Cari Amici, pubblico integralmente una lettera che mi è arrivata ieri relativa alla designazione dei due comitati tecnici per il vino trentino. Personalmente, oltre ad essere d’accordo con quanto scritto dal lettore, sono anche convinta che nella formazione dei 7+7 di cui potete leggere qui ci siano persone volenterose ma che probabilmente molto poco possono fare. Un solo pensiero: non sento in giro di altre regioni che hanno dovuto fare comitati tecnici per risollevare le proprie sorti enologiche… Ho visto imprenditori tenere duro, fare squadra e reinventarsi… Imprenditori che ci sono anche in Trentino e i cui bilanci, mi risulta, stiano andando bene anche di questi tempi. Chi non va bene, invece, sono le cantine sociali. Ma allora, mondo del vino “privato”, vignaioli indipendenti, perché non decidere di tirarsene fuori in toto e iniziare una strategia di marketing e comunicazione indipendente? Parliamone!
Cara Francesca,
l documento dei cosiddetti 4 saggi dell’agosto scorso era stato accolto con un certo sussiego, tanto deboli erano sembrati gli input per un deciso rilancio della vitienologia trentina. Cose sacrosante, ma nulla che potesse disturbare le oligarchie o stimolare il viticoltore. Eppure qualche indicazione c’era, come la segmentazione fra aziende industriali e territoriali per rendere più nitida l’immagine dei vini di qualità e l’auspicio di creare il primo consiglio interprofessionale d’Italia.
Nulla di tutto ciò sembra intuibile dalle nomine di ieri. Al posto dell’attesa cabina di regia unica hanno fatto due gabbiotti uno per la produzione ed uno per la promozione, con la mano destra che continuerà a non sapere bene cosa fa la sinistra. Dopo tutto, se nell’ultimo decennio ci fosse stata una regia politica, il problema non si sarebbe posto né allora né oggi, per cui non pare applicabile nemmeno il “divide et impera” perché Cesare sapeva cosa voleva, mentre qui Cesare continua a brancolare fra nobili annunci e decisioni contraddittorie. Come giudicare altrimenti la clamorosa assenza di rappresentanti delle Cantine di primo grado senza le quali ogni piano di valorizzazione territoriale calato dall’alto sfumerebbe di fronte all’esigenza delle industrie globalizzate? Come coordinare unitariamente la promozione sui mercati se la stragrande maggioranza dell’export riguarda vini non trentini? E come faranno questi benemeriti dipendenti ad imporre la compartecipazione alle spese promozionali ai titolari d’impresa?
Sono solo alcune delle perplessità che traspaiono dalla delibera provinciale che fra le righe esautora anche la Camera di commercio dal coordinamento delle iniziative ora affidato ad un innominato rappresentante di Trentino Marketing.
Ci voleva “un” Monti anche per noi, sostenuto dalla PAT e non tante colline in cima alle quali non s’intravvede l’orizzonte!
Angelo