Come conquistare Allan Bay

Un viaggio di sola andata nel paradiso del gusto. È questo che ogni gourmet sogna che un piatto gli possa regalare. E per questo è disposto a fare chilometri, pagare conti anche salati e girovagare tutta la vita alla ricerca di materie prime eccelse con cui sperimentare nuove emozioni tra i fornelli di casa. Quelli di Allan Bay, scrittore cult per tutti gli appassionati di enogastronomia (Cuochi si diventa è il suo libro più venduto), sono lì, a un passo dal paradiso e dal cielo, al diciottesimo piano di un elegante palazzo nel cuore di Milano. E tra qui fornelli crea ricette (ne ha scritte oltre 20mila), testa nuove attrezzature, sforna idee per nuovi libri, e gioca, «perché la cucina, in primis, è passione, divertimento, e, appunto, gioco». Laureato in Economia politica alla Bocconi di Milano, per molti anni si è occupato della vendita di macchine per la produzione di lampadine, poi di editoria scientifica, tecnica e medica, di produzioni televisive e solo nel 1994 ha trasformato la sua grande passione culinaria in lavoro, come giornalista e scrittore. Come mai? «E’ successo per caso. Mi ero sempre occupato di cucina come appassionato. Una sera venne a cena da me Alessandro Sallusti, allora capo della cronaca del Corriere della Sera, e sentendomi raccontare di come si mangiava nei secoli scorsi, alla fine mi propose di scrivere qualche articolo sui ristoranti di Milano. Ho iniziato così».

Vedere Allan Bay armeggiare tra i fornelli è come assistere all’assolo di un ballerino della Scala, oppure alla performance di un navigato direttore d’orchestra: al posto della bacchetta, il mestolo in mano; invece del farfallino, un immacolato grembiule bianco; e al posto degli strumenti musicali, ingredienti e materie prime. Ma l’alchimia dei gesti e la sinfonia del risultato finale sono ugualmente musica, anche se per il palato. E se di notte sogna di essere il Conte di Rumford, di giorno si deve “accontentare” di essere “solo” il re dei gourmet, ai quali ogni settimana, dalle colonne Corriere della Sera, infiamma l’estro creativo svelando trucchi e snocciolando consigli e ricette.

Cucinare con gli avanzi è un argomento molto di moda degli ultimi tempi, come mai?

Perché oggi c’è un’attenzione maggiore e un’etica ritrovata anche grazie alla crisi. Dal punto di vista macroeconomico, però, servirebbe di più saper acquistare e conservare bene: quando siamo a casa non sappiamo mai come conservare al meglio il cibo che compriamo, così, alla fine, si buttano un sacco di cose, oppure si cucinano e poi avanzano. Solitamente gli avanzi si mangiano freddi, mentre in realtà ci sono moltissimi modi per far sì che si trasformino in altre buone ricette: il compito di suggerire come fare spetta, anche, a noi giornalisti.

 

Allan Bay per molti è un guru e uno che fa tendenza in cucina. Dopo la cucina degli avanzi, quali saranno i prossimi trend?

Forse la prossima tendenza, quella che più che altro mi auguro prenda piede, sarà come conservare in modo ottimale, un aspetto che, come dicevo prima, è ben più importante del cucinare con gli avanzi.

C’è una ricetta per uscire dalla crisi che ha colpito inevitabilmente anche la ristorazione?

Non c’è una ricetta per tutti, perché ogni locale e ogni chef è diverso dall’altro: non esiste, quindi, un’unica via d’uscita, ce ne sono molte e ognuno deve trovare quella che fa per lui, secondo la sua clientela, il luogo dove si trova e la sua personalissima propensione. In  generale, comunque, ritengo che oggi gli chef debbano imparare a comperare meglio, dedicare più tempo agli acquisti. Questo significa non comprare solo dai soliti noti, ma fare un lavoro lungo e faticoso come quello di andare a caccia di piccoli produttori. Inoltre, vanno ricercati prodotti ottimi, ma meno nobili: anche con una buona cipolla si fanno piatti eccellenti. A livello internazionale, poi, è epocale l’apertura di tutto il mondo all’haute cuisine, che una volta era francese, tedesca, svizzera e un po’ italiana, mentre adesso è anche americana, scandinava e così via, per non parlare dei maestri cinesi e giapponesi. Il mondo dell’alta cucina, insomma, è diventato globale e questo è molto positivo. Oggi, quindi, dobbiamo semplicemente partecipare a una gara internazionale, dominando tutte le nuove tecniche. Per farlo, bisogna studiare, acquistare bene, pensare a piatti con ingredienti meno costosi, ma poi il resto lo fa l’istinto, che è diverso per ognuno di noi.

Quali sono gli strumenti che non devono assolutamente mancare nella cucina di uno chef casalingo?

Sicuramente la bilancia al grammo, perché l’occhio tradisce sempre. Siamo tutti abituati a guardare le ricette e ad ispirarci ad esse: il mio consiglio, invece, è di farle, seguendo precisamente gli ingredienti. In seconda battuta, non devono mancare dei buoni coltelli, ma raramente, invece, si acquistano. Quando vado a casa di qualche amico a cucinare, porto sempre con me i miei coltelli, e non capita mai che non li usi…

Lei ha pubblicato oltre venti libri e, tra le altre cose, ha curato l’introduzione del libro di  Roberta Schira L’amore goloso, una raccolta di ricette per sedurre in cucina il proprio lui o la propria lei. Ci sono secondo lei dei piatti unisex e infallibili, chiunque sia l’invitato a cena, per conquistare a tavola?

Direi di no, perché per fortuna non ci sono donne e uomini uguali. Puoi trovare una donna che adora la trippa e un’altra che appena se la vede davanti scappa a gambe levate, una che va pazza per lo Champagne e un’altra che non beve vino, anche se in questo caso un’astemia sarebbe meglio evitare di invitarla a cena…

E per conquistare Allan Bay, cosa bisogna cucinare?

Oh… Cose semplici con ottime materie prime. E non fare piatti difficilissimi, come la pasta al pomodoro: meglio un bollito misto, che non è poi così complicato da fare. In generale, comunque, io sono uno da salato, il dolce non so neanche cosa sia.

Quali sono i piatti che un gourmet dovrebbe mangiare almeno una volta nella vita?

Tutti i piatti buoni. Un vero gourmet deve aver voglia di mangiare tutto, non può dire “questo non lo mangio perché non mi piace”.

C’è qualcosa della cucina che avrebbe voluto inventare lei?

Avrei voluto inventare tutte le cose di successo, come il Roner, lo straordinario strumento che permette di cuocere a bagnomaria a temperatura controllata, che ha rappresentato  una svolta epocale in cucina.  Mi piacerebbe essere io l’inventore di tutte le tecniche nuove, ma mi accontenterei anche solo di aver creato il pacojet, che permette con una sola operazione e in pochi secondi di sminuzzare, trasformare e mantecare un base precedentemente congelata in un apposito recipiente. Ma più di tutti avrei voluto essere come Benjamin Thompson, meglio conosciuto come il Conte di Rumford, inventore della cottura a bassa temperatura, della cucina economica e del caminetto, oppure essere quello che ha portato in Europa le patate.

(mia intervista su A Tavola, ottobre 2011)

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