«È un’opinione personale, ma mi auguro che La Vis non sia costretta a rinunciare a Cesarini Sforza. Il TrentoDoc è un elemento di forza della nostra viticoltura». Sono le parole di Fausto Peratoner, direttore di Cantina La Vis. La scorsa settimana la riunione dei soci ha fatto emergere tutta la preoccupazione della base, con momenti di tensione e una gran voglia di salvare quanto creato in questi anni. «Avvieremo una fase di due diligence — continua il direttore — per ottenere una valutazione obiettiva».
Direttore Peratoner, è ancora valida l’ipotesi per cui La Vis elaborerebbe in proprio un piano di rilancio, adattando le direttive di Emilio Pedron?
«Lo stiamo facendo, ma abbiamo bisogno di più tempo, abbastanza per valutare il tutto in modo più obiettivo. Con i dati dei bilanci chiusi al 30 gennaio 2010 avremo le idee più chiare».
Come vi muoverete?
«Ci sono due aspetti che verranno affrontati: da un lato il riequilibrio della situazione finanziaria con la cessione di asset; dall’altro un nuovo impegno orientato a ricercare la giusta redditività. La cosa che mi ha fatto più piacere dell’incontro con i soci, al di là delle critiche, è che ogni intervento, anche quello più forte, ha chiesto di difendere il ruolo e la qualità della cooperativa. Non che l’azienda abbia mai avuto in mente obiettivi diversi da quelli dell’alta qualità».
Ma allora cosa c’è di sbagliato?
«Facendo certe scelte si pensava di andare nella giusta direzione, con progetti come Maso Franch. Ora dobbiamo correggere il tiro, e ripartire da quei valori positivi che hanno reso La Vis uno dei migliori produttori nazionali. Per questo motivo sarà molto importante rilanciare molto il brand sul mercato, in modo da rialzarne la notorietà».
Il momento non è facile.
«È vero. Ma faccio notare che le difficoltà riguardano tutto il sistema vitivinicolo trentino, anche se giustamente ora il faro è puntato su La Vis. È importante in questa fase non perdere l’occasione di reindirizzare il sistema in una strada proficua, che ci faccia andare oltre al mero aggiustamento congiunturale».
Evitando gli sbagli del passato.
«Facendo tesoro delle esperienze, che d’altronde scaturiscono da quello che viene chiamato rischio imprenditoriale. Rischio, per l’appunto».
Che cosa ne pensa del piano Pedron?
«È un punto di partenza e non di arrivo. Sul quale ragionare tutti insieme».
Si parla di coinvolgere di più la Fondazione Mach.
«Sarebbe sbagliato non farlo, nell’ottica di puntare e far crescere le risorse locali. Non dimentichiamo anche l’università: è importante formare personale ad alti livelli direttamente nel nostro territorio, senza prendere il management dall’esterno».
Oltre alle tenute toscane, dovrete fare a meno di Cesarini Sforza?
«Su questo argomento parlo a titolo personale: l’azienda ha fatto molto bene il suo lavoro, con prodotti di alto livello e relativi riconoscimenti, come i tre bicchieri della Guida Vini d’Italia 2010 per l’Aquila Reale riserva millesimata 2002. Mi auguro che il TrentoDoc rimanga un elemento per uscire dal guado, e che La Vis non debba rinunciare a Cesarini Sforza».
E Casa Girelli?
«La prego, non me lo chieda».
Si dimetterà veramente?
«In La Vis io sono cresciuto e ho maturato una carriera trentennale. Ho ritenuto corretto mettermi a disposizione, per non ostacolare il percorso della cantina
DELLAI: IL PIANO PEDRON S’HA DA FARE
«Il piano di riassetto è pronto: La Vis verrà accompagnata per poter tornare ad essere la migliore cantina sociale del Trentino». Il presidente della Provincia, Lorenzo Dellai, è sicuro che il piano Pedron verrà applicato senza troppe variazioni rispetto all’impianto originario. «Il percorso è ormai individuato — continua il governatore — purtroppo l’azienda ha dovuto affrontare le ristrettezze della crisi economica come tutti, ma in questo caso si sono acuite le difficoltà di ordine finanziario».
Le scelte strategiche che dovranno investire tutto il comparto vitinicolo della provincia, sia cooperativo che privato, saranno indirizzate al recupero dei vini trentini e soprattutto a «spingere» il comparto degli spumanti, sottolinea Dellai: «Dobbiamo lavorare molto sull’effetto immagine».
Sui guai finanziari delle cantine, il presidente ricorda: «Gli strumenti pubblici per venire in aiuto di queste realtà ci sono e verranno attivati, come è già stato fatto in altri comparti, come quello industriale e artigiano. Ogni azienda dovrà decidere quali sono i capisaldi del proprio riassetto».
L’assessore all’agricoltura Tiziano Mellarini aggiunge: «Peratoner ha rimesso il mandato ammettendo gli errori fatti. Ma faccio notare che siamo in un
(Corriere del Trentino, 24.07.2010, di Enrico Orfano)
Cara GeishaGourmet ma hai letto l’intervista? Ma cosa sta dicendo?? Ma te lo hai capito??
Cosa c’entra il Trento DOC con una malagestione aziendale?
…”rischio imprenditoriale..” ??? ma non sa neanche cosa è un imprenditore: un imprenditore rischia del SUO, non quello degli altri!!
…”senza prendere management dall’esterno…” : beh visto che i vari direttori delle cantine sociali sono quasi tutti trentini, FORSE era meglio affidarsi a qualcun altro.
“E Casa Girelli? La prego, non me lo chieda” :Non posso commentare una frase del genere!
Oramai siamo alle comiche finali!
E CASA GIRELLI?
“LA PREGO NON ME LO CHIEDA”.
La semplice domanda del giornalista é la domanda che si pongono i lavoratori della Girelli..ma se Peratoner pregando non risponde noi a chi dobbiamo porre le nostre domande sul nostro futuro? cercasi risposte.Grazie
La notizia del sequestro di Feudo Arancio fa invecchiare d’un tratto quanto si è detto fino ad ora della situazione vitivinicola trentina e delle sue prospettive. Riconsidererà i suoi timori Peratoner e sarà costretto a riconsiderare le certezze sul Piano Pedron anche il Governatore. Ricordo per i distratti che il P.P. considera (considerava?) “indiscutibile” il Gruppo Mezzocorona. Ora la “discussione” è incominciata: finisca come finisca, almeno se ne discuterà, sperando che la discussione non resti in superficie, ma vada fino in fondo a grattare il pentolone mefitico. Quel pentolone nel quale da oltre un decennio bolle a fuoco lento un sistema “virtuale” fatto di arricchimenti facili e di rimozioni delle sane regole cooperative tradizionali. Fuor di metafora, i vertici politici istituzionali, quelli di Federcoop e giù fino alle Cantine di primo grado sono chiamati a “resettare” il sistema e riportarlo, nei valori fondanti, a come lo avevano ereditato dalle precedenti generazioni. Ho già detto in passato di come don Guetti in questi ultimi anni si sarà rigirato nella tomba, vedendo la “sua” cooperazione trentina trasformata in industria enologica. Non si fraintenda: l’industria è rispettabile, come la cooperazione; basta non confondere. Lo direbbe anche la legge, ma chissenefrega della legge… le trasformiamo in SpA queste cooperative! Con i manager che diventano “maghi” rischiando i soldi degli altri, come giustamente lamentano i dipendenti Girelli. Paradossalmente, quindi, anche per loro la notiziona di oggi può rappresentare quella luce che si comincia a vedere in fondo al tunnel. Con un pò di fortuna e ancora tanta pazienza.