La “domanda del giorno” era uno dei nostri giochi preferiti.
A turno ognuna di noi doveva pensare ad un quesito da sotto- porre alle altre via email e il tema era assolutamente libero: po- teva andare dalla politica alla cultura, dalla psicologia al sesso, dai consigli sul look a quelli su qualcosa di personale. Il lunedì toccava a Zoe, il martedì a Giulia, il mercoledì a me, il giovedì ad Alice e il venerdì ad Alessandra. Era mercoledì e la mia do- manda del giorno, quella settimana, era: «Desiderate mai qual- che imprevisto?».
Mi era venuta di getto, riflettendo sulle cose che mi erano successe nelle ultime settimane. In realtà nel mio lavoro gli imprevisti sono all’ordine del giorno e forse è una delle cose che lo rendono così affascinante. Ma non era questo a cui stavo pen- sando quando buttai lì il mio quesito, piuttosto mi erano venuti in mente gli imprevisti della vita privata, quelli che arrivano a scuotere la routine e, in un modo o nell’altro, ti danno nuovi stimoli, nuovi spunti di riflessione oppure semplicemente delle emozioni, inedite o ritrovate.
La prima a rispondere fu Giulia.
«Fino a qualche tempo fa avrei risposto “no”, ma ora che considero Pietro il mio più grande imprevisto, dico “sì”. Lui è davvero l’imprevisto che credevo che non avrei mai avuto, perché non avrei mai pensato di poter volere una vita lontano da Fabio. Eppure questa cosa tanto mi spaventa, tanto mi fa felice. Mi sento diversa, mi sento una nuova Giulia, forse quella vera e non quella che ha sempre cercato di essere la donna ideale di suo marito, assecondandone ogni esigenza, dal modo di fare agli abiti da indossare. Oggi mi accorgo che se tornassi indietro non rifarei le scelte che dieci anni fa mi sembravano così giuste. Non so se rifarei nemmeno i miei figli: credo siano l’unica cosa buona che ho fatto nella mia vita, ma avrei potuto aspettare un po’ di più, darmi più tempo. Invece avevo fretta di prendermi quello che avevo sempre sognato da bambina, mentre ascoltavo le favole di Cenerentola e Biancaneve, e che Fabio poteva darmi: il principe, il castello, una vita agiata, vacanze di lusso, feste mondane. Quando ho conosciuto Pietro, invece, ho capito che tutto questo non aveva valore: non lo aveva, perché non amavo davvero la persona con cui lo condividevo. Rendermene conto è stato il primo grosso imprevisto, a cui sono seguiti tutti gli altri. Vivo questo momento con estrema tranquillità, se non fosse per i bambini, che non vor- rei mai vedere soffrire. Per me stessa, invece, l’imprevisto Pietro è stato come rinascere. Oggi sono davvero io».
Giulia stava percorrendo una strada a senso unico e nessuna di noi era riuscita a farle vedere le possibili vie alternative che avreb- be potuto intraprendere, giusto per capire un po’ meglio cosa rap- presentava per lei questo nuovo rapporto: era amore o solamente un’infatuazione da retaggio adolescenziale? Noi temevamo che la risposta giusta fosse la seconda, ma Giulia ormai non ragionava più, vedeva solo il suo musicista e per lui avrebbe rinunciato a qualsiasi cosa, pagando qualsiasi prezzo. Una cosa buona, Pietro, l’aveva fatta: fare capire a Giulia quanto valeva e quante risorse poteva avere oltre all’essere una brava moglie e un’ottima madre. Da qualche mese, infatti, Giulia si era iscritta nuovamente al Dams e, questa volta, non aveva intenzione di mollare.
Poco dopo la riposta di Giulia arrivò quella di Zoe.
«Ovviamente sì. E ieri sera ne ho avuto uno che vi devo asso- lutamente raccontare…».
Zoe era la solita: sintetica e accattivante, con quel suo modo di fare un po’ maschile nell’approcciare certe situazioni che la rendeva ancora più intrigante. Tanto romantica, quanto caccia- trice, c’era da scommetterci che il suo imprevisto aveva a che fare con un uomo.
Alice ed Alessandra, quella mattina, erano insieme e così la rispo- sta arrivò in un’unica email, scritta dal Blackberry di Alessandra.
«Alice ed io siamo concordi nel rispondere un “no” categori- co ed assoluto. In nessun caso, né sul lavoro né nella vita privata. Forse perché di imprevisti ne abbiamo avuti troppi e quasi tutti spiacevoli».
Il mercoledì era anche il giorno dedicato alla palestra e, soprattutto, alla serata aperitivo-gourmet, che da quando avevamo de- ciso di fare un po’ di movimento fisico era diventato più che altro una meritata ricompensa dopo due ore di corso “brucia grassi” ed esercizi aerobici. Il nostro ritrovo era lo Zebra. Lampade Foscarini, divanetti Chesterfield, pavimenti di vetroresina, pareti in pietra ricostruita e tanto acciaio e vetro: trendy, ma al contempo molto accogliente. La clientela era eterogenea: molte facce erano quelle del Church, ma svariate altre appartenevano alla categoria che le ragazze ed io avevamo coniato ad hoc, quella dei “belli di gomma”. Ci uscì così, una sera allo Zebra, mentre ci stavamo guardando attorno: eravamo attorniate da volti perennemente abbronzati, sorrisi lucidissimi, telefonini all’ultima moda, nessun interesse per quello che stavano bevendo o piluccando, molta attenzione, invece, se qualcuno aveva l’ultima borsa di Louis Vuitton o un addominale più scolpito del proprio. «Che finti!», sussurrai alle ragazze. «Di gomma», disse Zoe.«Belli di gomma», sentenziò Giulia. Così nacque quel termine.
Entrammo nel locale che erano le nove di sera, affamate come al solito. Quella sera l’aperitivo-gourmet proponeva dei piccoli assaggi di tartare: nell’ordine, tartare di ricciola e mango, di pe- sce spada e pompelmo, di capesante e olive taggiasche, di chianina e di carne salada. Sfogliammo la lista dei vini al bicchiere proposti per la degustazione e poi, finalmente, iniziammo a rilassarci.
«Giulia ormai usa la scusa della palestra e dello Zebra per vedersi con Pietro, ma Alice che fine ha fatto?», chiesi ad Alessandra.
«Non aveva voglia di uscire, era un po’ giù. Anche stamattina non era in gran forma», mi rispose.
«Hai scoperto qualcosa di più sulla sua scelta di non ripartire per Londra?»
«No, ma da come stava oggi ti posso assicurare che si deve trattare di una grande delusione, temo legata a Mark».
Mark era il più recente flirt di Alice, un ragazzo che lavorava con lei nell’ultima produzione teatrale in cui era stata impegna- ta. Sembrava scorresse tutto liscio finché Alice non era tornata a casa per Natale: alle domande su di lui rispondeva in manie- ra vaga e sfuggente, dando la sensazione che fosse una liaison poco impegnativa, piuttosto che qualcosa che la stesse facendo soffrire. Alice, però, era una che sapeva nascondere bene le sue emozioni, anche con noi del club.
«Prima riuscirà a parlarne, prima se ne tirerà fuori», commentò Zoe trovando sia me che Alessandra d’accordo.
«E tu, invece, che imprevisto hai avuto ieri sera?», chiesi curiosa a Zoe.
«Adesso vi racconto», rispose lei divertita e con quella luce particolare negli occhi che solo una nuova conquista le sa dare.
«Ero appena arrivata a casa e non vedevo l’ora di farmi un ba- gno caldo per poi andare a letto. A un certo punto però è suonato il cellulare: pensavo fossi tu, Cleo, invece indovinate chi era?»
Alessandra e io ci guardammo con aria persa: scartabellando tra tutti i nomi possibili in quel momento non ce ne veniva in mente nemmeno uno adatto a tanta eccitazione.
«Era Max», ci disse Zoe.
L’ultima persona che sarebbe dovuta tornare nella vita di Zoe. Max, infatti, era un istruttore di body building di cui si era inna- morata una dozzina di anni prima e con il quale aveva instaurato un rapporto molto più che strano e deleterio: per un po’ di mesi si frequentavano, poi lui spariva per altrettanti mesi e quindi ricompariva, come se niente fosse. Le frequentazioni, inoltre, erano tutte impostate sul sesso: mai usciti a cena, mai andati a vedere un film o a fare un aperitivo, si vedevano solo per sfogare la loro attrazione reciproca, che per Zoe, però, era anche amore. Lei, diceva, era convinta di vedere in lui quello che nessun al- tro vedeva. Al di là dei tatuaggi, dei muscoli e delle grandi doti amatorie che Max dispensava con generosità ad una buona fetta del pubblico femminile della città, non pareva esserci infatti un gran che di sostanza interiore. Zoe, invece, diceva di sì: ci vede- va un’anima che la attirava come nessun altro. Così, fino a un paio di anni prima il loro rapporto era andato avanti in questo strano modo, una sorta di vita parallela che Zoe aveva e che non le precludeva di vedersi con altre persone e avere storie durante le quali smetteva di frequentare Max. Due anni prima, poi, Zoe aveva deciso di dire basta. A indurla a troncare il rapporto con Max fu una frase che lui disse una sera, mentre si stava rivestendo dopo aver fatto l’amore. «Questa casa sta diventando troppo famigliare per i miei gusti». Zoe proseguì la serata come se niente fosse, ma quando lui se ne fu andato prese il cellulare e cancellò il suo numero. Non lo avrebbe cercato mai più. Il giorno dopo cambiò anche il suo numero di telefono mobile e in ufficio lasciò detto alla segretaria che se lui avesse chiamato, lei non ci sarebbe mai stata.
«Come ha fatto a rintracciarti?», le chiesi.
«Non lo so. Ma sai come ha esordito? Non ha detto né ciao, né chi era, dando per scontato che riconoscessi la sua voce. Mi ha detto solo “ti sei fidanzata?” e io, che sapevo benissimo con chi stavo parlando, per qualche secondo non sono riuscita a spiccicare nemmeno un monosillabo, tanto ero sorpresa». Fece una pausa per assaggiare un po’ di tartare di ricciola e poi pro- seguì. «Gli ho detto: “Cosa te lo fa pensare?” e lui “Beh, sei spa- rita, non mi hai più cercato. Ho ragione?”. Gli ho risposto che si sbagliava, ma che avevo deciso di troncare la nostra relazione e dovevo farlo nel modo più drastico possibile, altrimenti non sarei mai riuscita a staccarmi da lui».
«E Max cosa ti ha detto?», incalzò Alessandra.
«Mi ha chiesto perché mai avrei dovuto staccarmi da lui, che mi ha pensata molto in questi due anni e che mi voleva vedere, magari una di queste sere a cena, ancora meglio se poteva passa- re a prendermi di lì a un’ora».
«Non avrai mica accettato l’invito?», le domandai con tono deciso.
«Sì, ma state tranquille, non è successo niente, abbiamo semplicemente parlato, scherzato e riso. Quando mi ha riportata a casa non ha nemmeno provato a chiedermi di salire, ma solo se potevamo rivederci».
«Non era Max, probabilmente era il suo fratello gemello che non abbiamo mai saputo che lui avesse», le dissi ridendo.
«No, ti assicuro che era lui, bellissimo come sempre. Mi ha detto che in quest’ultimo periodo ha capito molte cose, soprattutto che è stanco di avere solo avventure, che vorrebbe una compagna stabile, che ha voglia di innamorarsi…».
«Di innamorarsi, lui?», esclamò Alessandra strabuzzando gli oc- chi e anch’io non riuscivo a nascondere il mio stupore. Poi aggiun- se la sua consueta frase di massimo disappunto: «Zoe, ti prego…».
«Ma sei sicura? Non è che ha cambiato tattica per raggiunge- re lo stesso obiettivo?», chiesi a Zoe.
«Non credo ne abbia bisogno. E poi perché venire a cercarmi, quando può avere tutte le donne che vuole?»
«Per una questione di principio – il fatto che sia stata tu a troncare e non lui – e per una logica tipicamente maschile: pren- dersi l’unica preda che gli sfugge, l’unica che non lo vuole», le risposi.
«Può essere, Cleo, ma se non fosse così? Non ho capito bene cosa volesse da me ieri sera, forse solo parlare con una persona con cui sa che si può aprire, senza mettere in gioco la sua faccia- ta di imperturbabile duro. Comunque, ho intenzione di rivederlo, giusto per capire dove vuole andare a parare. Già quello che è successo ieri sera è una grossa rivincita per me», tagliò corto Zoe.
Alessandra e io ci guardammo per capire cosa dire. Tutto sommato, a chiunque va data una seconda possibilità, anche a un tipo come Max. Ci raccomandammo con Zoe di stare mol- to attenta e proseguimmo la serata a parlare di cosa Zoe ed io avremmo dovuto mettere in valigia per il nostro viaggio a New York.
Leggi il nuovo capitolo di Sex and the Wine il 19 gennaio 2018, ore 18.
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