Sondaggi Vinitaly | Le carte dei vini si restringono. Tre pensieri in proposito.

Il tema del giorno è questo. Un sondaggio di Vinitaly che ha coinvolto 300 ristoranti top in Italia estrapolati dall’incrocio delle principali guide italiane (Gambero Rosso, Il Golosario, Slow Food, L’Espresso, Jeunes Restaurateurs d’Europe) rileva che le carte dei vini si stanno sempre più restringendo. Prima di lasciarvi alla lettura del comunicato della fiera di Verona, farcito di commenti di vari attori della filiera, vorrei osservare alcune cose su questo argomento:

1. Forse non riguarderà i 300 top restaurant che hanno preso parte a questo sondaggio, ma visto che non sono certo loro da soli che fanno i numeri dei consumi del vino per chi va fuori a cena, vale la pena dire questo: quanti sono i ristoratori che hanno una carta dei vini personale, cioè frutto dei propri gusti e della propria ricerca? Non è forse vero che molto spesso capita che la carta dei vini di un ristorante medio la fa il rappresentante più simpatico, con le sue referenze? (che quindi non possono essere sterminate…).

2. Non è mica un problema solo italiano, visto che anche a Parigi recentemente ho notato la stessa “malattia”: al ristorante i ricarichi sul vino sono IMPRESSIONANTI (cinque, sette volte in più del prezzo dell’enoteca), nella maggior parte dei casi. Così, credo che alla fine tutti noi consumatori dovremmo far appello al diritto di stappo e portarci la bottiglia da casa (che solo in Europa non fa chic) e anche chiedere di portare via quella ordinata dalla cantina del ristorante e lasciata a metà.

3. Problema magazzino, ovvero la cantina. La tendenza sui mercati, di qualsiasi settore si tratti, oggi è rivolta a fare meno scorte possibili. Ecco perché certo non mi stupisco che la cantina – da sempre un investimento mica male per il ristoratore – oggi sia tra le più penalizzate. Butto lì: e promuovere il conto vendita come da sempre fanno gli editori con i libri?

Ecco invece quanto raccolto da Vinitaly nel comunicato stampa di oggi. Buona lettura!

Finite le feste non bastano le bollicine, che a pieno diritto stanno diventando un vino da tutto pasto, a tenere su i consumi di vino nei ristoranti. Così le carte dei vini languono e l’offerta si assottiglia, specie dove una volta c’erano più di 100 etichette; lo dice il sondaggio di Vinitaly che ha coinvolto 300 ristoranti top in Italia estrapolati dall’incrocio delle principali guide italiane (Gambero Rosso, Il Golosario, Slow Food, L’Espresso, Jeunes Restaurateurs d’Europe).

“Nel 2011 per primi abbiamo aperto il dibattito sul recupero del mercato interno – afferma Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere –. Il tema è rimasto quanto mai attuale, così abbiamo deciso, in preparazione della nuova edizione di Vinitaly, di approfondire l’argomento focalizzandoci sul canale che ha indubbiamente necessità di individuare nuovi strumenti e modalità di approccio al consumatore, così da arrivare all’appuntamento del 25-28 marzo con un bagaglio di informazioni e opinioni dai quali cercare di trarre delle conclusioni utili per l’intero settore”.

Quattro le domande poste ai principali attori della filiera: produttori, distributori, ristoratori, comunicatori, per capire se si tratta veramente di crisi economica o se piuttosto è in atto un cambiamento dei gusti dei consumatori, sempre più attratti dai vini di altri Paesi. E se i gusti stanno cambiando, dove stanno andando? Servono nuove strategie di presentazione del prodotto e in questo caso quali? Un appuntamento settimanale fino a marzo, un dibattito aperto ai commenti di tutti sul sito http://aspettando.vinitaly.com.

Secondo Daniele Simoni, direttore di Schenk Italia, “la riduzione del numero di etichette offerto presso i ristoranti è causata da una serie di eventi che si sono verificati nello stesso periodo: crisi economica, diminuzione del limite consentito come tasso alcolico per chi guida, con conseguenti controlli più severi, e una clientela più selettiva nella scelta dei vini. Messi a dura prova i ristoratori hanno dovuto fare di necessità virtù per evitare di avere stock con poca rotazione, e pertanto non redditizi”.

L’analisi del rappresentante della distribuzione è solo in parte condiviso da produttori e ristoratori. Per i primi risponde Lucio Mastroberardino, presidente di Uiv (Unione italiana vini): “Credo che la crisi si sia innestata su un problema più profondo che riguarda la ristorazione. A dirlo non sono io,  ma il direttore di Fipe (Federazione italiana pubblici esercenti, Edi Sommariva, che riconosce alla categoria poca managerialità, ristoratori che scambiano l’incasso con il guadagno, per cui alla fine si trovano strangolati dalle spese, magazzino compreso”. Punta invece il dito sulle leggi che regolamentano la somministrazione di alcool lo chef Giancarlo Perbellini, proprietario del Ristorante Perbellini di Isola Rizza (Verona).

Per rivitalizzare i consumi non c’è una ricetta unica. “Occorre – secondo Mastroberardino – un differente approccio nella presentazione e nel servizio ai clienti, che sempre più necessitano di qualcosa in più, come informazione, formazione, anche intrattenimento sul vino, come il coinvolgimento dei produttori”. 

Molto possono fare i sommelier. “Nel mio ristorante – dice Perbellini – il sommelier determina il 90% delle vendite. Il cliente apprezza la figura di un referente specifico, accettando di discutere i consigli che gli vengono suggeriti e i confronti che stimolano una conversazione competente e dalla quale poter trarre, magari, anche nuove considerazioni”. “Chi ha queste caratteristiche – afferma Marco Gatti, giornalista enogastronomico – sapendo gestire acquisti, vendita e servizio, non è un costo, ma diventa una risorsa preziosa per il locale in cui opera”.

Intanto cambiano anche i gusti dei clienti, con le bollicine che prendono il posto dei vini muscolosi tanto amati negli anni scorsi e le etichette straniere, non solo francesi, sempre più richieste.

Secondo Gatti il crescente interesse per i vini di altri Paesi dipende dal fatto che “i consumatori oggi bevono meno ma meglio, il che implica una maggiore curiosità”. Questo allarga i confini della competizione e “la sfida oggi è più che mai sul campo della qualità. Senza pregiudizi”.

Inoltre, “il consumatore italiano – puntualizza Simoni – é ormai abituato a viaggiare ed è sempre più interessato a riassaggiare i sapori che ha degustato all’estero.  Questo fenomeno fino ad oggi è andato a vantaggio dell’esportazione dei nostri vini, ma in futuro dovremo abituarci anche a subirlo in parte, soprattutto da Paesi, come la Spagna, molto interessanti dal punto di vista turistico, che sono anche un nostro concorrente temibile in termini di rapporto qualità/prezzo”.

 

Le interviste complete sono disponibili sito http://aspettando.vinitaly.com dove è possibile partecipare al dibattito.

L’indagine “Vinitaly incontra la ristorazione” è disponibile nella sezione “Studi e Ricerche” dell’Area Stampa del sito www.vinitaly.com.

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Commenti

    • bepi
    • 4 Gennaio 2012

    Brava, bravissima Geisha!
    Se questo – come mi sembra – è il primo post del 2012, sei partita proprio alla grande.
    Condivido in pieno quello che scrivi. Spezzerei una lancia anche per promuovere la vendita di vino al bicchiere (a prezzo equo), un gesto di civiltà che ha un trend di crescita troppo lento.
    Lasciami aggiungere una battuta cattiva:
    – il “conto vendita” lo hanno già inventato quei ristoratori che ordinano il vino e non lo pagano… E, a differenza dei libri, non vengono neppure restituiti.
    Buon proseguimento!
    Bepi Pucciarelli

  1. Per quanto in linea generale più scelta è meglio di meno scelta, a meno di non avere qualcuno che li spiega e li propone, non ha senso avere venti vini della stessa denominazione, disorienta il cliente. E forse questa moltiplicazione di vini era dovuta ad un uso disinvolto del “conto vendita” di cui parla Bepi.
    Situazione contingente a parte (riduzione dei consumi, etilometro), c’è anche da dire che di gente che sappia scegliere un vino dalla carta ne vedo sempre meno in giro.

    • Geisha Gourmet
    • 9 Gennaio 2012

    Ciao Vittorio, sono d’accordo con te. Ho due domande: allora in generale c’è stata una riduzione della disponibilità delle cantine di fare il conto vendita? e siamo sicuri che gente che sappia scegliere il vino ce ne sia sempre meno, o la situazione sostanzialmente è stabile? perché altrimenti non mi spiego il fenomeno dei corsi di avvicinamento al vino: in questi ultimi anni ho conosciuto talmente tanta gente che li ha fatti da sorprendermene… In teoria questo un po’ di cultura lo dovrebbe aver instillato… Se no, come mai secondo voi?

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