Lorenzo Righi: dall’Amarone al Balsamico di Modena, l’uomo che sfida il tempo

Forse nemmeno lui ci ha mai pensato, ma nella vita di Lorenzo Righi c’è un comune denominatore molto chiaro: i lunghi affinamenti, o la sfida con il tempo, chiamatela come volete. Il direttore di Club Excellence, il club dei distributori e importatori nazionali di vino, è anche alla guida di Champagne Experience, il più grande evento italiano dedicato allo Champagne ed è il responsabile commerciale di Romano Dal Forno, uno degli dei dell’Olimpo dell’Amarone. La sosta sui lieviti per anni, per lo Champagne, rappresenta uno dei segreti della sua qualità; l’affinamento dell’Amarone della Valpolicella, secondo il nuovo disciplinare varato a inizio 2020, deve essere almeno di 4 anni. E poi c’è l’aceto Balsamico Tradizionale di Modena, di cui Righi è produttore per tradizione di famiglia: in questo  caso la sfida con il tempo raggiunge l’esasperazione. «Produciamo aceto Balsamico Tradizionale Dop e aceto Balsamico di Modena Igp per tradizione e vocazione familiare – spiega Righi – seguendo scrupolosamente l’antica ricetta, ufficializzata nel Disciplinare di produzione della Denominazione di origine protetta (maggio 2000), e che ci deriva dalla storia secolare dal prodotto, quando infatti già nell’800 l’avvocato Agazzotti stilò il primo disciplinare di produzione, tutt’ora rimasto immutato. Sono rari i prodotti che si possono permettere di riposare anni prima di essere consumati: l’aceto balsamico tradizionale è uno di questi. Un tempo così lungo gli è necessario per raggiungere la perfezione, per riportare fedelmente il gusto dei vari legni dove, anno dopo anno, riposa. Questo antico metodo produttivo viene ancora oggi utilizzato dagli artigiani locali che “rincalzano” con il mosto cotto di uve della provincia le botti di legno pregiato poste nei sottotetti delle loro abitazioni».

Quando ero bambino amava “pucciare” le dita dentro le diverse botti per gustare il sapore dei balsamici, che anno dopo anno si affinavano sempre più, cambiando gusto in continuazione. «Sono cresciuto con questi profumi – spiega Righi – per cui è stato tanto facile quanto naturale per me seguire e implementare le orme di mio padre, che ha fondato la nostra acetaia negli anni ‘50, raccogliendo alcune botticelle di alcuni parenti ormai anziani: iniziò così la sua piccolissima produzione, ottenuta da una quindicina di botticelle». Oggi La Secchia conta su oltre 600 botti per la produzione di Balsamico Tradizionale Dop e un centinaio di barrique dedicate alla produzione di aceto balsamico di Modena Igp, è ancora una attività produttiva artigianale, seppur di altissimo livello, e vende in suo preziosi aceti in Italia in Canada, Brasile, Taiwan, Francia, Danimarca, Germania, UK, Svizzera.

L’aceto Balsamico Tradizionale Dop è un prodotto prezioso, quasi mistico, i cui processi produttivi sono stati avvolti per anni nel mistero e nel buio delle soffitte familiari. Le acetaie un tempo erano collocate nei “tasèl”, nome con cui  in dialetto emiliano vengono chiamate le soffitte, una collocazione ideale per la produzione del Balsamico, grazie alle escursioni termiche, tra le stagioni e tra le ore notturne e diurne, che in esse avvenivano, indispensabili per il corretto sviluppo delle caratteristiche del prodotto. Le acetaie – ossia l’insieme di botti di vari legni pregiati di diversa grandezza che servono ad affinare il mosto anche per 25 anni – si tramandano di padre in figlio. Non era difficile ritrovarle nei palazzi cittadini o nelle ville di campagna di famiglie aristocratiche e borghesi  particolarmente agiate, le uniche a potersi permettere questo lusso. A partire dal XIX secolo sono andate diffondendosi anche negli strati sociali meno abbienti e se ne trovano ovunque nei territori tradizionalmente vocati alla produzione.

Oggi, l’aceto Balsamico Tradizionale di Modena, dopo un severo esame della Commissione di esperti degustatori del Consorzio tutela aceto Balsamico Tradizionale di Modena, è imbottigliato nella inconfondibile bottiglia da 100 ml progettata da Giugiaro design ed è disponibile in due sole tipologie: invecchiato almeno 12 anni ed invecchiato almeno 25 anni.

L’aceto Balsamico Tradizionale Dop di Modena non ha nulla a che fare con quello che l’aceto Balsamico di Modena Igp che si trova al supermercato. «L’aceto Balsamico Tradizionale Dop è il vero prodotto della tradizione, il cui procedimento produttivo segue un’antica ricetta che prevede l’utilizzo di solo mosto cotto invecchiato in botti di piccole dimensioni per un minimo di 12 anni, fino a oltre 25. L’aceto Balsamico di Modena IGP, è il fratello che definirei “meno nobile”, che si basa su una miscela di aceto di vino e mosto cotto, invecchiato per un minimo di 60 giorni. È ovvio che, considerate le differenze produttive, il risultato qualitativo sia assolutamente incomparabile, seppur i due prodotti possano coesistere commercialmente parlando, in quanto occupano settori diversi del mercato. Mentre il Tradizionale Dop ha una identità produttiva di altissimo livello, l’Igp è spesso concepito come un mero prodotto industriale a base sostanzialmente di aceto di vino addizionato di numerosi additivi per “ingentilirlo”. Pertanto una piccola azienda come la mia ha cercato di produrre un Igp molto rigoroso, nel quale si evitino totalmente i prodotti chimici e gli additivi e si effettui un reale invecchiamento in legno».

La tradizione di questo prodotto famoso in tutto il mondo, nasce nel Medioevo: «A quel tempo – spiega Righi – c’era un grande uso di aceto di vino, che veniva aromatizzato in vari modi per ammorbidirlo, ad esempio aggiungendo petali di rosa, oppure foglie di alloro e rosmarino. A un certo punto nasce un prodotto chiamato “aceto alla modenese”, il quale si differenziava da tutti gli altri per la gentilezza, l’eleganza, e la complessità, era appunto il progenitore dell’aceto balsamico tradizionale DOP, totalmente diverso dagli altri in quanto invece di essere prodotto dall’aceto di Vino, era ottenuto dalla fermentazione acetica del Mosto Cotto. Questo prodotto divenne nei secoli sempre più famoso, e oggetto dei regali del duca di Modena, ai regnanti europei».

«Nella mia acetaia è bandito infatti l’utilizzo di qualsiasi prodotto chimico: caramello, coloranti, sostanze aromatizzanti, solfiti, gomma arabica, ossia tutti quei prodotti che vengono largamente utilizzati per far sembrare “buono” un prodotto meramente industriale. Io uso solo 4 ingredienti: mosto cotto, aceto di vino (solo per l’Igp), legno e tempo. Ho cercato di realizzare cuvée diverse, partendo da mosti diversi, affinati in legni diversi, per tempi diversi, questo perchè ogni piatto deve avere il suo aceto, con aromaticità, densità, e persistenze specifiche». Una curiosità, il nome La Secchia deriva da uno storico poema del Tassoni (La secciha rapita) che parla di una battaglia tra Modena e Bologna durante la quale i modenesi conquistarono questa secchia, a testimonianza della loro vittoria, tuttora custodita nella torre campanaria di Modena.

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