Crisi e recessione spingono in negativo i numeri del sistema produttivo italiano, ma il comparto agroalimentare sembra muoversi in modo anticiclico: in particolare in Emilia Romagna. Crescono volume di produzione, fatturato e, soprattutto, esportazioni. In questa regione nel 2011 la filiera del cibo ha prodotto un fatturato alimentare di 26,2 miliardi di euro, valore corrispondente al 12% dell’intera PLV italiana e al 20% del fatturato dell’intera industria alimentare nazionale, con dinamiche di fatturato delle imprese agricole e alimentari superiori a quelle medie nazionali.
Il trend positivo si riflette anche nell’export: nel 1° semestre del 2012 il volume delle esportazioni è cresciuto con un tasso d’incremento superiore da parte delle imprese regionali rispetto alla media nazionale: +6% contro +4,7%. Questa migliore performance delle imprese regionali in tema di esportazioni deriva principalmente da un incremento nell’export di vini e bevande che nel I° semestre 2012 ha registrato – rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – un + 16% rispetto ad un aumento che a livello nazionale si è fermato ad un +7%. Questo sviluppo del vino emiliano romagnolo sui mercati esteri è stato trainato dalle imprese cooperative, il cui peso sul fatturato del settore è pari al 60%, in crescita di circa il 24% dal 2005 (rispetto ad un +13%registrato dalla media delle imprese vinicole regionali).
Lo scenario emerge dal rapporto “I consumatori Italiani e l’agroalimentare. Il caso dell’Emilia Romagna”, realizzato da Nomisma e curato dal suo responsabile area agricoltura Denis Pantini, per Enologica – Salone del vino e del prodotto tipico dell’Emilia Romagna (Faenza 16-18 novembre 2012). La lettura delle scelte di 827 responsabili di acquisto delle famiglie italiane, campione rappresentativo dell’intero universo nazionale, ha indagato la riconoscibilità di cibi e vini regionali, la percezione della loro qualità, anche quando proveniente dalla filiera produttiva delle cooperative.
Propensione e comportamenti di acquisto
I consumatori italiani riconoscono e apprezzano i prodotti agroalimentari dell’Emilia Romagna: il 48,9% del campione li considera di qualità più elevata rispetto a quelli delle altre regioni, il 48,6% uguale o quasi uguale e solo lo 0,2% più bassa. Il 33,1% delle persone si dichiara disposta a pagare fino il 5% in più del prezzo per acquistarli, il 21% di loro si spinge fino a un rialzo che arriva al 10% del prezzo. I dati indicano una forte propensione all’acquisto di prodotti con origine certa, regionali e garantiti da marchi DOP e IGP e i prodotti agroalimentari della regione sono considerati i migliori del nostro Paese.
La situazione però cambia quando il focus si sposta sul vino. A fronte di una forte crescita nella produzione e nell’esportazione, il vino dell’Emilia Romagna non è ancora tra quelli maggiormente premiati dai consumatori italiani. La qualità percepita è uguale o quasi uguale a quella dei vini delle altre regioni italiane (72,9%), il 66,6% del campione non è disposto a pagare nessuna differenza di prezzo (anche se il 21,6% è disposto a pagare il 5% in più), e soprattutto il vino dell’Emilia Romagna è solo settimo con un 6% di scelta, nelle preferenze dell’origine regionale del prodotto. Classifica condotta da Piemonte, seguito da Toscana, Sicilia, Veneto, Campania e Puglia.
Sistema cooperativo e percezione dei suoi valori
Il ruolo socioeconomico di prim’ordine detenuto dalla cooperazione nel sistema agroalimentare regionale sembra non essere pienamente percepito dalla popolazione, come dimostrano i risultati dell’indagine. Sebbene risulti elevata la conoscenza di marchi di prodotti alimentari detenuti da cooperative (come Granarolo, Valfrutta, Amadori, Yomo, Melinda, Orogel, Tavernello, conosciuti da oltre l’80% dei consumatori), solamente il 16% degli intervistati sa che questi appartengono effettivamente a cooperative (un 41% di consumatori pensa siano di società per azioni). Eppure la gran parte gli intervistati si riconosce nei valori cooperativi (valorizzazione prodotti del territorio, sviluppo locale, ripartizione degli utili tra gli agricoltori, gestione democratica e solidale dell’azienda, ecc.), ritenendoli molto importanti: il 57,5% delle persone considera molto importante che la gestione dell’azienda si basi su equità, solidarietà, eguaglianza, che l’azienda sia governata da agricoltori è molto importante per il 43%, abbastanza per il 39,9 % e il 61% del campione conosce realtà cooperative che operano in questo modo. Una “coscienza cooperativa” maggiormente fatta propria dalla popolazione meno giovane (con più di 30 anni) e del Sud Italia.
Performance economica
A tirare la volata in Emilia Romagna è l’export vinicolo. Dal 2005 a oggi cresciuto in valore dell’87%. Merito anche dei livelli qualitativi raggiunti dalle imprese cooperative, come nel caso del successo internazionale del Lambrusco, il cui peso sul fatturato del settore è pari al 60%, in crescita di circa il 24% sempre dal 2005, rispetto a comunque positivo +13% registrato dalla media delle imprese vinicole regionali. Ma a poca distanza troviamo i dati riferiti a un altro settore dove il ruolo della cooperazione completa il modello produttivo della regione: il sistema dei prodotti di qualità DOP e IGP. Tale sistema regionale certificato (composto da 33 prodotti) vale circa 2,6 miliardi (fatturato alla produzione) e rappresenta il 43% del valore complessivo riconducibile alle oltre 200 indicazioni geografiche riconosciute all’Italia.Tra i principali prodotti Dop/Igp regionali figura il Parmigiano-Reggiano, responsabile per il 38% del fatturato complessivo del paniere tutelato regionale: il 70% della produzione di questa Dop è, infatti, riconducibile a imprese cooperative. L’82% del campione è a conoscenza di questa origine cooperativa, così come il 69,7% degli intervistati si dichiara a conoscenza della gestione cooperativa di oltre il 50% della produzione ortofrutticola della regione e il 67,3% sa che oltre il 60% dei vini emiliano romagnoli sono prodotti e commercializzati da cantine cooperative.
Conclusioni
“Possiamo essere tradizionali e rivoluzionari allo stesso tempo recita la frase di Michel Serres scelta per accompagnare tutta la comunicazione di Enologica 2012 – spiega Giorgio Melandri curatore di Enologica – i risultati di questo studio ne sono una conferma, perché rimettono al centro della discussione che ruota intorno al cibo un valore d’altri tempi, il rapporto di fiducia tra chi produce e chi consuma, un elemento sottovalutato fino ad oggi e mortificato da un modello distributivo che ha puntato in questi anni ad essere l’unico interlocutore dei consumatori. Oggi l’esigenza di valori affidabili e legati al territorio è la frontiera della discussione sul cibo, la grande opportunità di ragionare sulla qualità del cibo quotidiano e popolare anche in termini di modello produttivo e valori di legame con il territorio. L’Emilia-Romagna, con il mondo cooperativo protagonista, è avanti su questo tema, lo è sull’agroalimentare in modo consolidato e finalmente lo è anche sul vino con produzioni che stanno pian piano trovando qualità e identità”.