L'inserto sul TrentoDoc «un vino da non bere con l'amante» e la lettera anonima

Cari Amici, venerdì scorso nella mia cassetta delle lettere è arrivata una lettera anonima. Non è mai piacevole sapere che “gli altri” sanno dove vivi e magari anche i tuoi orari ed i tuoi spostamenti… Prima di riportarvela, vorrei ricordare a chi l’ha scritta che la mia professione e serietà avrebbe garantito l’anonimato in ogni caso: bastava specificarlo, seppur identificandosi. Le scuse – per non firmarsi – non sono sufficienti.

Ecco la lettera: Gentile Signora Francesca Negri, sono un ristoratore trentino e purtroppo, anche se non è cosa corretta, devo mantenere l’anonimato in questa mia lettera perché esponendomi rischio sicuramente difficoltà di rapporti con l’ente pubblico ed il sistema trentino in genere… Sono venuto da qualche giorno a conoscenza tramite i miei colleghi, coinvolti da Trentino spa direttamente, dell’imminente pubblicazione di un inserto, pagato proprio da Trentino spa, che sarà pubblicato con il giornale l’Adige, e che dovrebbe servire  per promuovere lo spumante TrentoDoc. Nulla di male nè per l’inserto, nè per il mezzo scelto, contesto invece la scelta di promuovere con soldi pubblici una dozzina di singoli ristoranti e ristoratori, facendo così promozione diretta dei loro locali in tutto il Trentino. Sarebbe interessante infatti capire chi ha scelto e perché un ristorante piuttosto che un altro e come si può giustificare una spesa di soldi pubblici (che quindi dovrebbero servire alla promozione di tutti) usati per promuovere pochi (amici…), in maniera, ripeto, diretta, creando una palese ingiustizia nei confronti di tutti gli altri ristoratori non inseriti nell’inserto promozionale…!! Le ho scritto, pur non conoscendola personalmente, perché ho sempre apprezzato nei suoi articoli la correttezza ed il coraggio anche di criticare i poteri forti, di metter in evidenza gravi mancanze ed irregolarità, ed anche perché mi pare di capire che il suo lavoro si concentri specificatamente sul tema dell’enogastronomia…tema appunto di questo “problema” ed inserto… La ringrazio vivamente se vorrà cercare di dare seguito a questa mia lettera, e mi scusi ancora per l’anonimato.

Sapevo da tempo di questo inserto, perché ha coinvolto persone che conosco bene, e attendevo con curiosità di vederlo. Quando venerdì ho ricevuto la lettera, ero in partenza per Roma per lavoro e l’inserto sarebbe uscito il giorno dopo, sabato 19 giugno. Oggi, rimpatriata a Trento, l’ho guardato per bene ed eccomi qui con qualche commento, che non potevo fare prima di aver visto l’additata pubblicità.

I ristoratori e non presenti nell’inserto sono stati contattati a fine maggio a loro insaputa ed è stata richiesta loro la possibilità di prendere parte allo shooting fotografico e a rendersi disponibili per un’intervista su un modo nuovo di bere il TrentoDoc, quella che poi si legge nell’inserto. Personalmente, ho grosse perplessità in merito a questa spesa pubblicitaria che sicuramente è costata svariate migliaia di euro: è giusto promuovere il consumo del vino, TrentoDoc e non, a livello interno, cioè nella regione in cui quel vino viene prodotto, ma allora, soprattutto per le bollicine, bisognerebbe partire con una promozione sui locali da aperitivo. Prendiamo Trento. In quanti bar del centro trovate il TrentoDoc? O forse è più facile trovare il Prosecco e, semmai, il Franciacorta, che è ritenuto unanimemente più glamour? Allora, se non si parte da loro, dagli esercizi pubblici, che sono i primi a “divulgare” il consumo delle bollicine, che senso ha? Ovviamente, non sarà un inserto a sensibilizzarli. Quanto al grande pubblico, mi chiedo se sarà invogliato a consumare TrentoDoc perchè Marco Masè del Gallo Cedrone di Campiglio consiglia di farlo durante un pic nic, Roberto Anesi del El Pael di Canazei lo vuole “a sorpresa” magari con un piatto di selvaggina (a proposito, c’è il suo nome, ma la foto è del fratello), Sergio Rossi del Fuciade di Passo San Pellegrino dice che è parente stretto della montagna, oppure la brava Rosaria Benedetti dell’enoteca Stappomatto di Rovereto afferma sicura che ogni momento della giornata è giusto per un calice di spumante metodo classico trentino.

Se le bollicine devono essere glamour, io in questo inserto il cosiddetto “scintillio” non lo vedo. C’è chi mi potrebbe dire che è una scelta, ma io non la condivido. Vorrei riportarvi una frase che per me è diventata un must, uscita dalla bocca di un sommelier qualche tempo fa, mentre eravamo al telefono a fare dissertazioni enologico-culturali: «Ho deciso definitivamente che il TrentoDoc non è un vino da bere con l’amante», mi disse. Credo che mai parole spese per il TrentoDoc siano state più chiare.

C’è chi mi dice che questo inserto avrebbe avuto senso fuori regione. Io dico di no. Perché alla sciura lombarda od a quella romana, non credo importino molto i suggerimenti dei nostri testimonial, simpatici eh, nella foto di copertina dell’inserto, ma tutto tranne che trendy. Alla sciura, piuttosto, farebbe effetto vedere che la Canalis, magari con George Clooney (a proposito, che fine hanno fatto, non se ne sente più parlare!), brinda a TrentoDoc, oppure che la Belen si distrae dai tatuaggi di Corona con una bella bottiglia di TrentoDoc. Oppure, senza andare lontano, guardare in casa nostra e chiedere a qui pochi vip che abbiamo di fare da testimonial: Francesca Neri, Adriana Volpe, magari anche Claudia Andreatti Miss Italia 2006… E guardate che non sono mica solo io a dirlo, ma persone molto più accreditate di me. Qualche tempo fa ho intervistato Andrea Rea, professore di brand management all’Università “Sapienza” di Roma, senior professor di marketing presso la Sda Bocconi dove è responsabile dell’Osservatorio marketing del vino e coordinatore del programma “Fine Food & Beverage”, il quale aveva dichiarato: «Non si intravede un progetto forte di brand trentino, un tema univoco da seguire e che è l’unica soluzione di marketing vincente. Mi spiego: fare brand oggi significa creare un ambiente, un mondo dove i consumatori si riconoscano e ricevano emozioni». Prendiamo Louis Vuitton, ad esempio: «La nota casa di borse – spiega Rea – da qualche anno insiste per il suo marchio solo sul tema del viaggio, tutta la sua comunicazione (pubblcità, eventi, sponsorizzazioni e product placement in produzioni cinematografiche) parla di viaggio. Questo è il suo concept di brand che porta avanti.  In Trentino, invece, vedo tante operazioni spot, tanti messaggi». Tutto sbagliato il marketing fatto fin’ora da Trentino Spa, che per il Trento Doc ha puntato molto su calcio e ciclismo (Giro d’Italia e Juventus, ad esempio) oppure sul concetto di bollicine di montagna? «Posso solo dire – osserva Rea – che il connubio vino territorio può funzionare, purchè si cerchi di sviluppare quegli elementi di differenziazione, di mettere in evidenza le specificità. Il brand degli spumanti, comunque, sicuramente deve essere contemporaneo, affabile, intrigante. Deve seguire mode, tendenze, codici. Se quello che va per la maggiore, che cattura il grande pubblico, è il glamour, il mondo delle star o il Grande Fratello, è lì che si deve puntare». Ovviamente questa mia intervista, finita sul Corriere del Trentino, aveva fatto storcere il naso a Trentino spa e Camera di Commercio, dichiaratisi stupiti di quanto affermato da Rea.

Quanto alla pubblicità fatta con i soldi pubblici ad un elite di ristoratori… Beh, certo tutti non potevano essere interpellati. Certo ci sono grandi assenti. Me ne viene in mente uno su tutti. All’Alpe di Folgaria: lo sapete che è uno dei locali che consuma più bollicine in Italia? Sicuramente, il nome e cognome dell’intervistato con l’indicazione del suo locale è una piccola pubblicità, ma, caro anonimo, pensi che sia davvero la cosa più grave di questo inserto? Personalmente credo che il criterio di scelta sia stato fatto, almeno per alcuni, sui loro meriti di promozione del TrentoDoc: penso ai già citati Roberto Anesi, miglior sommelier del Trentino e terzo miglior sommelier d’Italia, oppure a Marco Masè ideatore di Perlage, la prima kermesse italiana dedicata allo spumante metodo classico, oppure a Rosaria Benedetti, che nella sua enoteca di bollicine tiene solo quelle del TrentoDoc… Ma certo, al più presto chiederò comunque numi sul criterio di selezione di questi nomi, così fugheremo ogni dubbio.

Visto che tra i lettori di questo blog ci sono anche persone coinvolte in prima persona in questo inserto, le inviterei a dire la loro.

E se tra i lettori di questo blog c’è anche qualcuno che conosce l’anonimo che mi ha scritto (magari dandogli il mio indirizzo di casa), per favore, che gli riferisca che il mio contributo sul tema lo trova qui e non sul Corriere del Trentino perché su una pubblicità non posso scrivere articoli. Anche se sono quasi certa che l’anonimo sappia che ho questo blog… Mi piacerebbe confrontarmi con lui qui o di persona. Ma più di tutto, vorrei sentire la vostra.

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Commenti

    • marco
    • 22 Giugno 2010

    Buongiorno Geisha Gourmet !
    Visto che mi hai tirato in ballo e che sono tra i fortunati “prescelti” mi permetto un personale commento. In primo luogo, visto che lo strumento del blog offre a chiunque la possibilità di esprimere i propri pensieri senza che ciò comporti una qualche sorta di “ritorsione”, invito di cuore l’anonimo collega che ha sollevato il problema a partecipare al dibattito e magari a proporre qualche suggerimento sulla promozione del Trentodoc. In questi giorni nei quali, chi più chi meno, ci sentiamo tutti allenatori della Nazionale di calcio e siamo pronti a snocciolare i nomi di una formazione imbattibile, a consigliare tattiche e strategie di gioco, viene facile pensare che anche il Trentodoc sta vivendo forse un momento difficile, una crisi d’identità o magari non ha ancora deciso cosa vorrà fare da grande. E allora visto che ognuno sforna la propria personale ricetta, lo farò anch’io senza la pretesa che sia risolutiva. Gli attori sono tanti: produttori, ristoratori, baristi, enotecari, sommeliers, grossisti, rivenditori, giornalisti, consumatori, ecc… e sopra a tutti l’Ente pubblico che si occupa della promozione istituzionale attraverso vari (troppi ?) strumenti: Assessorati provinciali a turismo e agricoltura, Trentino spa, CCIAA, Apt locali, Progetto vino, Palazzo Roccabruna. E poi ancora Strade dei vini e dei sapori, movimento turismo del vino, associazioni varie, eccetera di nuovo !
    Cosa manca ? Per me un FILO CONDUTTORE unico, una STRATEGIA CONDIVISA, una chiara SUDDIVISIONE DI RUOLI. E poi una seria analisi del mercato e della concorrenza: il Trentodoc non è il vino da bere con l’amante ? Forse è vero. I prodotti oggi vincenti, Champagne, Franciacorta e Prosecco, hanno una fortissima IMMAGINE e IDENTITA’ cosa che noi non abbiamo ancora trovato. E allora cosa fare ? La mia proposta è di “vendere” il nostro TERRITORIO, il TRENTINO che ha immagine e identità ben definite nell’immaginario collettivo. Le montagne, l’aria fresca, i laghi alpini, le passeggiate nei prati, l’aperitivo nelle vie del centro e le cene romantiche nei rifugi. Trentodoc deve far pensare a tutto questo, come in parte si vede nello “spumeggiante” quadro realizzato da Trentino spa.
    Grazie per l’attenzione e a presto, non credo che il dibattito finisca qui.

    • paolo torboli
    • 23 Giugno 2010

    ciao Francesca,
    sono perfettamente d’accordo con lo scrittore anonimo. Non riesco a capire con quale criterio abbiano scelto le persone descritte nell’inserto o meglio mi rendo sempre più conto che alla fine puoi essere bravo fin che vuoi ma se non hai le conoscenze giuste vieni sempre messo in parte. Io vendo quasi 4000 mila bottiglie di bollicine all’anno, una parte prosecco, circa 2000 di trento doc e per il resto champagne. Ti posso garantire che il mio è uno dei pochi locali dove la bollicina trentina viene proposta come trento doc e non come “bevi uno spumantino” come viene proposto nella maggior parte dei locali trentini. questo non lo dico come vanto ma perchè credo nella bollicina trentina e sono convinto che molti dei nostri produttori sono alla gran lunga più bravi della maggior parte dei produttori della Franciacorta. Ormai in franciacorta bevi solamente vini dolci e moderni (a parte le dovute eccezioni) mentre la bolla trentina rimane di una eleganza e freschezza uniche. Purtroppo in Franciacorta in fatto di marketing sono stati molto piu bravi di noi o forse è meglio dire che hanno iniziato a promuoverlo molto prima. Risulta ancora diffile imporre un trento doc ad un cliente affezzionato di Bellavista o di Ca del Bosco ma con l’azione di marketing che sta facendo la Trentino spa si stanno facendo dei grandi passi da questo punto di vista. Personalemente per me sarebbe stato un grande piacere comparire nell’inserto pubblicato a spese di Trentino Spa e ti dirò che mi ha dato un pò di fastidio non esserci perchè considero la mia attività come una di quelle che lasciato un piccolo segno nel mondo della mescita trentina. Ti inviterò al prossimo evento trento doc che organizzerò in settembre, evento che propongo due volte all’anno e che riscuote molto successo. Per concludere non trovo giusta la scelta di Trentino Spa anche se i colleghi citati erano tutti dei veri professionisti ma ne hanno dimenticati tanti altri che sanno fare molto bene il proprio lavoro e che credono in un progetto iniziato ormai da qualche hanno di rivalutazione del trento doc. Perchè non iniziamo a distiguere seriamente i locali trento doc? Sarebbe bello che un cliente possa scegliere sapendo che in un locale che fa parte del circuito trento doc ci possano essere un numero minimo di etichette, qualità dei vini selezionati e soprattutto professionalità da parte di chi lo propone.
    Potrebbe essere un’idea!

    Ciao a presto
    Paolo

    • Angelo
    • 24 Giugno 2010

    Buongiorno cara Francesca,
    come si fa a stare zitti su un tema del genere? Fino ad ora si sono sentiti solo ristoratori ed enotecari: onore al merito! Ma i produttori dove sono? Al mare? O non partecipano al blog perchè temono di perdere il budget pubblico e la pubbli-promozione doversela accollare loro?
    Il tuo anonimo interlocutore ha, in definitiva, le stesse paure dei produttori e questo è il vero cancro che dobbiamo combattere in Trentino. Infatti, anche leggendo i nostri giornali in questi giorni, dalle minacce di Tremonti alle difese di Dellai, dalle analisi di Pierangelo Giovanetti ai commenti di Franco de Battaglia, è tutto un denunciare la situazione come insostenibile, un bisogno di nuova progettualità.
    Tornando al vino ed al Trentodoc in particolare, so di essere facile profeta se affermo che il loro decollo non ci sarà mai fin tanto che non si varerà un Piano generale di rilancio di tutto il settore, su basi completamente nuove e largamente diverse da quelle che hanno caratterizzato gli ultimi 10-15 anni. Lo stesso Pedron, infatti, sostiene che potrà anche finire la crisi globale, ma che quella del vino trentino continuerà fino a quando non cambierà l’atteggiamento dei dirigenti delle cantine e, aggiungo io, quello dell’ente pubblico che deve decidersi a indicare nuove linee di indirizzo, coordinare le azioni e controllarne poi la rispondenza. Anche la filiera di tutto il Trentodoc dovrà essere coerente, come lo è già quella del Franciacorta: vigneti con le zonazioni a posto, rese ridotte, unità d’intenti, rispetto reciproco, orgoglio di appartenenza, ecc.
    Solo allora si potrà capire bene perchè oggi il Trentodoc “non è un vino da bere con l’amante”. Affermazione sacrosanta che certamente avrà fatto storcere il naso a più d’uno, ma che contiene grandi verità. Quelle stesse verità che non emergono per paura di guardarsi dentro.

  1. Caro Angelo, Caro Marco. La verità, sapete qual è, secondo me? Che stiamo combattendo contro i mulini a vento. L’unica via d’uscita che mi spiace non si sia ancora manifestata è quella di un Movimento di tutte quelle cantine fuori dai meccanismi cooperativi, che assieme ai piccoli produttori di eccellenze locali, si uniscano e dimostrino con i fatti quello che si può fare, quello che si dice da troppo tempo. Possibile che non si riesca ad unire le forze? E possibile che non ci siano imprenditori alla Moretti che non abbiano voglia di investire nel vino, ora che lo shopping con la crisi può essere conveniente? Tornando al Movimento, penso a un vero e proprio gruppo di fatto, non un’associazione o un istituto (vedi TrentoDoc) senza budget perchè quelle non servono a niente, ma un’istituzione cappello, che faccia promozione forte come Franciacorta, e magari metta in campo anche una forza vendita. E che ovviamente dovrà avere un nome d’appeal e dovrà muoversi con manager di professione, e strumenti avanzati di comunicazione, marketing ed eventi. Se guardate bene, alcuni piccoli lo stanno già facendo. Penso a Felicetti, Paternoster con i mieli, Endrizzi che dopo l’Expo di Shangai è anche ai Mondiali in Sudafrica, e poi ovviamente Ferrari. Potremmo cercare di unire le forze o, quantomeno, cercare di “rubare” i segreti a chi fa meglio degli altri e smetterla di essere solo invidiosi, arroccandoci nelle nostre quattro mura immobili a sparlare del vicino? Io sono pronta per sostenere – e se serve anche a partecipare in prima persona – questo Movimento, un po’ perchè il marketing e la comunicazione sono i miei studi ed il 50% del mio lavoro (in edilizia), un po’ perchè la voglia di veder emergere il nostro Trentino è tanta. Non ci sono sogni che non si possono realizzare, basta crederci. Assieme.

    • Angelo
    • 25 Giugno 2010

    Cara geishagourmet,
    d’accordo: mettiamo che una ventina di produttori privati di … bollicine o spumante classico (come chiamarlo?) si mettano assieme per un piano di rilancio del loro prodotto con un nuovo nome d’appeal (come dici bene tu, perchè Trentodoc resta di tutti 29 produttori attuali). Dico una ventina perchè gli altri sono cooperatori o indisponibili all’idea. Avremmo una rottura, ok. E dopo?
    Sono d’accordo con te anche sul fatto che in primis non servano fondi pubblici se si crede fermamente in un’idea da realizzare, ma gli altri, quelli che resterebbero fuori con gli investimenti fatti, non se ne starebbero zitti ed allora la frittata sarebbe completa.
    Vedi in proposito ciò che succede (o non succede) con le difficoltà che hanno i Vignaioli ed i Dolomitici: non è che manchino persone illuminate, volonterose e generose nel promuovere il meglio dell’enologia trentina. Ma non basta.
    Infatti, fino a che il sacco non si prenderà in cima, affrontando il problema nella sua globalità, non ne usciremo. Anche perchè, di quella globalità, il comparto cooperativo detiene la stragrande maggioranza delle uve, dei vini e della commercializzazione.
    Quindi delle due, l’una: o si pensa ad un Movimento a prescindere dalle sorti future dell’intero sistema vitivinicolo trentino, che si crei la sua identità territoriale fuori dalle denominazioni ufficiali di Trentino (per i vini tranquilli) e Trentodoc (per lo spumante classico), che mi sembra la tua tesi, o si coinvolgono tutti in una nuova progettualità.
    Non dimentichiamoci però che abbiamo, in Trentino, solo l’1,2% del vino italiano e nello spumante classico (tolto Ferrari che fa e farà sempre la sua strada dall’alto del suo 80% di bottiglie), ancora meno, anche considerando i marchi cooperativi.
    I Vittorio Moretti di turno, in Trentino non hanno mai trovato, nè troverebbero, spazi per investire: tutto troppo caro, troppo cooperativo (per i liberi imprenditori); questa è la caratteristica nostra e con questa dobbiamo fare i conti.
    Detto che i cooperatori “non mangiano i bambini” anche se la loro dirigenza ha divorato certa libera imprenditoria ben arrostita dall’ente pubblico, i cooperatori-viticoltori restano fratelli dei vignaioli e fra fratelli si può e si deve trovare la soluzione.
    E i fratelli hanno genitori destinati a guidarli, altrimenti sarebbero degeneri; la genitrice è la PAT: perchè vuole essere degenere?

  2. Angelo, ti rispondo in corsa, perchè oggi è una giornata infernale a cui si è aggiunta anche la nuova carica di presidente di La Vis Sca a Vittorio Brugnara… Non più Giacomoni, leggerai domani sul giornale e su gheisha. Quelli che rimangono fuori e non strebbero zitti chi sono? perchè se non fanno parte del nuovo movimento, sai che importa se si lamentano… Il movimento per me dovrebbe essere corale e come dici tu con una nuova progettualità. Oggi ho fatto un incontro per un progetto per stimolare il settore ristorazione… pare che vada avanti. anche la ristorazione, nel movimento, vorrei che ci fosse, come un po’ tutti gli attori della filiera. una cosa corale, perchè o ci sono tutti o nessuno…

    • marco
    • 27 Giugno 2010

    Per tornare a “sorridere” sul sex-appeal del Trentodoc, vi segnalo questo articolo apparso ieri su Wine Web News …

    “Il più grande avversario dello Champagne? Il Viagra… Per concludere, una battuta, pescata ancora sull’edizione on line della rivista britannica Decanter, opera di Pierre-Emmanuel Taittinger, della celebre Maison champenoise. Secondo Taittinger, che ha parlato in occasione del Reuters Global Luxury Summit, il grande competitor dello Champagne non sarebbero il Prosecco, il Cava o gli Sparkling wines inglesi, bensì… il Viagra…
    Confermando, con questa battuta, fatta mentre parlava dell’Euro debole, della domanda in aumento proveniente dai mercati emergenti come la Cina, definita “i nuovi Stati Uniti”, l’antica convinzione secondo la quale lo Champagne costituisce il migliore “aiuto” naturale per sedurre una bella donna.
    E così, dichiarandosi preoccupato per il debito pubblico di molti Paesi, che farà circolare meno denaro, Taittinger si è detto convinto che “we will always have the time to make love and drink Champagne, and we will do it even more”, ovvero che avremo comunque il tempo di fare all’amore e di bere Champagne, cosa che dovremmo fare di più… Come non dargli ragione?”

    • Giulietta
    • 27 Giugno 2010

    Cara geishagourmet,
    quello di cui ti voglio parlare non riguarda l’inserto sul TrentoDoc ma bensì il piano Pedron-Lavis-Mezzacorona.
    E cioè:
    perchè secondo te nel piano P si prevedono botte da orbi per Lavis e per Mezzacorona invece nulla anche se Mezzacorona ha un debito pari al suo fatturato e per di più il debito è “saldo” nelle mani dei suoi soci che hanno sottoscritto i bond per finanziare la loro cantina?
    Perchè Mezzacorona non deve svendere nessuna proprietà siciliana e Lavis deve denudarsi di tutte le proprietà?
    Perchè a Mezzacorona non cade nessuna testa?
    Saluti
    Giulietta

    • Angelo
    • 28 Giugno 2010

    Cara geishagourmet,
    mi poni una domanda precisa: “Quelli che rimangono fuori e non starebbero zitti chi sono?”. Non sono l’oracolo di Delfi, ma vado a sensazioni e, con le bocce in moto, con tutto quello che sucede o non succede è difficile dire cosa succederà. Ribadisco invece che urge definire una “vision” e poi una “mission” per tutto il settore vitivinicolo, poi definire obiettivi, strategie ed azioni conseguenti da fare. Nella strategia ci potrà stare certamente la leva spumantistica (ma non solo quella, perchè bisogna dare una destinazione intelligente anche ai 2/3 delle uve non solo al base-spumante). Certo, i tempi non permettono altri indugi e – nel mentre si pensa ai Progetti generali – far partire un Movimento di produttori di Qualità sarebbe un modo per stimolare le intelligenze in campo a muoversi. Il Movimento da te proposto avrebbe compiti operativi, di promozione e commercializzazione, quindi con un budget che dovrebbe essere metà pubblico e metà privato (come indica una vecchia Direttiva UE). I soldi pubblici ci sono, mancherebbe un Piano “condiviso” dei privati. Ecco dove vedo difficoltà.
    Molto, ma molto tempo fa la gente aveva capito che le cose “in comune” potevano essere affidate a coloro che oggi chiamiamo “ente pubblico” ossia ente “per” il pubblico; sappiamo che politici e burocrati hanno preso il sopravvento e la gente è costretta ad inventarsi qualcosa di nuovo “nonostante” l’ente pubblico. E questa è un’abberrazione. L’ente pubblico deve tornare ad essere percepito come “nostro” (pensiamo, ad es. a come percepiscono il loro gli amici altoatesini), al nostro servizio cioè, con indirizzi, coordinamento e controlli in capo alla PAT (e CCIAA) e con l’operatività affidata a Movimenti e Consorzi vari. Solo così funziona nelle altre parti del mondo moderno, il resto è papocchio.
    Torno allo spumante: la più grande Casa trentina ha un suo progetto coerente che dà i frutti che sappiamo, ma non si può pretendere che diventi una onlus per gli altri; gli altri, quindi, progettino qualcosa di migliore o almeno simile, mettendo mano anche al portafoglio prima di presentarsi all’ente pubblico con un Piano da finanziare al 50%. Allora funzionerà, non ti pare?
    E se il Piano non avrà convinto proprio tutti gli spumantisti, pazienza: meglio una maggioranza relativa convinta e coerente che una totalità unita solo dai budget istituzionali. Infatti, per trasmettere il cuore o l’anima che dir si voglia di un prodotto, serve partecipazione diretta e convinta dei produttori, non i tanti soldi pubblici che, per definizione, anima non hanno.
    Scusa la lungaggine, ma la sintesi la lascio agli oracoli.
    Ciao, Angelo

  3. A domandarselo sono in molti e bisognerebbe chiedere a P il perché.

    • Angelo
    • 30 Giugno 2010

    Care Giulietta e Geishagourmet,
    vedo che siamo tornati al nocciolo del problema, il Trentodoc essendo solo una parte del tutto. Sul piano P. d’interessante c’è la dichiarazione del Governatore che dice che non è un piano e che ci sono fondi disponibili per il settore tutto; per tutta risposta il vertice della federazione coop. sollecita (m’è parso un pò ruvidamente) La Vis ad affrettarsi a decidere: il nuovo presidente è uomo dell’apparato per cui c’è da spettarsi un atteggiamento coerente…
    Giulietta mette il dito nella piaga ma, cara Francesca, non è certo da P. che si otterranno lumi sulla situazione di Mezzacorona: il suo compito è finito ed il boccino è passato in altre mani. Intendo dire, parafrasando il pensiero di un economista che di queste cose s’intende, che la questione è stata sdoganata. Ora si può andare – più o meno rapidamente – verso quell'”unico” polo vinicolo industriale che (dal punto di vista macro-economico) troverebbe posto in un territorio come il Trentino. Oggi i poli sono ancora tre, ma uno sta per essere demolito, il secondo cadrebbe per implosione, il terzo sarà il salvatore della patria. Scenario tremendo ed all’apparenza inverosimile se non fosse che la tesi poggia su un sostegno altrettanto tremendo e purtroppo verosimile: la mancanza di uomini in grado di contrastare questo disegno.
    Va da sè che vitivinicoltori singoli ed altri privati sarebbero spettatori impotenti, ancorchè liberi di progettare qualcosa di utile per loro in questo (per ora ancora ipotetico) scenario.

    • Giulietta
    • 14 Luglio 2010

    Ciao Angelo
    sono Giulietta.
    Volevo chiederti se conosci altri blog dove si possa discutere di piano Pedron, perchè vedi io Formentera per ora non me la posso proprio permettere, mi dovrò accontentare tra poco più di un mese di “fermenterà”
    Ciao e grazie.
    Giulietta

  4. Ciao Giulietta, piacerebbe anche a me che altri blog dessero spazio alla cosa, in modo da sentire ancora più voci, ma per il momento non mi pare proprio che ce ne siano. Questo spazio è tutto vostro, se vuoi fare anche un intervento da pubblicare come articolo, basta che me lo mandi. Altrimenti, puoi sempre farti un blog tutto tuo sull’argomento. Ciao, GG

    • Giulietta
    • 15 Luglio 2010

    Hai perfettamente ragione. Scusami.
    Grazie dello spazio.
    Ciao, Giulietta

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