Cavit prende tempo

Matrimonio sì, ma con contratto prematrimoniale. Prende tempo il board di Cavit, che nemmeno ieri ha ufficializzato le modalità di rientro di La Vis nel consorzio di secondo grado. Se l’unione è certa, altrettanto sicuro è che non avverrà dall’oggi al domani. La Federazione delle cooperative del Trentino fa sapere, infatti, che «il consiglio di amministrazione di Cavit ha approvato il matrimonio, dichiarandosi disponibile, ma che ha bisogno di tempo per fare le dovute valutazioni ed analisi. Non
sarà una cosa che andrà per le lunghe, ma nemmeno immediata». Insomma, il cda del colosso di Ravina vuole vedere i conti e darli in visione ad una società di advisor, che supervisioni e faccia da consulente per la stesura del progetto di riammissione di La Vis in Cavit. «Incartamenti – proseguono da via Segantini – che vanno acquisiti in tempi brevi, per poi passare ad ufficializzare le decisioni entro qualche settimana». Insomma, le clausole del contratto prematrimoniali sono ancora tutte da decidere e il tanto atteso cda di Cavit svoltosi giovedì pomeriggio si è chiuso con una fumata nera e una prossima seduta da fissare a breve.

Ma non è solo il consiglio di Ravina a pesare nella decisione delle modalità di salvataggio di La Vis: la Federazione delle cooperative del Trentino e la Provincia autonoma di Trento hanno un grande peso e proprio per questo giovedì scorso era presente il numero uno di Fedcoop, Diego Schelfi. Del resto, in questo particolare momento di crisi delle cantine sociali trentine il peso della Federazione e della Provincia, sia a livello di contributi economici (50 milioni di euro) sia a livello politico, non può essere che decisivo.

Nell’attesa, come di consueto, si accende il carosello delle indiscrezioni. C’è chi dà per certo che l’accordo tra La Vis e Cavit prevederà l’imbottigliamento e la commercializzazione delle bottiglie, non dello sfuso, fetta importante del fatturato del gruppo lavisiano: il vino non imbottigliato, infatti, pesa per il 60% circa della produzione. E pare anche che Mezzacorona, che assieme a Cavit aveva presentato un progetto di salvataggio al board di La Vis, non sia affatto al cento per cento fuori dai giochi. Alla cantina rotaliana potrebbero infatti interessare non tanto le partite di vino, quanto il settore frutticolo, in particolar modo le mele, settore (4,5 milioni di euro di remunerato contro i 9 dell’anno precedente)  inglobato da un paio di anni in cantina La Vis con la fusione con il consorzio Cinque Comuni. Anche Mezzacorona ha le “sue” mele, le “Valentina”, e nella politica di espansione del business potrebbe rientrare la necessità di maggiori quantitativi, che potrebbe essere soddisfatta da quelli presenti a Lavis.

Prontamente, arriva poi il commento dei sindacati. «Abbiamo appreso dai quotidiani locali  – dice in una nota Stefano Montani di Flai Cgil – che la cantina La Vis si è indirizzata sulla strada che porta a Cavit. Forse interpretiamo in maniera distorta quanto riportato dai giornali, ma sembra quasi che i protagonisti della vicenda si facciano i complimenti a vicenda per come stanno apprestandosi a togliere le castagne dal fuoco. Vorremmo, però, ricordare loro che nel famoso e condiviso “rilancio generale del vino trentino” devono necessariamente rientrare anche  i lavoratori di Casa Girelli e, perchè no, quelli delle cantine di Nomi e, se va male, anche di Avio.  Senza dimenticarci degli agricoltori che con ogni probabilità vedranno il loro prodotto conferito a La Vis remunerato circa la metà di quello di altre cantine».

(mio articolo sul Corriere del Trentino di oggi)

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Commenti

    • Giuseppe
    • 29 Agosto 2010

    Per certi aspetti questa vicenda mi ricorda l’Alitalia ai tempi della sua privatizzazione.
    Gli ingredienti non mancano, debiti, acquirenti più o meno convincenti, dipendenti che protestano, soci in apprensione.
    Ci manca, l’acquirente estero e la P.A.T. che possa fare da regia e tessere questa trattativa che sembra arrivata ad un punto morto.
    E però no, manca la cosa più importante, una cordata di imprenditori che acquistino la preziosa azienda. No no, siamo lontani dall’Alitalia.
    Però scherzi a parte sarebbe un peccato che arrivino i Cinesi o gli Indiani e ci soffiassero via una perla anche se un po’ azzoppata dai debiti, e allora?
    E allora ci vorrebbe un bel colpo di reni da parte della cantine della Rotaliana, sì tutte tre assieme, che si parlino, diano un calcio alla Cavit e con una mano sul cuore e una sul portafoglio mettano fine all’odissea di questa splendida azienda.
    Si darebbe vita ad un polo della vitivinicoltura trentina niente male.

    Oh scusate, suona la sveglia. Stavo sognando…

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