I trend di mercato secondo Enrico Finzi di Astra Ricerche è chiaro: per il futuro il vino avrà meno operatori e più qualità. Oggi il 58% degli Italiani pensa che la situazione non tornerà più come prima e sta ridimensionando i suoi bisogni ma anche i suoi sogni. C’è una sempre più crescente idiosincrasia verso il marketing, verso la retorica delle retroetichette e l’aulicità di sommelier, enotecari e ristoratori nel parlare di vino. Più arrosto e meno fumo, insomma, consiglia Finzi. Altro trend interessantissimo: il bio è in contrazione perché ci sono troppi prodotti bio. Tutti bio, significa nessuno bio, ovvero i prodotti stanno perdendo credibilità verso il consumatore che non riconosce più la grande differenza tra bio e non bio e non è più disposto a pagarne il prezzo richiesto. In ultimo, il profumo sarà uno dei requisiti del futuro del vino, parola di Finzi.
«È indubbia – fa sapere il sociologo – la discesa dei consumi e a uno spostamento verso il basso, verso prezzi più bassi, non verso i prezzi bassi. Ci sono fenomeni di ritiro dal consumo, e una tendenza ad andare verso prodotti più convenienti. Molti prodotti di qualità sono stati venduti a prezzi esorbitanti secondo il consumatore, che ritiene che quei prodotti possano essere venduti a prezzi inferiori. Sta quasi riducendosi a zero il vecchio fenomeno che a prezzo più alto c’è più appetibilità verso le fasce alte del mercato: oggi non è più così. Una parte del Paese, invece, è obbligata a bere peggio pur di bere. Ma questo non significa che non ci sia una forte enfasi sulla qualità del prodotto».
Less but better? Non solo, soprattutto chi sta facendo prodotti di grande qualità a prezzi friendly, magari piccoli produttori senza tanti investimenti di marketing, con cantine ed etichette poco conosciuti, si prepari, sta venendo il suo momento.
Sono in Franciacorta, a Ca’ del Bosco, dove Maurizio Zanella oggi ha raccolto tanti grandi nomi per parlare del futuro del vino di qualità, sperando che il governo, dopo questo, pensi agli Stati Generali del Vino italiano.
Antonello Maietta, presidente AIS, fa qualche riflessione sul mercato: «Il messaggio della cultura del vino in 50 anni lo abbiamo lanciato, ma ora bisogna andare oltre. Da 30 anni a questa parte il consumatore medio è diventato più preparato ed esigente. Il cliente non è fidelizzato più su un prodotto, c’è più curiosità, più voglia di scoprire sempre cose nuove. A mezzanotte di oggi entrerà in vigore l’art 62 di una legge di gennaio che stabilisce che le cose che uno compra le debba pagare, a 30 giorni se degradabili, se non degradabili a 60 giorni: pertanto questo porterà a un cambiamento di mercato epocale. Forse nascerà una distribuzione indipendente che in Italia manca?».
Come fare comunicazione sul vino di qualità? Ian D’Agata di International Wine Cellar, ammonisce: «Credo che la critica debba essere aperta alle innovazioni ma non cavalcare in maniera cieca una moda. Non si può ergere a scienza universale una sola metodica». Franco Maria Ricci di Bibenda: «La gente nell’ambito del vino di qualità è poca: in Italia solo 5 milioni di persone conoscono il vino. Come raccontare il vino a chi non è così acculturato? A partire dall’etichetta, che deve essere accattivante, davanti e dietro e nei suoi contenuti. Inoltre, c’è bisogno di una squadra Italia che lavori insieme per promuovere la cultura del vino». Marco Sabellico, curatore guida I vini d’Italia del Gambero Rosso: «Sposterei l’attenzione alla sostenibilità, che credo sia la cosa più importante per il consumatore, ma che significa anche far parlare il terroir e fare vini più buoni. Ma il vino non si può incasellare solo tra vino buono o no, il mondo è bello perché è vario». [!?] Enzo Vizzari, direttore guide de L’Espresso: «Io amo parlare come consumatore attento, che poi io eserciti anche una professione legata alla critica è un altro discorso. Credo fortemente che esistano degli spazi crescenti di affermazione in tutto il mondo del vino di qualità, dopo che ci siamo intesi su cosa sia il vino di qualità, che per me è quello che bevendolo mi dà un’emozione positiva. Io ho applicato da sempre il concetto inscindibile di buono&sano. E’ vero anche che bisogna ripensare alla grammatica della degustazione. Ci sono anche elementi fortemente legati alla soggettività. Le guide non devono cadere nel tranello di sposare le mode. Per la persona normale non parla l’etichetta, parla solo il bicchiere, c’è il vino che piace e quello che non piace. Bio o non bio, l’importante che il vino dia emozioni positive. Non mi emoziona più di tanto nemmeno il concetto di vino autoctono, ma se devo parlare a un consumatore io devo raccontare come è quel vino, al di là della connotazione territoriale». I produttori si scagliano e un po’ sbeffeggiano i critici sul palco, additati di premiare gusti e stili discutibili (Vizzari si infiamma)… Basterebbe non dare più così tanta importanza – non me ne vogliano i colleghi – a queste guide. A mio avviso la vera questione è un’altra: la critica enologica o gastronomica così come è oggi ha ancora senso?
Marco Baccaglio de I Numeri del vino, fa un intervento per la categoria blogger decisamente interessante: «Volevo focalizzarmi sui numeri, ovviamente. Nel 2011 la viticoltura biologica è l’8% in Italia, inoltre per una serie di ragioni forse anche climatiche non tutte le regioni possono adottare la viticoltura biologica e ho la sensazione che il nord siano tutti attorno al 3-4% perché questo fenomeno è stato cavalcato da chi un po’ peccava di qualità, quindi al sud. Non mi pare che ci sia una vera e propria consapevolezza del vino biologico di qualità, ovvero il consumatore non è disposto a pagare prezzi più alti. Il tema dei solfiti certo diventa sempre più importante, per questioni allergiche. Per quanto riguarda la qualità, è un’opportunità ma anche un obbligo per il vino italiano, guardando però non solo al prodotto ma anche al marketing e al marchio. Se il mondo del vino italiano non si muove verso la qualità farà la fine dell’industria automobilistica. Il prodotto vino deve essere venduto con tante altre cose intorno..».
Luciano Ferraro, del Corriere della Sera, ribadisce una certezza, una cosa che dovrebbe essere ovvia: «Dobbiamo puntare a informare pensando al pubblico vasto, di non addetti ai lavori. Troppo spesso parlare con un linguaggio da iniziati allontana i lettori. Meno analisi sensoriali e più storie, per il vino». Andrea Scanzi, scrittore e giornalista: «Comunicazione, naturalità e qualità è il futuro del vino. Qualità significa non avere difetti, deve raccontare il territorio ma anche chi lo fa». Serena Sutcliffe, di Sotheby’s International Wine Department.
Per me, che da molti anni ribadisco certi concetti, oggi come ieri resta quello che ho scritto in Sex and the wine:
Un bicchiere di rosso, bianco o bollicine non è solo un piacere, ma anche un modo di esprimersi, alla stessa stregua di un vestito, un rossetto, uno smalto, un paio di scarpe. Un giorno hai voglia di un trucco acqua e sapone, di stare jeans e t-shirt e di bere un Sauvignon Blanc del Sudafrica. Un altro giorno ti svegli che ti senti una femme fatale e, insieme alle tue Gucci da capogiro, hai voglia anche di un aperitivo glamour a base di Laurent-Perrier. Il vino è sensualità, malizia, ma anche una serata tra amiche oppure da sole a casa in compagnia di un buon libro o di una puntata di Sex and the city. Perché il vino ha lo stesso valore di una canzone, di una candela accesa, di una poesia, di quella lingerie comperata apposta per il primo appuntamento, della goccia di profumo messa maliziosamente sul collo. Ecco, è questo il vino che vogliono le donne. Quello che sappia raccontare una storia, sua o tua non importa. L’importante è che sia vera e piena di passione.
E come al solito, una sola donna sul palco (la Sutcliffe) e solo una – hostess a parte – in platea (io).
Questo articolo l’ho letto e riletto e devo confessanti che lo trovo fantastico, addirittura prezioso. Mi riferisco a quando si parla di … speranza “che il governo, dopo questo, pensi agli Stati Generali del Vino italiano.” Il finale poi tocca un argomento “delicato” e cioè la solitudine talvolta di chi beve, ma non in senso melanconico, perchè nella vita di coppia puó capitare, come con gli amici, che qualcuno non beva o non possa bere. E allora mi chiedo perchè i produttori di vino non introducono sul mercato una bottiglia di contenuto inferire ai 7/10? Non sarebbe più accattivante una confezione più piccola da bersi da soli o in compagnia?
La Signora, ovviamente, gli ha sotterrati tutti.
Ovviamente.
Li ha….