Tutti la chiamano Lady Morellino ma lei, Elisabetta Geppetti, è molto di più. «Io la chiamo “the game changer”, perché non ha e non ha mai avuto schemi. E poi, è capace di riempire da sola una stanza», mi racconta Ludmila mentre Elisabetta non ci sente. Ludmila, che si occupa di marketing ed eventi, è arrivata da quasi un anno in azienda dopo la laurea: la sua tesi riguardava il modello Fattorie Le Pupille. Perché? «In primis perché è un esempio più unico che raro di azienda che passa di mano alla nuora, invece che ai figli», spiega.
Alfredo Gentili, primo suocero di Elisabetta, è stato il fondatore dell’Istituto Galenico di Pisa, che poi prese il nome di Istituto Gentili Spa e, oggi, Abiogen Pharma. Negli anni Sessanta eredita dalla madre una fattoria a Scansano che diventa la sua casa di vacanze. C’erano due ettari di vigneto che venivano utilizzati per produrre vino per il consumo famigliare finché l’amico Giacomo Tachis non lanciò una sfida ad Alfredo: creare da quei vigneti un vino che non avesse nulla da invidiare a quelli di Bordeaux, perché la composizione del suolo era ideale. E’ così che nella fattoria di Pereta si inizia a piantare Cabernet Sauvignon e a utilizzarlo per tagliare i vini a base Sangiovese. Gentili e Tachis passavano interi pomeriggi a discutere di questo nuovo progetto e, a fianco a loro, c’era una giovanissima Elisabetta, che ascoltava e imparava. Studiava storia dell’arte, ma il fascino del vino la stava conquistando.
Tachis consiglia ad Alfredo un enologo, nientemeno che Riccardo Cotarella, e sarà lui per molti anni a firmare i vini di Fattoria Le Pupille. Gentili, però, non riesce a vedere i frutti di tutto questo lavoro: Fredi, così veniva chiamato dagli amici, viene a mancare poco tempo prima che il vino che aveva sognato da sempre di fare vedesse la luce. Così a prendere in mano le redini dell’azienda, nel 1985, è Elisabetta che decide di intitolare quel vino al suocero: nasce così Saffredi, prima annata 1987.
Fu subito un successo. Elisabetta aveva 20 anni ma aveva capito subito non solo le potenzialità della Maremma, anche l’importanza di girare il mondo per comunicare i suoi vini e il suo territorio. Non perdeva una fiera o un evento: da New York a Berlino a Londra, Elisabetta oltre al Saffredi portava con sé anche il Morellino di Scansano, che al tempo in Toscana era ritenuto un mero vino da tavola. Lei, invece, ne aveva già capito le grandissime potenzialità. Ecco perché, per tutti, lei è Lady Morellino.
Dai due ettari di Scansano a oggi la strada è stata lunga e avvincente: Fattoria Le Pupille oggi conta su 85 ettari (di cui 45 vitati) e una produzione di 500mila bottiglie, di cui il 75% destinato all’estero, in particolare modo Germania, Svizzera, Usa, Uk, Nord Europa. «Oggi stiamo cercando di espanderci in America Latina e stiamo cercando di imporci nel mercato asiatico», spiega la Lady. Il Morellino è la colonna portante dell’azienda: 200mila bottiglie della versione annata, 55mila del Riserva, mentre Saffredi è a quota 40mila bottiglie e l’annata che sta per essere rilasciata – e già tutta prenotata – è la 2017 e celebra i 30 anni di questo vino simbolo dell’enologia italiana nel mondo.
Le uve, a Fattoria Le Pupille, sono tutte vendemmiate a mano e lo staff al 99% composto da donne. Oggi il winemaker consulente è Luca D’attoma e con lui è nato il nuovo progetto del Syrah di Fattoria Le Pupille, prima annata (quella che oggi trovate in commercio) 2015. Un sogno che per Elisabetta diventa realtà, visto che da sempre sognava di fare un etichetta dedicata a questo vitigno.
Qual è il vino che più ti rappresenta?
Saffredi, senza ombra di dubbio, perché è un vino che io ho voluto fare, che ho voluto fare grande e a cui ho dedicato talmente tanto impegno, passione e dedizione che è diventato una specie di riflesso della mia vita enologica. In verità la prima annata di Saffredi, che non è mai stata commercializzarta, è stata il 1985, abbiamo prodotto 1000 bottiglie mai etichettate. La prima annata commercializzata è stata la 1987: in quegli anni Saffredi era uno dei primi Supertuscan, c’erano già Sassicaia e Tignanello, e con loro Saffredi è stato uno dei vini che ha segnato la rinascita della viticoltura di qualità in Toscana
Oggi le donne nel vino sono una presenza sempre più forte, ma a quei tempi sarai stata una mosca bianca. Come ti sentivi? C’era discriminazione?
Onestamente, io non mi sono mai sentita penalizzata nel mio lavoro dal fatto di essere donna, anzi, in molte occasioni è stato un modo per giocarsela diversamente. Essere donna in un mondo maschile aiuta, inutile negare il contrario. Il fascino femminile se usato in modo intelligente è un enorme vantaggio. Sono stata forse più penalizzata dall’aver fatto questo tuffo nel mondo del lavoro molto giovane. Ho studiato storia dell’arte, tutto quello che ho imparato è stato sul campo, in primis con Tachis. Il limite può essere stato la giovane età con cui mi sono confrontata in questo mondo.
E poi hai avuto cinque figli, non so come tu abbia fatto a riuscire a gestire tutto…
Infatti, gestire il ruolo di madre e quello di imprenditrice è stata la mia più grande fatica. Quando tutti i miei figli erano piccoli, e io ero in giro per il mondo a parlare di Saffredi, mi sono persa momenti topici della loro crescita… Poi nella vita tutto si aggiusta, se segui il cuore e le passioni le cose prima o poi vanno per il verso giusto. Io oggi non ho rimpianti.
Parlaci dell’Elisabetta mamma.
Ho cresciuto i miei figli molto liberi e per questo sono stata sempre molto criticata da mia madre e dai loro padri. Ho consentito loro di esprimersi, perché io ho avuto invece un’educazione molto rigida. Non mi piacciono le etichette, non mi piacciano i benpensanti e tantomeno il perbenismo. Ancora oggi mi sento molto libera, direi selvaggia…
Cosa ne pensi della comunicazione del vino italiano?
Credo sia cambiata radicalmente. Abbiamo avuto e stiamo avendo ancora uno stravolgimento nel mondo del editoria, la carta stampata sta diventando un oggetto raro, ci sono i blogger, gli influencer, le guide ormai lasciano il tempo che trovano. Ogni azienda vinicola ha il suo modo di comunicare. Personalmente ho sempre creduto che più che la stampa di settore, fosse importante quella di life style. Fino a poco tempo fa abbiamo comunicato un’azienda incentrata sulla mia persona, ma adesso abbiamo iniziato in modo soft a inserire Clara, mia figlia che oggi ha 29 anni, e piano piano inseriremo anche Ettore (l’unico figlio maschio di Elisabetta, ndr). Il passaggio generazionale non è facile, con Clara abbiamo iniziato a farlo a partire dal 2014. Oggi devo parlare di azienda di famiglia, non solo di me.
Cosa c’è nel tuo futuro?
In questo momento sono molto concentrata sul Syrah che non deve essere né il fratello piccolo del Saffredi, né superarlo: è un progetto speciale, super tailor made, tutti noi ci teniamo molto. La prima annata 2015 è riuscita particolarmente bene, la 2016 è in bottiglia. Per Saffredi ci sono voluti molti anni per diventare un vino cult, dobbiamo costruire una continuità anche al nostro Syrah, di alto livello, per questo motivo non lo abbiamo prodotto nel 2017. Saffredi ogni anno cerco di farlo sempre più elegante ed etereo, perché l’eleganza è la cosa che mi affascina di più. Il nostro Sangiovese in purezza, Poggio Valente, è un vino molto netto e verticale. E’ ancora una sfida aperta perché è sempre stato surclassato dal Saffredi: Saffredi è l’anima internazionale di Fattorie Le Pupille, Poggio Valente è la tradizione.
Non ti farai mai indurre in tentazione dal produrre bollicine?
No, amo troppo le grandi bollicine per pensare di produrre uno spumante. Mi sembra già un miracolo fare un bianco buono come Poggio Argentato, ci sono voluti anni per ottenere quei risultati con questo vino. Io voglio continuare a essere un’azienda di famiglia e un’azienda agricola, non fa parte della mia persona seguire il mercato e le mode.
Oltre agli Champagne, hai altri vini del cuore?
Non saprei… Mi innamoro dei vini come degli uomini…
Scoppiamo a ridere, Ettore alza gli occhi al cielo. La luna è piena e la cena nella bellissima villa di Elisabetta, a due passi da Castiglione della Pescaia, sta per iniziare. Sarà un blind tasting con grandi vini francesi, mischiati a quelli di Fattoria Le Pupille, e io scoprirò che, alla fine, il mio preferito è ancora lui, Saffredi.