piano Pedron presentato oggi, cosa che non posso fare fino a domani mattina, cioè finchè non uscirà il mio articolo sul Corriere del Trentino, vi incollo qui il comunicato stampa post incontro diffuso dalla Federazione delle Cooperative del Trentino. Vi anticipo solo, perchè qui non lo troverete molto esplicitato, che i punti cardine sono tre: che La Vis dismetta tutti i suoi investimenti (Casa Girelli e Cesarini Sforza, forse verranno acquistati da Cavit, Poggio Morino e Villa Cafaggio in cerca di acquirente) e torni a fare la cantina sociale, che Cavit diventi una Spa libera di acquistare vino ovunque, che le cantine sociali trentine (socie di Cavit e non) creino un nuovo consorzio di secondo livello per commercializzare il loro vino, 100% trentino.
Ne ho molte altre da dire e da approfondire (se volete l’allert di quanto pubblico il resto, iscrivetevi al blog, nel form che trovate nella parte bassa di questa pagina). Intanto, il comunicato…
Prima presentazione agli operatori della bozza di progetto di riassetto della vitivinicoltura cooperativa trentina, messo a punto da uno dei massimi esperti italiani del settore, Emilio Pedron, in collaborazione con gli economisti Alessandro Berti e Cino Ripani e la Federazione.
Il sistema può trovare al suo interno tutti gli elementi per il miglioramento. Ma occorre sviluppare sinergie e diminuire i costi, anche attraverso fusioni. Va assolutamente difeso il vigneto trentino nel suo insieme, valorizzando i vini di qualità e recuperando il rapporto con i vignaioli privati.
I produttori devono tornare al centro del sistema, uniti in un nuovo organismo centrale con funzioni di coordinamento, gestione delle produzioni e orientamento promo-pubblicitario (un nuovo Istituto del Vino Trentino o altro).
Una trasformazione della Cavit in società per azioni potrebbe far emergere rilevanti plusvalenze per le cantine socie, tali da ridurre l’indebitamento attuale.
“Nessuna cantina può bastare a se stessa, dalla crisi del vino si esce solo come sistema”. Emilio Pedron, esperto mondiale del settore, è stato incaricato dalla Federazione Trentina della Cooperazione di esaminare la situazione trentina e proporre un progetto di rilancio del settore, che stamani è stato presentato alle cantine sociali. Accanto a Pedron hanno lavorato i docenti in materie economiche dell’università di Urbino prof. Alessandro Berti e prof. Cino Ripani che hanno effettuato l’analisi dei bilanci delle cantine trentine.
Tra i punti qualificanti del progetto, c’è l’affermazione che “il sistema cooperativo trentino contiene nel suo insieme tutte le possibilità di miglioramento della gestione corrente e della situazione patrimoniale, purché venga attivata una visione solidale della cooperazione”.
Il settore negli ultimi quindici anni ha espresso capacità di eccellenza che ha saputo tradursi in una buona remunerazione dei soci. Ma la crisi mondiale dei mercati che ha interessato anche il settore vino non ha risparmiato il Trentino, che deve fare i conti, anche se in misura minore rispetto ad altre regioni italiane, con una riduzione di fatturato e remunerazione ai produttori.
“Le risorse interne del sistema vitivinicolo trentino – ha affermato il presidente della Cooperazione Trentina Diego Schelfi – unitamente alla cultura solidale cooperativa, possono far evolvere la situazione attuale di criticità in nuova opportunità di rilancio qualitativo del settore”. “Questa è l’analisi e la proposta di soluzioni – ha aggiunto il direttore della Federazione Carlo Dellasega – servirà ora la condivisione e la successiva traduzione in proposte operative”
La visione di Pedron è chiara: alle difficoltà di mercato del settore, in Trentino si è aggiunto, in alcune realtà della cooperazione, un problema di sviluppo inefficiente sotto il profilo economico e squilibrato sotto il profilo finanziario.
I numeri del settore
Il settore vitivinicolo cooperativo in Trentino è composto da 8 mila conferitori soci di 13 cantine sociali, 11 delle quali socie a loro volta del consorzio di secondo grado Cavit. Vengono prodotti 1,2 milioni di quintali di uva su 8.100 ettari di viti. Circa il 90% delle uve trentine viene conferito alle cantine sociali, che hanno una capacità di incantinamento superiore al milione di ettolitri.
Il patrimonio del vigneto trentino
Il Trentino in prevalenza è agricoltura di montagna, di grande qualità, con un costo di produzione delle uve elevato. Il vigneto dà forma e figura al paesaggio, contribuendo alla valenza anche in chiave turistica. Va difeso a tutti i costi e con esso tutto il tessuto sociale che lo coltiva. Una buona parte del vino trentino oggi viene venduto posizionandolo nella fascia media, con un prezzo finale che spesso non remunera i maggiori costi di produzione.
Nel medio periodo serve uno sforzo maggiore per vendere prodotti nel segmento più alto del mercato. Occorre una nuova progettualità commerciale, in grado di valorizzare e remunerare la viticoltura costosa di montagna.
Le criticità
La scarsità di dialogo e di sinergie, talvolta anche la dannosa competizione tra gruppi cooperativi, hanno contribuito ad accentuare i tratti della crisi, generando investimenti non sempre necessari al sistema e costi di gestione fuori controllo.
Da rilevare che a fianco delle strutture cooperative lavorano circa ottanta vignaioli privati che rappresentano poco per quantità prodotta, ma molto per l’immagine e il prestigio del vino trentino. E’ utile che questo ruolo sia valorizzato, rispettato e reso sinergico. Un ruolo importante è svolto anche dagli operatori commerciali privati.
La proposta di nuovo assetto
I viticoltori trentini devono tornare al centro del loro sistema economico. Uniti in un nuovo organismo centrale (per intenderci, un nuovo Istituto del Vino Trentino o qualcosa di simile al vecchio comitato vitivinicolo). L’organismo avrà lo scopo di difendere l’attività tecnica ed economica dei soci ed avrà potere di coordinamento, gestione delle produzioni ed eccedenze, rapporto con gli enti pubblici e orientamento degli investimenti promo-pubblicitari, legati al territorio.
Il consorzio Cavit – afferma lo studio – dovrebbe generare una società per azioni che continuerà ad occuparsi di imbottigliamento e commercializzazione dei vini, legata alle cantine socie da patti parasociali e regolamenti vincolanti.
La valorizzazione di Cavit consentirà alle cantine di ricavare rilevanti plusvalenze con la vendita di parte delle quote. Tali plusvalenze sono stimate – per difetto – sufficienti a coprire l’indebitamento attuale di tutte le cantine.
Nello stesso tempo le cantine associate a Cavit dovranno impegnarsi in un processo di razionalizzazione, diminuzione di costi che oggi sono molto alti. Alcune cantine realizzerebbero interessanti economie di scala da processi di aggregazione.
La cantina La-Vis che negli anni ha inseguito la strada della crescita e dello sviluppo attraverso acquisizioni esterne, rivelatisi difficoltose da sostenere anche a causa della crisi, dovrà tornare a diventare la cantina sociale che ha lavorato molto bene nella valorizzazione del proprio territorio.
In generale, le cantine così migliorate dal punto di vista finanziario e riorganizzate secondo criteri di maggiore efficienza, insieme al loro consorzio, dovranno avviare la valorizzazione delle qualità specifiche delle zone migliori e dei vitigni autoctoni con i propri marchi.
Questa è la sintesi della bozza delle linee strategiche individuate dallo studio che ora dovrà essere sottoposto all’esame delle cantine e dei soggetti interessati. Nei prossimi giorni è previsto un primo incontro con le cantine sociali.
grazie