Luigi Cremona: «Chiunque può cucinare, ma…»

Luigi Cremona e GG

Una goccia di Coco Chanel («Spesso togliere è meglio che aggiungere»), un pizzico di Giorgio Armani («Eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare») e una presa di Jean Anthelme Brillat-Savarin («Quelli che si ingozzano o che si ubriacano non sanno né bere né mangiare»). Prende forma da questi ingredienti la filosofia culinaria, che poi è anche di vita, di uno dei critici gastronomici più amati d’Italia, Luigi Cremona. Un curriculum sterminato, impossibile da ripercorrere tutto intero in poche righe (ma merita ricordare che dal 1995 è consulente per la ristorazione e l’ informazione alberghiera del  Touring Club d’ Italia e, in particolare, per la Guida degli alberghi e dei ristoranti, mentre dal 2006 è curatore, con Mario Busso, della Guida ai Vini Buoni d’Italia edita da Touring Editore), premio “Penna d’oro” nel 1997 e “Oscar del vino” come miglior giornalista enogastronomico nel 2007, Cremona è un talent scout dei fornelli e viaggia in lungo e in largo per l’Italia a caccia di giovani talenti per il suo concorso “Miglior Chef emergente d’Italia”: difficile che qualcuno passato tra le maglie di questa competizione non diventi poi un nome noto del panorama culinario nazionale. Tanto che, davanti o dietro le telecamere, da anni collabora anche per il famoso programma di RaiUno La prova del cuoco e, da uomo «estremamente tollerante», come ama definirsi, non punta il dito nemmeno contro Benedetta Parodi e il suo “Cotto e Mangiato”: «D’istinto, alla Parodi mi viene da preferire una cucina più evoluta, ma non bisogna demonizzare. Può capitare a tutti di cucinare con un buon surgelato o con le scatolette, l’importante è saperle scegliere e soprattutto cercare di utilizzare per lo più il prodotto fresco». Insomma, è proprio vero quello che diceva Auguste Gusteau, il famoso ed eccentrico chef francese idolo del topolino Remy nel film Ratatouille: «Chiunque può cucinare».

Guide, articoli, blog (www.porzionicremona.it), ma anche televisione: La prova del cuoco, attinge a piene mani dagli chef emergenti che tu individui per il tuo ormai famoso concorso, così come ha fatto anche la produzione de La notte degli chef, tre puntate in onda lo scorso giugno e condotte da Alfonso Signorini in prima serata su Canale 5. Insomma, il tuo è un incubatore di talenti a cui fanno riferimento tante altre realtà, ma della cucina in tv cosa ne pensi?

(Sorride) Ne penso il bene e il male. Se oggi ci sono tanti ragazzi che si avvicinano ai fornelli è anche per tutto questo cucinare in televisione e l’idea che fare lo chef possa essere una buona via per la notorietà. Credo che anche la grande crescita della cucina italiana e il lato chef  siano dovuti alla tv, che ha dato largo spazio a questa professionalità. Purtroppo, però, come in tutte le cose il troppo stroppia e ora credo che siamo arrivati quasi a un’esagerazione. Mi auguro che si riesca a trovare il giusto equilibrio e soprattutto che le telecamere vengano puntate anche sulle professionalità che stanno in sala, perché oggi non c’è quasi più nessuno che serve bene un piatto al tavolo e forse un po’ di attenzione del piccolo schermo potrebbe riportare in auge anche questo mestiere così importante e prezioso.

Quali sono le ultime tendenze tra i fornelli?

Di tutto e di più. Le mode un po’ ci sono davvero, un po’ vengono create ad hoc da noi giornalisti perché è il nostro mestiere. Sicuramente, di cucina molecolare non se ne parla più così tanto, a favore del trend del ritorno alla semplicità che, a mio avviso e all’atto pratico, non è un ritorno ma l’ennesima conferma: da sempre molti clienti cercano piatti poco complicati e più riconoscibili…

Ma allora qual è la cucina che funziona di più?

Difficile rispondere. Per fortuna ci sono poche regole in cucina ed è questo che mi affascina. Il bello della ristorazione è proprio che ogni chef ha il suo stile, i menu del nord sono differenti da quelli del sud, gli stessi locali hanno ambienti molto diversi l’uno dall’altro, senza omologazioni di sorta. Se ci fossero dei canoni precisi da seguire, mangeremo tutti le stesse cose e da questo Dio ce ne scampi, ma certo a molti piacerebbe che ci fosse una strada maestra per il successo da seguire… Ma purtroppo e per fortuna non c’è.  Però, di certo, la cucina si fa con il buonsenso.

La cultura gastronomica, in Italia, a che punto è?

Sono un ottimista e, oggettivamente parlando, credo che le cose vadano meglio e che ci sia un’evoluzione positiva: trovo sempre più cuochi che cucinano bene, in modo sempre più diffuso sul territorio, ed è in aumento la clientela che ne capisce di mangiare. Insomma, la cultura culinaria in generale sta crescendo.

Da qualche tempo si fa un gran parlare di vino senza alcol – che già si trova sugli scaffali dei supermarket americani – sia per il problema dei severi alcoltest, sia per ragioni salutistiche. Anche in cucina sta crescendo sempre di più l’attenzione verso piatti più leggeri e salutari?

Sono una persona estremamente tollerante, ma ritengo che il vino sia vino e finché lo chiameremo con questo nome dovrebbe mantenere certe caratteristiche. Il mercato del beverage è pieno di bevande senza alcol… Piuttosto, ritengo sia giusto promuovere un consumo inferiore di vino a favore di una maggiore qualità. Insomma, bere meno ma meglio. Per quanto riguarda la cucina, credo che se da un lato il cuoco debba divertirsi tra i fornelli con le preparazioni che più gli piacciono, dall’altro sia imprescindibile il rispetto verso il suo cliente: non è possibile affrontare menu che non finiscono più e piatti stracolmi di calorie, come invece spesso accade in certe serate a tema o a molte cene di gala.  Anche qui, meglio poco, ma buono.

Il segreto per una cucina che non si dimentica?

Io vedo tanti giovani cuochi che pensano di fare bella figura con piatti sempre più complicati e pieni di ingredienti: il piatto che più ti ricordi, invece, è fatto con pochi ingredienti ma con una forza e una personalità unica. Certo, le ricette essenziali sono le più difficili da fare, ma questo è il mio consiglio per i giovani chef, che vale anche per i menu: meglio fare poche cose fatte bene, che lunghe liste di vivande imperfette.

(mia intervista su A Tavola agosto 2011)

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Commenti

    • Cristian
    • 17 Novembre 2011

    Ciao francesca noi abbiamo partecipato all’emergente nord 2012 piemonte tajut san mauro ci metti delle foto dell’evento?! Ti ringrazio molto sei carinissima a preato

    • Geisha Gourmet
    • 18 Novembre 2011

    Mauro per favore mandamele!

    • Cristian
    • 18 Novembre 2011

    Grazie!!!!

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