Il re del Sagrantino e il re italoamericano del vino californiano per una notte saranno “fratelli” e “regneranno” insieme sull’impero del vino radunato a Verona per Vinitaly, grazie al Premio Internazionale che il Salone del vino di Verona ogni anno attribuisce a personalità, aziende o istituzioni italiane ed estere che si sono distinte per il loro impegno nel campo enologico.
Quest’anno è toccato a loro. Il riconoscimento sarà consegnato alla vigilia di Vinitaly, nella Gala Dinner del 14 aprile firmata dallo chef Davide Oldani, nelle Ex Gallerie Mercatali di Verona, dedicata al fondatore della cucina italiana moderna, il maestro Gualtiero Marchesi.
Ad accomunarli c’è sicuramente la caparbietà. La Gallo è un impero: 4.600 dipendenti dislocati in 90 Paesi, un fatturato di 1,3 miliardi di dollari, ricavi pari a 44 milioni di dollari e si parla di 2,6 milioni di bottiglie sfornate ogni giorno. Numeri che non hanno niente a che vedere con la Arnaldo Caprai
Ernest Gallo, scomparso qualche tempo fa, era nato nelle colline della Sierra Nevada il 18 marzo del 1909, primogenito di tre figli. I genitori, Giuseppe e Assunta, erano arrivati nell’assolata California direttamente dal Piemonte e dalla loro terra natale portarono la passione per la vinicoltura, trasformandola in un lavoro dignitoso. Sin da piccolo Ernest iniziò a lavorare nel modesto vigneto di proprietà, imparando presto i rudimenti della produzione e del marketing.
Poi arrivò il New Deal. Rovinato economicamente dalle leggi proibizioniste antialcol, papà Giuseppe nel 1933 decise di chiudere per sempre la propria vita, uccidendo anche la moglie Assunta. Affranti per l’accaduto e con il fratello tredicenne a proprio carico, Ernest e Julio decisero di rimboccarsi le maniche e di dare vita, nella Joaquin Valley alla “Ernest and Julio Gallo Winery”, attraversando uniti i primi difficilissimi anni. Incapaci di ottenere prestiti bancari, i fratelli Gallo affittarono un magazzino e chiesero l’aiuto dei viticoltori della zona, quasi sempre italiani.
Di lì partí un sogno diventato un impero, che ha avuto il merito di far scoprire agli americani il vino.
In Umbria, invece, la storia inizia negli anni Settanta. È nel 1971 che Arnaldo Caprai, imprenditore tessile di pizzi e merletti, decide di togliersi uno sfizio personale e acquista la tenuta Val di Maggio, soli cinque ettari di terreno da cui produceva vino per sé e perq gli amici. Poi la svolta. Nel 1988 sarà il figlio Marco (leggi la mia intervista a Marco qui) ad occuparsi dell’azienda agricola con la passione e la determinazione necessaria per compiere il miracolo della rinascita del Sagrantino e di tutto il suo territorio. È stato infatti lui più di chiunque altro a credere nelle potenzialità di questo vitigno, recuperandolo in chiave moderna, adottando i più innovativi metodi di produzione e di gestione aziendale e conquistando così i favori del pubblico e della critica di tutto il mondo. Non solo: oggi la Arnaldo Caprai è una realtà che considera fondamentali le tematiche riguardanti la sostenibilità e la tutela e la salvaguardia dell’ambiente, e per questo ha messo in campo progetti pionieristici come Montefalco New Green Revolution, per un modello di sostenibilità in campo vitinicolo, e #caprai4love per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale di Montefalco. Tanto che “Wine Enthusiast” ha eletto l’Umbria come unica regione italiana tra le “10 Best Wine Travel Destinations” nel 2014, dopo aver incoronato la cantina di Marco Caprai “European Winery of the Year” nel 2012.
A i Gallo e ai Caprai, quindi, Vinitaly quest’anno dedicaca il premio più prestigioso. E a me la speranza di poter brindare a questo successo con un buon calice di Spinning Beauty 😉