Lorenzo Pacenti, istinto e cuore a Montalcino

Lorenzo Pacenti mangia pepe a colazione. È giovane (classe 1990), innamorato della sua terra e anche della vita. «La passione per l’agricoltura e il vino è innata – racconta – ho vissuto nel nostro podere fin da piccolo, ogni occasione era buona per seguire mio padre e mio nonno nei lavori che facevano. Nessuno mi ha costretto a intraprendere determinate scelte, la mia è una decisione di istinto e di cuore».

Il fondatore della cantina Franco Pacenti è Rosildo, padre di Franco e nonno di Lorenzo: fu lui, nel 1962, ad acquistare il Podere Canalicchio, la rivincita del mezzadro che riesce a diventare proprietario. Un sogno che si corona, e fin da subito Rosildo inizia a mettere in bottiglia il suo vino. «Per 25 anni c’era un’unica azienda – racconta Lorenzo – di proprietà di mio nonno Rosildo e dei suoi due fratelli, si chiamava Canalicchio di Sopra. Nel 1988 le famiglie si allargano con i primi nipoti, siamo vicini al boom del Brunello, così mio nonno e mio zio decidono di dividersi». Rosildo affida al figlio Franco la conduzione del podere, fino all’arrivo di Lorenzo, che dopo il diploma di Agraria si iscrive al corso triennale di viticoltura ed enologia alla Facoltà di Agraria di Firenze: «Nel 2012 finisco i corsi e mancano pochi esami, rientro a Montalcino e mi butto a capofitto nel lavoro in cantina e nel 2015 entro a pieno titolo in azienda. Ma la laurea non l’ho ancora presa». Un inserimento in azienda non facile: «Mio padre è un viticoltore di vecchio stampo, difficile fargli fare dei cambiamenti. Ora gestisco sia vigneto sia cantina, con il supporto di mio padre, anche se lui preferisce stare in vigna». Anche il nome dell’azienda è cambiato con l’avvento di Lorenzo, passando da Canalicchio a Franco Pacenti. «Noi non ci siamo mai sentiti arrivati – prosegue il giovane Pacenti – ho cercato di improntare la nostra azienda sempre di più verso la qualità, anche avvalendoci di strumenti tecnologicamente avanzati come le capannine meteo che ci consentono una gestione smart del vigneto. Vogliamo fare sempre meglio, migliorarci anno dopo anno e garantire una qualità alta anche nelle annate con andamento climatico irregolare». Come? Ad esempio, abbassando le rese drasticamente, sotto i limiti concessi dal disciplinare, che per il Brunello di Montalcino sono di 80 quintali per ettaro, mentre Franco e Lorenzo si limitano a 65 quintali.

L’azienda si estende su una superficie di 36 ettari di cui 10 a vigneto: qui viene coltivato esclusivamente Sangiovese allevato a cordone speronato, le bottiglie prodotte annualmente sono circa 40mila, il 95% dei vigneti è iscritto a Brunello di Montalcino di cui ne sono prodotte 25mila bottiglie, 10mila sono di Rosso di Montalcino,  nelle annate eccezionali, ci sono anche 5mila bottiglie di Riserva, mentre «da quest’anno abbiamo rilasciato un rosso molto particolare, Gemma, dedicato alla mia nipotina, e il cru Rosildo (solo 1.000 bottiglie), ultimo vigneto impiantato da mio nonno nel 1999, annata 2015, prima annata ufficiale in cantina». A supportare l’attività aziendale ci sono anche le sorelle Lisa e Serena, che curano rispettivamente la parte commerciale e l’accoglienza. E una curiosità: le origini della famiglia Piacenti, trasformata poi in Pacenti, risalgono al 1300. Muccio Piacenti, nonno materno di Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e d’Europa, fu tra i poeti più popolari e noti del suo tempo.

Brunello di Montalcino ROSILDO Docg

DON’T DRINKIT  NOW!!! Questa è l’unica raccomandazione che vi faccio, per il resto, è un Brunello di Montalcino che vi darà grandi soddisfsazioni… ma tra almeno 5 anni. Ha stoffa, personalità, che si dipanano tra note di frutti di bosco, pepe nero, un pizzico di tabacco.

Una selezione di Brunello dedicata a Rosildo Pacenti, pioniere dell’azienda di famiglia, che ha sempre creduto fortemente nel potenziale dei vigneti di queste terre.

Frutto di un paziente invecchiamento in botti di rovere francese da 10 ettolitri, “Rosildo” è un vino icona per la famiglia Pacenti. Le uve infatti provengono dalla Vigna della Creta, un vigneto impiantato proprio da Rosildo Pacenti, che prende il nome dal terreno argilloso in cui cresce e con caratteristiche pedoclimatiche uniche. “Rosildo” è quindi identità di un territorio, dna di una famiglia, ma allo stesso tempo richiama il passaggio di testimone avvenuto tra le tre generazioni dei Pacenti. Le sue uve provengono infatti dall’ultimo vigneto impiantato dal nonno e la prima annata in cui è stato prodotto, il 2015, coincide con la prima vendemmia ufficiale di Lorenzo Pacenti. Un ponte tra generazioni dunque con uno sguardo proiettato al futuro di questa azienda che sta scrivendo, consapevole e forte della sua rinnovata identità, una nuova storia di cui questo vino ne è massima espressione.

Rosildo è un racconto anche nell’etichetta. Evocativa la scelta dell’impronta lasciata dal pollice della mano di Lorenzo che da un lato richiama alla mente la traccia indissolubile che nonno Rosildo ha lasciato per primo e che ora ha ereditato la terza generazione a sigillo di quanto è stato fatto nel passato, e dall’altro rimanda al susseguirsi dei filari da cui questo stesso vino nasce. Un vino che sa di storia dunque, di presente e con un lungo finale verso il futuro.

 

 

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