Quello che sto per dire farà inorridire molte e molti di voi. Per cui, se siete dei tradizionalisti, di quelli che vivono con un unico credo, cioè “dove c’è la mamma c’è tutto e la cosa più bella del mondo è la maternità”, non leggete questo post.
Mi frulla in testa da più di dodici mesi ma ho voluto aspettare, far decantare, affinare, insomma essere sicura. Il fatto è che a me la parola mamma piace, ma mi fa sentire vecchia. E, sia chiaro, state leggendo quello che scrive una che non ha mai avuto problemi a dichiarare la sua età, né che ha mai sentito di avere al polso un qualsivoglia orologio biologico dei miei stivali. Niente di tutto questo. Ma ogni volta che dico a mio figlio Leonardo James, “vieni dalla mamma, amore”, mi sembra come se i giochi si stessero facendo seri tutto d’un tratto.
Io le cose le ho sempre prese seriamente. Tutte. Lo studio, lo sport, il lavoro, ma, come dire, il mio animo ha sempre attraversato tutto questo con una levità e una vitalità da ragazzina. Lavoro dodici ore al giorno e sono sempre con il sorriso, anche coi casini, le tensioni, i contrattempi. Leonardo non mi fa dormire per qualche giorno? Non sono incazzata, non sono stressata, ho solo sonno. Quando pronuncio “Mamma”, invece, mi sento come se stessi mettendo un po’ il freno: sono mamma, non posso fare cazzate. È una questione psicologica che non mi pare si rifletta nel mio comportamento.
A Leo sorrido sempre, anche quando cade, per cercare di fargli capire che prima di piangere si può scegliere di ridere e soprattutto guardare la vita con il sorriso. Giochiamo come i pazzi, urliamo, corriamo. Non mi sento molto rigida, insomma. Però quella parola lí, proprio, non me la sento bene addosso.
Mi fa sentire come un vino passato in barrique. Buono, eh, ma sicuramente reso più austero, strutturato, importante. Ecco. Per me la parola mamma è come una barrique (e anche la forma mi richiama le sembianze contro cui si lotta post gravidanza. 😉 ). Non è facile per chi si sente da sempre uno champagne.