Bambini e genitori nei luoghi pubblici.

Dopo un mese trascorso a scorrazzare tra posti, ristoranti e spiaggie, oggi vorrei parlare della maleducazione dei bambini – o, forse, sarebbe meglio dire, dei loro genitori – nei luoghi pubblici.

Di esempi a cui attingere credo che ognuno di noi ne possa vantare svariati. A me, ad esempio, è capitato recentemente di trovarmi in un romantico tete a tete  quando, al tavolo a fianco al mio, si è accomodata una coppia con un bimbo di qualche anno. Poco dopo, il pargolo ha iniziato a piangere a squarciagola e i genitori sono restati immobili per tutta la durata del pasto, senza fare niente per acquietarlo, come se anche tutti gli altri commensali dovessero subire per una sera quello che probabilmente loro vivono tutti i giorni. Potrei parlarvi anche di tutte quelle volte che mi sono ritrovata sotto il tavolo il bimbo di qualcuno che, a gattoni, si divertiva a nascondersi da mammà, oppure di quelle due o tre coppie di genitori che vanno in pizzeria e lasciano i figli correre e schiamazzare in giro per il locale. «Poverini, sono bambini, mica si possono far stare fermi al tavolo per tutta la cena», si giustificano. Sono gli stessi genitori che scelgono locali attrezzati con zone giochi per i bambini, perché i loro principini e le loro principessine sono abituate a fare una forchettata di gnocchi e poi rotolarsi per terra, tornare a mangiare un altro boccone e ancora fuggire a fare qualche capriola e via così a ogni pasto, ogni santo giorno. A casa e fuori casa.

Per cercare di arginare atteggiamenti di questo genere c’è anche qualche ristoratore che si è ingegnato. L’idea più istrionica l’ho trovata in un locale di Bergamo, dove l’arguto patron si è attrezzato di dvd player portatili inclusi nei menu dei bambini che, così, se ne stanno buoni al tavolo a guardarsi il loro cartone animato preferito. Sconvolgente.

Vogliamo parlare poi dei piccoli angioletti in spiaggia? Con le mamme che urlano più di loro per dire di non fare quello o questo alle due del pomeriggio, cioè quando tu pensavi di goderti una meritata pennichella in tranquillità perché i bambini a quell’ora, ai tuoi tempi, si ritiravano nella camera dell’hotel a dormire?

Io, come molti miei amici coetanei e non, quando venivamo portati al ristorante o in qualsiasi altro luogo pubblico eravamo costretti dai nostri genitori a un rigore quasi, oserei dire, militare: dovevamo mangiare educatamente, stare composti, guai alzare la voce e tanto meno alzarci da tavola se non per andare alla toilette. E questo succedeva anche a casa. Perché le buone maniere e le regole si imparano prima dentro le proprie quattro mura. Se non ci comportavamo così, volavano castighi e forse anche qualche schiaffone, perché ne andava della rispettabilità della famiglia. Ma ora la filosofia di educazione parla solo di permissivismo, forse anche perché è più facile non intervenire che continuare a dire no e cercare di imbrigliare l’estro primordiale in quei cari e vecchi canoni sociale sempre più dimenticati. Soprattutto a discapito del rispetto degli altri.

Permettetemi poi un’altra considerazione che scatenerà ancora di più le ire di molte e molti di voi. Mi ha colpito, un po’ di tempo fa, un articolo del Corriere della Sera che gridava allo scandalo e additava di razzismo un albergatore della montagna trentina che aveva invitato gentilmente una signora intenta ad allattare suo figlio in una sala affollata dell’hotel ad  appartarsi in una zona più intima. La signora ne fu indignata. E anch’io, ma di lei. Perché anche in questo caso si tratta di rispetto verso gli altri: allattare un bambino è un gesto molto tenero, dolce, ma non è detto che a tutti faccia piacere assistervi. C’è chi ha pudore, c’è chi prova disagio, e credo che queste persone vadano rispettate tanto quanto la signora di cui sopra.

Infine, un appello ai papà e alle mamme con carrozzina o passeggino: ogni tanto ricordatevi che non ci siete solo voi per strada o nelle corsie del supermercato e quando vi capita di passare con le ruote sopra i nostri piedi (magari rovinando le nostre scarpine appena comprate), almeno voltatevi a chiederci scusa. Perché, per tutti vale una regola: non siamo gli unici ad avere dei figli, e se noi li abbiamo e gli altri no, non per questo siamo autorizzati a far gravare sugli altri la nostra personalissima scelta di avere per casa quei deliziosi bebè che tanto amiamo (ma che ogni tanto vorremmo anche poter far sparire per qualche ora).

 

 

 

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Commenti

  1. Cara Francesca, mi vien fatto di pensare che non hai bambini… ! in genere infatti, chi li ha, o li ha avuti, è più portato alla tolleranza. Sono d’accordo però su un fatto: l’educazione. O meglio, la deprecabile assenza della medesima. Non è giustificabile, mai, da nessuna parte, a nessuna età. Ma vedi, i permissivi genitori di oggi altro non sono che i giovani di ieri, che a loro tempo strepitavano contro l’educazione repressiva impartita dai loro genitori, e si ribellavano invocando libertà&autogestione. Ebbene, di tanta libertà e permissivismo stiamo adesso facendo le spese noi, oggi, mentre i bambini di oggi (adulti di domani) stanno crescendo in una società incapace di dar loro non solo delle regole (sensate), ma semplicemente dei punti fermi: e crescere senza un sistema di riferimento anche solo comportamentale non è una fortuna, è una jattura. Una autentica disgrazia, come può confermarti qualsiasi psicologo (dell’età evolutiva, e anche delle successive). Rispetto di se’ e degli altri: è così difficile da capire??

    • Geisha Gourmet
    • 6 Settembre 2011

    Cara Lizzy, mio marito ha un figlio ed è da quando ha sei anni che sta anche con me/noi, molti giorni in settimana. Ti assicuro che non si è mai comportato come ql che descrivo… E per il mio lavoro, che abbiamo in comune, è capitato di portarlo anche a cene impegnative. Per il resto, sono proprio d’accordo. Un bacio. F.

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