La Vis: tra soci in fuga e debiti che non si sanano, nemmeno con la vendita di Maso Franch

La vendita di Maso Franch a Cooperfidi, perfezionata il 4 ottobre, ha consentito di ridurre l’esposizione debitoria della cooperativa di quasi 7 milioni di euro, ma non per molto.

Andiamo per gradi. Cooperfidi, infatti, ha pagato l’immobile in parte in contanti, per 2,2 milioni di euro, in parte accollandosi il mutuo residuo di 6,8 milioni che gravava sulla struttura, per un totale di 9 milioni di euro. Una cifra che appare un po’ troppo elevata, non vi pare?

L’operazione, come si diceva, ha consentito anche di asciugare un po’ i debiti in bilancio della cantina, che con la cessione del relais e ristorante scendono da 82 milioni a 75, ma, guarda caso, i 7 milioni “risparmiati” saranno subito “spesi” con il prestito ponte di altrettanti 7 milioni utili al commissario Marco Zanoni possa gestire le attività dei prossimi mesi.

Cooperfidi ha comprato Maso Franch pagando 6,3 milioni per i fabbricati e 1,4 milioni per i terreni. Sul complesso agrituristico e sulle aree vicine grava un’ipoteca di 11,2 milioni per un mutuo di 7,5 milioni, stipulato nel 2008, che per 3,5 milioni è in capo a Unicredit, per 2 milioni alla Banca di Trento e Bolzano, per 1 milione a Cassa Centrale Banca e per mezzo milione ciascuna alle Casse rurali di Giovo e di Lavis. Il residuo da pagare è pari a 6 milioni 776 mila euro ed è ora in carico a Cooperfidi.

La quota pagata in contanti, 2,193 milioni dieuro, ha consentito il pagamento dell’acconto ai soci di La Vis, in tutto circa 2 milioni. Il ristorante Maso Franch è stato riaffittato a La Vis per 220 mila euro l’anno.

Altra notizia aggravante, parla di 50 soci importanti di La Vis che hanno presentato le dimissioni. E se dovessero essere anche dei finanziatori della cantina, La Vis quanti soldi si troverebbe a dover sborsare per loro?

Veidiamo la notizia del mio collega Orfano. «Fonti certe che riferiscono che una cinquantina di soggetti hanno presentato le proprie dimissioni, ma si tratta di conferitori importanti, tanto che la quantità di uva che assicurano è di 40mila quintali, su un un totale di raccolta annua di 170mila.  Vale a dire un po’ meno del 25% dell’intero comparto.  C’è chi giura comunque che si possa arrivare anche a 70-80mila quintali.  Intanto pare che le Casse rurali stiano preparando un prestito ponte di 35 milioni di euro per uscire dall’emergenza e permettere a La Vis si onorare i propri impegni finanziari.La fuga dei soci è dettata dalla paura di un totale fallimento della coop, ora commissariata in seguito alla scoperta dell’indebitamento superiore agli 81 milioni di euro verso banche.  Ieri è stato consegnato il terzo acconto, pari a 10 euro al quintale, una somma che arriva grazie all’iniezione di liquidità assicurata dalla Provincia tramite Cooperfidi, il quale ha acquistato Maso Franch per 7,6 milioni di euro, sotto promessa di un affitto annuale alla stessa La Vis per 220mila euro.  I 10 euro al quintale, che molto probabilmente — se tutto va bene — costituiranno anche il saldo di dicembre, fanno sì che alla fine per la vendemmia 2009 il remunerato ai soci sarà intorno ai 45 euro al quintale, una somma tagliata del 50% rispetto al normale.Di fronte a prospettive così «nere» alcuni soci hanno presentato le dimissioni, pur avendo tempo fino al 31 marzo 2011.  La loro mossa si spiega col fatto che a breve verrà convocata l’assemblea della Cantina nella quale probabilmente verrà votata una modifica statutaria: il divieto per qualche anno di uscire dalla cooperativa.  I soci in fuga vogliono evitare di rimanere intrappolati e assicurano di avere già buoni contatti con altre cantine, per questo tentano di agire in anticipo.Ora starà a La Vis decidere di accettare o meno le dimissioni, anche se il presidente della Federazione Diego Schelfi ha già dichiarato la sua ferma intenzione di non permettere questo genere di «migrazioni».  Si confrontano dunque gli interessi privati dei conferitori, il bene pubblico della Cantina e la convenienza «politica».  Sembra infatti che in molti abbiano paura di fare mosse azzardate per non attirare l’ira della Provincia, che potrebbe diventare estremamente severa in sede di concessione di contributi pubblici».


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