Nella località alpina più stellata d’Italia si può addirittura arrivare a mangiare un vaso di fiori

Madonna di Campiglio è, con l’uscita della guida Michelin 2014, la località alpina più stellata d’Italia. Sono tre infatti i ristoranti che oggi hanno agguantato l’ambita Stella: l’ultimo in ordine di tempo ad essere stato insignito è il Dolomieu del DV Chalet, guidato dal trentunenne romagnolo Enrico Croatti. L’anno scorso era stata la volta di Vinicio Tenni del Gallo Cedrone, taverna dell’hotel Bertelli, il decano del gruppo visto che sta per spegnere sessanta candeline, venti delle quali trascorse nell’albergo dove oggi può fregiarsi del riconoscimento della Rossa più desiderata del mondo. A portare per la prima volta la Stella a Madonna di Campiglio è stato però la Stube Hermitage, del Bio hotel Hermitage: era il 2009 e ai fornelli c’era l’impetuoso Paolo Cappuccio, napoletano nel cuore e del piatto, mentre oggi c’è Nicola Laera, temperamento nordico e pragmatico, per nove anni nella squadra di Norbert Niederkofler al st. Hubertus di san Cassiano.

Le esperienze da fare in questo paradiso ad alta quota per gourmet disposti a scalare i graniti dolomitici pur di scoprire nuove ferrate gourmand, devono iniziare al Gallo Cedrone: la cucina di Tenni è solida e saggia, rassicurante; l’ambiente è strepitoso come la carta dei vini con 800 etichette e, da questa stagione invernale, con la collezione completa di Dom Perignon, visto che il locale è diventato il 13mo depositario italiano della famosa Maison francese. Nella sigar Room, poi, potrete accedere all’incredibile collezione di sigari e distillati del patron Marco Masè.

Seconda tappa, la Stube hermitage, dove il 31enne Laera sfoggia virtuosismi preziosi, tra zuppe di champagne, risotti alle erbe di montagna impreziosite con astice bretone, e uno straordinario gelato al wasabi creato dal pasticcere Fabrizio Apruzzese.

Terza tappa, per seguire un percorso che ci condurrà sempre più in alto sulle vette della creatività, il Dolomieu. Lo chef Enrico Croatti ha 31 anni, è di Rimini, e forse è colpa del mare che fa guardare lontano se ha l’animo che lo ha sempre portato ad amare i viaggi (nel piatto e nella vita): a Los Angeles da Gino Angelini, a Lione da Paul Boucuse e dal suo allievo Davy Tissot; a san Sebastian da Pedro Subiana del ristorante Akellare. Il suo animo di tempeste e ritorni nel 2014 lo porterà ancora più lontano verso est, per scoprire i segreti di una cultura sempre più amata. Genio e caparbietà, unite a una buona dose di sensualità, a umiltà e tradizione fanno uscire dalle sue mani piatti generosi di gusto e di emozioni, come il diversamente gulasch, esteticamente minimal, ricchissimo di sapori e significati. Ma la fantasia di Enrico corre veloce, e arriva a farti mangiare un vaso di fiori. La terra di fegatini, il concime di cioccolato, un fiore edulo come una freccia di cupido pronto a farti innamorare e a regalarti la voglia di abbandonarti tra le braccia di qualsiasi brivido culinario che il generoso Enrico voglia proporti. Preparatevi a un bungee jumping di tradizione e intelligente innovazione, fatta con educazione e rispetto, ma mossa dallo sciabordare della passione.

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