Era il 1977 quando fu imbottigliato per la prima volta il porta bandiera di Castellare di Castellina, I Sodi di S. Niccolò, a base di Sangioveto e Malvasia Nera, due vitigni autoctoni del Chianti Classico. Da allora, sono seguite 40 vendemmie (1978 non imbottigliata) e riconoscimenti sempre più importanti fino a conquistare per ben due volte, prima con l’annata 2013 e poi nuovamente quest’anno con la 2016, il titolo di primo vino italiano, sommando i punteggi della critica italiana ed estera. L’annata 2016 de I Sodi di S. Niccolò è prima con un totale di 960 punti (98 da Antonio Galloni, 96+ da Robert Parker, 96 da Wine Spectator, 95 da James Sucking più i punteggi delle cinque maggiori guide italiane), seguita da Solaia con 958,5 punti e Sassicaia con 956.
Per celebrare questo successo, ottenuto proprio nell’anno in cui ricorre l’importante anniversario delle 40 vendemmie, l’annata 2017 indossa un abito speciale: l’iconico uccellino, presente da sempre sulle etichette dei vini rossi di Castellare, simbolo dell’impegno quotidiano per una viticoltura sostenibile già da 40 anni, si posa per la prima volta su un elegante sfondo nero su cui appare in rosso il numero 40. Per l’occasione, è stata realizzata un’edizione limitata in grandi formati insoliti, da 15 e 18 Litri, che ripropone in etichetta i 40 uccellini delle 40 annate de I Sodi di S. Niccolò. Il primo esemplare di entrambi i formati verrà battuto da una primaria casa d’aste internazionale. Ad accompagnare queste grandi bottiglie da collezione sarà un libro d’arte di grande formato, in italiano, inglese e cinese, stampato al torchio e numerato, che raccoglie i disegni originali degli uccelli realizzati da John Gould (1804-1881), uno dei più grandi ornitologi dell’epoca vittoriana, riprodotti sulle etichette de I Sodi di S. Niccolò dal 1977 ad oggi.
“La vendemmia 2017, si sa”, spiega Alessandro Cellai, enologo di tutte e 4 le aziende del gruppo Domini Castellare di Castellina, “non è stata un’annata facilissima perché caratterizzata da un periodo di siccità molto lungo e da temperature piuttosto elevate. Tuttavia, grazie alla collocazione geografica molto favorevole dei vigneti Sodi e San Niccolò, abbiamo ottenuto una grande qualità. L’anfiteatro vitato di Castellare si trova, infatti, ad un’altitudine media di 430 metri sul livello del mare ed è raggiunto dalle correnti d’aria fresca della Valdelsa che mitigano le temperature. Ecco perché, anche in annate particolarmente calde come la 2017, o la 2010 e la 2013, le viti sono riuscite a completare il loro percorso vegetativo in maniera ottimale e gli acini hanno mantenuto al proprio interno un’acidità importante.
L’annata 2017 aggiunge alle caratteristiche strutturali proprie de I Sodi di S. Niccolò, una grande freschezza e longevità: il vino si presenta immediatamente di grande struttura, sia olfattiva sia gustativa, e ha una vena acida decisamente marcata che lo rende lungo e persistente, atto ad essere un vino da lunghissimo invecchiamento, ideale per celebrare 40 Vendemmie”.
I Sodi di S. Niccolò è stato il primo vino italiano inserito nella Top 100 del 1988 (la prima) di Wine Spectator con l’annata 1985; replica nel 1989 con l’annata 1986. E’ uno dei pochissimi Supertuscan realizzato esclusivamente con vitigni autoctoni: 85% di Sangioveto e 15% di Malvasia Nera provenienti dai due migliori Cru di Castellare.
“Con il grande Luigi Veronelli” racconta Paolo Panerai, giornalista, editore e patron di Castellare di Castellina “un giorno stavamo scendendo dalla cantina di Castellare di Castellina verso la vigna più bella della proprietà. Quella che i vecchi mezzadri avevano battezzato vigna de’sodi, per il terreno particolarmente duro e ricco di pietre: il migliore per fare il vino. Sulla destra della discesa c’è la Chiesa di S. Niccolò del 1300, circondata da un’altra vigna con la stessa tipologia di terreno che i mezzadri avevano battezzato come il santo.
Lui si fermò e mi disse: ‘Paolo, ecco il nome per quel vino straordinario che mi hai fatto assaggiare: chiamalo I Sodi di S. Niccolò, ma con la ‘I’ davanti, mi raccomando. Perché quello, e solo quello, sarà il vino straordinario che porterà questo nome’”. Luigi Veronelli aveva assaggiato la prima annata, quella del 1977. Da allora sono seguite 40 vendemmie che hanno consolidato negli anni il successo di questo Gran Cru caratterizzato da “una grande concentrazione olfattiva e da una trama fitta ed elegante, sostenuta dall’importante acidità del Sangioveto, da tannini dolci e da un finale lungo e di grande persistenza”.
Nel cuore del Chianti Classico, Castellare di Castellina è una proprietà di circa 80 ettari, di cui 33 vitati e 12 ad uliveto, adagiati sulle colline di un anfiteatro naturale esposto a sud-est, con un’altitudine media di 430 metri sul livello del mare. Circondate da boschi, le vigne hanno un’età fra 7 e oltre 45 anni con rese nettamente al di sotto di quanto previsto dal disciplinare della DOCG Chianti Classico per ottenere il massimo della qualità. Un’ottima esposizione al sole, un buon drenaggio dell’acqua, un suolo misto di marne calcaree, galestro e argilla creano un terroir perfetto per vini di grande struttura, eleganti e adatti a un lungo affinamento in bottiglia.
Castellare di Castellina fa parte del gruppo Domini Castellare di Castellina che comprende altre tre cantine: Rocca di Frassinello, nata nella Maremma toscana in joint venture con Domaines Barons de Rothschild-Château Lafite, Feudi del Pisciotto e Gurra di Mare in Sicilia. Quattro aziende e un solo grande enologo, Alessandro Cellai, delfino di Giacomo Tachis, padre del Rinascimento dell’enologia italiana.