L’argomento del mio editoriale sul numero di agosto del mensile TrentinoMese esaudisce una precisa richiesta fatta da alcuni lettori, ovvero parlare della maleducazione dei bambini – o, forse, sarebbe meglio dire dei loro genitori – nei luoghi pubblici.
Di esempi a cui attingere credo che ognuno di noi ne possa vantare svariati. A me, ad esempio, è capitato recentemente di trovarmi in un romantico tete a tete quando, al tavolo a fianco al mio, si è accomodata una coppia con un bimbo di qualche anno. Poco dopo, il pargolo ha iniziato a piangere a squarciagola e i genitori sono restati immobili per tutta la durata del pasto, senza fare niente per acquietarlo, come se anche tutti gli altri commensali dovessero subire per una sera quello che probabilmente loro vivono tutti i giorni. Potrei parlarvi anche di tutte quelle volte che mi sono ritrovata sotto il tavolo il bimbo di qualcuno che, a gattoni, si divertiva a nascondersi da mammà, oppure di quelle due o tre coppie di genitori che vanno in pizzeria e lasciano i figli correre e schiamazzare in giro per il locale. «Poverini, sono bambini, mica si possono far stare fermi al tavolo per tutta la cena», si giustificano. Sono gli stessi genitori che scelgono locali attrezzati con zone giochi per i bambini, perché i loro principini e le loro principessine sono abituate a fare una forchettata di gnocchi e poi rotolarsi per terra, tornare a mangiare un altro boccone e ancora fuggire a fare qualche capriola e via così a ogni pasto, ogni santo giorno. A casa e fuori casa.
Per cercare di arginare atteggiamenti di questo genere c’è anche qualche ristoratore che si è ingegnato. L’idea più istrionica l’ho trovata in un locale di Bergamo, dove l’arguto patron si è attrezzato di dvd player portatili inclusi nei menu dei bambini che, così, se ne stanno buoni al tavolo a guardarsi il loro cartone animato preferito. Sconvolgente.
Vogliamo parlare poi dei piccoli angioletti in spiaggia? Con le mamme che urlano più di loro per dire di non fare quello o questo alle due del pomeriggio, cioè quando tu pensavi di goderti una meritata pennichella in tranquillità perché i bambini a quell’ora, ai tuoi tempi, si ritiravano nella camera dell’hotel a dormire?
Io, come molti miei amici coetanei e non, quando venivamo portati al ristorante o in qualsiasi altro luogo pubblico eravamo costretti dai nostri genitori a un rigore quasi, oserei dire, militare: dovevamo mangiare educatamente, stare composti, guai alzare la voce e tanto meno alzarci da tavola se non per andare alla toilette. E questo succedeva anche a casa. Perché le buone maniere e le regole si imparano prima dentro le proprie quattro mura. Se non ci comportavamo così, volavano castighi e forse anche qualche schiaffone, perché ne andava della rispettabilità della famiglia. Ma ora la filosofia di educazione parla solo di permissivismo, forse anche perché è più facile non intervenire che continuare a dire no e cercare di imbrigliare l’estro primordiale in quei cari e vecchi canoni sociale sempre più dimenticati. Soprattutto a discapito del rispetto degli altri.
Permettetemi poi un’altra considerazione che scatenerà ancora di più le ire di molte e molti di voi. Mi ha colpito, un po’ di tempo fa, un articolo del Corriere della Sera che gridava allo scandalo e additava di razzismo un albergatore della montagna trentina che aveva invitato gentilmente una signora intenta ad allattare suo figlio in una sala affollata dell’hotel ad appartarsi in una zona più intima. La signora ne fu indignata. E anch’io, ma di lei. Perché anche in questo caso si tratta di rispetto verso gli altri: allattare un bambino è un gesto molto tenero, dolce, ma non è detto che a tutti faccia piacere assistervi. C’è chi ha pudore, c’è chi prova disagio, e credo che queste persone vadano rispettate tanto quanto la signora di cui sopra.
Infine, un appello ai papà e alle mamme con carrozzina o passeggino: ogni tanto ricordatevi che non ci siete solo voi per strada o nelle corsie del supermercato e quando vi capita di passare con le ruote sopra i nostri piedi (magari rovinando le nostre scarpine appena comprate), almeno voltatevi a chiederci scusa. Perché, per tutti vale una regola: non siamo gli unici ad avere dei figli, e se noi li abbiamo e gli altri no, non per questo siamo autorizzati a far gravare sugli altri la nostra personalissima scelta di avere per casa quei deliziosi bebè che tanto amiamo (ma che ogni tanto vorremmo anche poter far sparire per qualche ora).
Una settimana a Rabac attorniati da bambini che per carità di patria non dirò di che provenienza….come neanche ci fossero,qualche piccolo pianto,qualche urletto giocando ma nulla più.
Ultimo giorno,ne arrivano tre con i rispettivi genitori e per carità di patria non dirò la provenienza….non ci si riusciva a parlare da due metri di distanza.Dopo avere fatto presente educatamente il problema ci è stato risposto che eravamo in una spiaggia pubblica….il mio moroso si è inviperito e ha risposto che il rispetto per gli altri si porta soprattutto in pubblico.
Sono stanca di questa maleducazione imperante.
Proprio così. Sono queste le risposte che ti arrivano. Del resto, se fossero persone a modo nemmeno si porrebbe il problema, giusto??