Rientrata da una lunga e piacevolissima giornata in Franciacorta, dove ho imparato un po’ di cose sul caffè da Trismoka e poi ho fatto visita alle nuove Due Colombe di Borgo Antico San Vitale, nonchè alle Distillerie che ospitano il ristorante di Stefano Cerveni (vi darò nota di tutto domani!), eccomi qui a pubblicarvi il Piano per il vino stilato dall’Istituto agrario di San Michele – Fondazione Mach. L’ho letto, l’ho riletto e non riesco a trovare nulla di veramente nuovo e di non già detto… Ve lo assicuro, non è per essere negativa a tutti i costi, ma chi macina il settore da un po’ leggendo l’attesissimo piano dello Iasma per il rilancio del vino trentino credo non potrà che essere concorde. Da tempo si chiedeva la ricostituzione del vecchio Comitato vitivinicolo, da tempo si parlava di abbassare le rese, da tempo si parlava di zonazione come di puntare sui vini autoctoni… Da tempo si diceva anche che le coop del vino dovessero fare meno vini e più del territorio… Soprattutto, non vedo la pratica, non vedo la regia, insomma, chi coordinerà tutto questo? Chi sarà l’uomo (la donna non penso proprio ahimè) che avrà il compito di dare e far rispettare le direttive e che non può non esserci perché altrimenti finirebbe tutto in niente, come un gigante senza testa?
E segnatevi un dato: «le indicazioni in esso (nel piano, ndr) contenute diventeranno vincolanti per chiunque chieda il sostegno della Provincia». Segnatevelo e state vigili, vediamo se verrà applicato veramente.
Ma eccovi qui il famigerato e sospirato Piano come da comunicazione della Provincia autonoma di Trento.
Aumento del prezzo di vendita del vino e riduzione dei costi di produzione. Parte da queste due azioni il progetto di rilancio della vitienologia trentina predisposto dall’Istituto Agrario di San Michele all’Adige su incarico della Provincia autonoma di Trento. Interventi da attuare attraverso due principali strumenti: l’attivazione di un nuovo Consorzio vitivinicolo trentino, nel quale siano pariteticamente rappresentate, accanto a Provincia, Camera di commercio e Fondazione Mach tutte le componenti del settore vino, e nuovi percorsi di istruzione e formazione. Il piano è stato presentato oggi nel corso di una conferenza stampa alla quale sono intervenuti, accanto al presidente della Provincia Lorenzo Dellai e agli assessori all’agricoltura Tiziano Mellarini e alla cooperazione Franco Panizza, il presidente della Fondazione Edmund Mach Francesco Salamini ed il direttore generale Alessandro Dini.
“Il documento, che condividiamo totalmente, indica con lungimiranza e chiarezza le cose da fare – ha affermato Dellai – ora lo sottoporremo a tutti i soggetti del mondo vitivinicolo locale, dopo di che verrà adottato dalla Giunta provinciale; le indicazioni in esso contenute diventeranno vincolanti per chiunque chieda il sostegno della Provincia. San Michele dovrà essere il fulcro sul quale si snoderanno tutte le nostre attività e le scelte per questo settore. Dobbiamo recuperare il buon nome del Trentino e ci riusciremo perchè, diversamente dal passato, oggi avverto, forse per la prima volta, una diffusa disponibilità a lavorare in una logica di rete. Penso che potremo fare un eccellente lavoro”.
Anche dall’assessore all’agricoltura, foreste, turismo e promozione Tiziano Mellarini arriva l’auspicio che le linee di indirizzo indicate nel dossier della Fondazione Mach vengano condivise da tutti gli attori del comparto. “Dobbiamo imboccare un nuovo percorso e l’esempio da seguire è quello del consorzio Trento Doc. Il prossimo Vinitaly farà vedere un nuovo volto del Trentino vitivinicolo”.
Il dossier, predisposto dalla Fondazione Edmund Mach su incarico della Giunta provinciale, si apre con un’analisi dettagliata dell’attuale situazione del settore vitienologico trentino e contiene note e premesse per un piano vitivinicolo. Il documento è frutto del contributo tecnico dell’Istituto di San Michele, ma anche di una serie di colloqui avuti con i rappresentanti del mondo vitivinicolo trentino, della Cooperazione, Camera di Commercio, associazioni, Assessorato all’agricoltura e Dipartimento Agricoltura e alimentazione della Provincia. Attori, tutti questi, chiamati a svolgere un ruolo fondamentale nel coordinamento del rilancio del settore.
Più precisamente l’aumento del prezzo di vendita del vino trentino si potrà attuare, secondo San Michele, innanzitutto attraverso il miglioramento della sua qualità e della sua immagine. Gli attori che possono influenzare e determinare tale aumento di prezzo sono la cooperazione, gli industriali imbottigliatori e i vignaioli, ma anche le politiche assessorili, la ricerca e la sperimentazione vitivinicola.
Per quanto riguarda invece il secondo intervento, ossia la riduzione dei costi di produzione dell’uva e del vino, tale diminuzione si rivela necessaria in questo momento dato che i costi di produzione variano da 50 a 90 euro al quintale. Anche i costi di gestione, variabili tra le diverse cantine da 18 a 45 euro/quintale di uva trasformata, vanno riconsiderati al ribasso.
Per attuare queste due indicazioni risulta necessario prevedere e proporre, secondo San Michele, un nuovo consorzio vitivinicolo trentino, autorevole e permanente, al quale affidare il coordinamento dell’eventuale piano di interventi.
Al tempo stesso risultano necessarie misure di istruzione e formazione per soddisfare le esigenze del settore.
Il documento presenta otto linee di intervento contenenti azioni e priorità che il nuovo Consorzio potrà eventualmente considerare nella predisposizione di un piano di intervento.
1) Interventi finalizzati al brand. Si tratta di potenziare i marchi-locomotive come il TrentoDoc per trainare l’intero settore attraverso una verifica ed eventuale modifica delle zonazioni, creando sottozone di eccellenza, sostenendo i produttori di qualità e promuovendo i brand trentini.
2) Interventi sulla qualità delle uve e dei vini. L’esaltazione della qualità deve giovarsi della creazione di sottozone territoriali e di tecniche di viticoltura innovative, creando inoltre misure di tutela e promozione, riaffrontando il problema delle DOC ed eventuali DOCG da proteggere evitando il loro declassamento a IGT. Una proposta specifica riguarda la sostituzione del pagamento delle uve in base a quintali/grado ad ettaro con una remunerazione differenziata per vitigno, tipologia di vino, vocazionalità territoriale.
3) Interventi sui componenti del sistema produttivo vitivinicolo.
Le cooperative vanno riorganizzate puntando non solo sul profitto ma anche sulla riscoperta di valori territoriali e con un ruolo nell’affinamento e confezionamento del vino prodotto dalle cantine. Occorre facilitare i servizi prestati dalle cooperative di secondo grado e attuare servizi per la gestione del vigneto. Le cantine di primo grado devono produrre grandi vini e contestualmente ridurre il numero di vini prodotti e coinvolgere di più i produttori nella gestione cooperativa.
4) Interventi sull’organizzazione del comparto vitivinicolo.
Occorre riportare in prima fila e responsabilizzare i viticoltori, siano essi associati o cooperative, rendendo più chiara la missione delle cooperative e stimolando i produttori di eccellenze. Se da un lato si ritiene negativa la tendenza all’uso di IGT, dall’altra occorre definire un piano industriale che rivisiti gli attuali disciplinari di produzione.
5) Interventi agrotecnici-territoriali ed enologici.
Occorre raccordare meglio il territorio alle tipologie dei vini prodotti, individuare aree di eccellenza con funzioni di traino e sviluppare una “viticoltura di precisione” basata su una sensoristica moderna, portando più tecnologia e meccanizzazione in campagna e attuando strategie viticole sostenibili.
6) Interventi genetici.
Associare un territorio a un vino, individuare macroaree omogenee che gravitino su una cantina sociale che produca uno o pochi vini (gli stessi poi distribuiti da molte organizzazioni), migliorare la zonazione e definirla con precisione, sviluppare nuove varietà resistenti alle malattie e di portainnesti più adatti al territorio. Servono dunque azioni di rinnovamento varietale e progetti di miglioramento genetico.
7) Interventi sulla formazione.
Migliorare la capacità imprenditoriale dei giovani che si avvicinano al mondo vitivinicolo, approfondendo nella formazione gli aspetti gestionali e le strategie commerciali, individuando strategie di comunicazione del settore enologico e di promozione dei prodotti locali. Si propone un potenziamento dei corsi di qualificazione professionale, la creazione di corsi per cantinieri, master specifici e laurea magistrale, rafforzando la formazione permanente degli operatori con corsi specialistici, prevedendo invece corsi generalisti per chi si avvicina al settore vitienologico.
8) Interventi di politica del territorio e vitivinicoltura.
Si popone di costituzione di un nuovo consorzio di tutela interprofessionale che si avvalga di un osservatorio per prezzi, costi e statistiche, e che attui un piano territoriale e un piano industriale. Quattro i settori di intervento: promozione, normative vitivinicole, tutela e sperimentazioni. I componenti del consorzio sono nominati da Provincia, Camera di Commercio, Cooperazione, Fondazione Mach, associazioni dei produttori e rappresentanti dei vignaioli.
Mi è venuto mal di testa a leggere le proposte del super Piano. Avranno esagerato con la solforosa?
Un saluto “nevoso” da Madonna di Campiglio…
Sai che c’è chi mi ha mandato degli sms parlando di Piano Eunuco??? Baci nevosi anche da Trento!
Carissimi, non vi dico lo stimolo che ho provato leggendo il piano.
Ma vi chiedo: serviva san Michele per scrivere queste otto scemenze?
Servivano tutti questi mesi per stilare questo piano?
Mi aspettavo una estensione della doc di Teroldego.
Mi aspettavo un progetto di unione delle cantine per vendere il vino stile Melinda. Mi aspettavo… no!!! La viticoltura di precisione…sono anni che ci raccontano che viticoltura di precisione è utile per la concimazione e basta ripeto e basta altre applicazioni sono solo inutili, valide solo per chi vende macchinari. Mi dispiace perchè a rimetterci siamo tutti noi ma in fondo fondo vi confido che provo un piccolo piacere perchè hanno voluto fare tutto tra di loro lasciando noi contadini all’angolo e quindi non poteva uscire che una grande delusione. Complimenti…
Altri soldi buttati.
Cari saluti nevosi anche da Roverè della Luna.
Giuseppe, io e molti altri confidiamo proprio negli indipendenti, che da soli si uniscano e “glie facciano vede’ come se fa”… alcuni lo stanno già facendo da anni…
Carissima io non sono un indipendente, sono un cooperatore, ma prometto che darò battaglia.
Mi fa schifo quella logica che impone, altrimenti “non si ricevono contributi” sono anni che non si vede un contributo, tutti i soldi vanno a chi orbita intorno all’agricoltura ma a chi si sporca le mani di terra non arriva un euro, vanno tutti a quei malavoglia che hanno la schiena diritta e la penna in mano… e impongono, che scendano dai loro scranni e discutano con noi, poi vediamo chi sfrutta di più l’ente pubblico.
Comunque grazie infinite a te bambola che ci dai la possibilità di sfogarci.
come si fa’ a proporrre certe scemenze ai nostri viticoltori guardate che abbassare le rese vuol dire aumentare i costi di produzione mi pare ovvio se si vuole mantenere la qualita’ delle uve. in alto adige non hanno la crisi e le loro doc spaziano dai 120ai130quintali per ettaro pero’ non hanno fatto un uso selvaggio del territorio le zone vitate non possono essere ampliate da noi invece negli ultimi 20 anni le superfici destinate a vigneto sono raddoppiate si sono messe le viti dappertutto si sono disboscati molti terreni impervi poi dicono che bisogna fare prevenzione contro le morti in agricoltura predicano bene e razzolano male quelli che comandano le uve che poi danno questi terreni sono si solo 80 qli per ettaro ma riescono a malapena a fare 13 14 gradi sarebbero quindi di regola andrebbero destinate alla distillazione non parlate quindi di qualita’ il male è che ci sono delle lobbie comprano terreni per quattro soldi e poi vogliono fare dei grandi vini come in valsugana meditate gente siamo comandati da delle persone che hanno i loro clientelismi
Grazie a voi che animate questa discussione importantissima. sono con voi. GG
Cari amici,
vedo che il tema della crisi del vino torna a farsi caldo, ma se vogliamo venirne fuori bisogna avere la pazienza di leggere per intero il documento di San Michele e non limitarsi ai riassunti.
Sono quasi 60 pagg. reperibili sul sito, da ponderare bene. Sparare a caldo la propria contrarietà contraddice una delle raccomandazioni che si leggono nel testo, cioè quella di collaborare assieme per sanare le malattie del comparto. O ci siamo già dimenticati che l’ammalato è grave? Io non ho trovato imposizioni per nessuno, anzi, mi pare che non si tolga ad alcuno la possibilità di continuare come ha fatto fino ad ora, con l’unica differenza che le scelte generali per il futuro dovrebbero essere dibattute e condivise convintamente dai più. Altro che non parlare al conducente accontentandosi della rata dell’uva, perchè abbiamo visto come si va a finire. In questo senso un organismo interprofessionale e paritetico mi pare una buona proposta: basterà non soffocarlo nella culla.
Ok Angelo, probabilmente hai ragione. Posso quindi chiederti gentilmente il link del sito a cui fai riferimento per poter leggere anch’io le circa 60 pagine del documento di S. Michele?
Te ne sarei grato.
Scusa Angelo,nel frattempo l’ho trovato, ora lo leggo.
Grazie comunque.
IL DISCORSO è CHE 15 ANNI FA’ SI DICEVA CHE C’ERA IL POSTO PER ALTRI 500000 QLI DI UVA ALLORA PRONTI A METTERE UVA DAPPERTUTTO CON L’AVVALLO DELLE GRANDI MENTI DEL COMPARTO E ADESSO CI DICONO DI RIDURRE LE DOC PERCHE’LA DOMANDA è MINORE DELL’OFFERTA MA NON èRA MEGLIO PENSARCI PRIMA SI SAPEVA CHE FARE NUOVI IMPIANTI ANCHE IN ZONE NON ADATTE PER PRODURRE VINI DI QUALITA’ MA DEI SURROGATI CI AVREBBE PORTATO A QUESTA SITUAZIONE PERCHE ‘NON VORREI CHE UNA VOLTA RIDOTTE LE DOC SI RICOMICIASSE A FARE NUOVI IMPIANTI IN ZONE DOVE LE UVE NON RAGGIUNGONO LA MATURAZIONE NEPPURE A NATALE
Ragazzi io non lo trovo sul sito iasma il documento.. mi mandate il link qui nel post? Grazie 😉
Caro Raffaele,
con la capienza delle nostre cantine ci starebbero anche più di mezzo milione di q.li in più, solo che 15 anni fa si pensava al prodotto trentino, invece si è trovato il più comodo filone del vino bell’e pronto delle regioni vicine, a buon prezzo, non ancora organizzato per arrivare imbottigliato sui mercati mondiali. La grande e redditizia operazione l’hanno fatta le cantine trentine ed hanno fatto bene. Peccato che ci si sia “dimenticati” di continuare il progetto territoriale che allora c’era (come a Bolzano), tutti presi dal business che è andato affievolendosi in coincidenza con temerari impegni finanziari di molti. Ed è scoppiata la bolla.
Ora bisogna ripartire da lì (da 15 anni fa intendo), rimboccandosi le maniche invece di rilasciare dichiarazioni contro San Michele che non poteva far altro che richiamare tutti alle proprie responsabilità, senza chiedere la testa di nessuno. Non mi pare poco.
PS: sulla riduzione delle rese delle DOC ti faccio presente che, mentre ai viticoltori si chiedeva di stare dentro le rese DOC, molto spesso quella “merce” veniva/viene? poi declassata ad IGT (delle Venezie), perchè la DOC Trentino non interessa più di tanto in giro per il mondo (valgono il prezzo e la marca), altro che vantarsi…; capito mi hai?
lo trovi su http://www.ladigetto.it
caro angelo non si puo ‘ parlare di qualita’ se si lasciano fare gli impianti dove l’uva non arrivera mai a maturazione poi sul fatto del declassamento hai ragione ma i qli conferiti sono sempre quelli doce non quelli igt è solo una operazione anche se discutibile ma di marketing ciao
Certo, Raffaele, che qualche impianto d’alta collina sarà anche fuori posto, ma sono molti di più quelli di piano e fondovalle buoni al massimo per ordinari vini da tavola. Ci vogliono anche quelli, per carità, ma non si capisce perchè questi debbano appropriarsi delle nostre migliori denominazioni obbligando bravi produttori a tutelarsi da soli con il loro marchio aziendale, invece di adottare orgogliosamente il “cognome” Trentino. Ecco perchè si riparla di zonazione nel Piano di San Michele, con possibilità per tutti di scegliere da che parte stare, senza discriminazioni e con un occhio di riguardo anche per i consumatori.
Messa così la questione sicuramente diventerà uno scontro fra contadini, una guerra tra poveri.
Non mi piace…
Non pensate anche voi invece che c’è un assoluto bisogno di trovarsi tutti attorno ad un tavolo, discutere, ragionare, senza limiti di scadenze a breve e trovare una soluzione che accontenti tutti se possibile? Che garantisca sopratutto un buon reddito a chi vive di sola “vendemmia”?
Altrimenti fate sì che anche noi agricoltori trentini diventiamo dipendenti provinciali con tutti i benefit che ne conseguono e così, a comando, potremo produrre il vino come e quanto lo volete. Basta parlare!
Guarda che noi parliamo di trentino e non delle pianure della valle padana o del veneto DEVI PENSARE che in Francia i loro migliori vini sono tutti messi in pianura quindi bisogna stare attenti a demonizzarla in trentino è piu’ facile trovare dei vini che non arrivano ai requisiti ammessi per le doc in quei vigneti di alta collinache il piu’ delle volte vedono il sole solo col binocolo quindi iniziamo a mettere delle dei requisiti doc seri come in alto adige e poi facciamoli rispettare non vendemmiando uve di 13 14 gradi.Quello che mi da fastidio è sentir dire che il nostro fondovalle è buono solo per i vini igt quindi tagliare le doc per poi lasciare mettere ai soliti furboni dei vigneti in tanta malora buoni solo per la distillazione ciao
Ho saputo che giovedì 16 dic. ore 8.45 a San Michele l’Istituto Agrario presenterà il suo documento vitivinicolo, nell’ambito di una giornata cui seguiranno anche altre comunicazioni. Andiamoci tutti, Giuseppe e Raffaele, a sentire, dibattere e capire. Sperando che nel frattempo il cronico disinteresse non allontani amministratori, tecnici e soci delle Cantine sociali perchè senza di loro saremo anche la prossima volta in troppo pochi per cambiare le cose. Di questi tempi l’immobilismo é, infatti, peggio della filossera.
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Porco cane Angelo, non ci sono il 16…. arrrrrrgggggghhhhh!!!!!
Ja, wunderbar Armin! Es ist sicher ein neues Zeichen dass man sich auf Deutsch in einem italienischen weblog auf die Trentiner Wein-Themen unterhalten kann. Ich denke aber es waere schlauer die Lessr an deinen weblog einleiten. Einverstanden?
Cossa l’è ‘sta roba? Niente, sol che l’Armin Kobler ricercatore-viticoltore-enologo a Magrèall’adigesullastradadelvino cura un bel sito bilingue che merita di essere visitato e … rivisitato. E parla con competenza anche dei vicini trentini…
io vorrei sapere quale mente avra’ la forza di mettere il tutto nero su bianco dire tu devi estirpare i tuoi vitigni perche’ qui’ non sono vocati i tuoi vigneti saranno igt e non doc bah mi sembra un’ utopia anche se veramente qualche cosa dopo che si è lasciato mettere le viti dappertutto in modo selvaggio si dovra’ fare.
Caro Raffaele, non vorrei monopolizzare io i discorsi di politica vitivinicola trentina, sono solo uno dei tanti che dagli anni ’70 segue questa materia. Una volta c’era l’assessorato agricoltura che indicava le linee di indirizzo, coordinava gli interventi e infine controllava. Poi si è passati all’oligarchia di pochi manager delle mega aziende che hanno imposto la coltivazione di Pinot grigio ovunque possibile ed il mercato ha dato loro ragione per oltre 10 anni. Bene. Da qualche anno questo business si è ridotto e ci troviamo senza indicazioni sul da fare in futuro. Il Consiglio Provinciale ha recentemente fatto una mozione per far tornare in capo alla PAT indirizzo, coordinamento e controllo e Dellai ha incaricato San Michele di proporre una “visione” per il comparto. Apriti cielo! I manovratori si sono sentiti scavalcati e minacciano sfracelli. Resto dell’opinione che è meglio studiare assieme la via d’uscita e la prima occasione per capire sarà, come detto già, giovedì 16 dicembre ore 8.45 a San Michele con l’illustrazione di queste linee da parte del presidente FEM cui seguiranno verosimlmente domande e risposte. Spero che molti cooperatori si facciano vivi perchè da loro passa il rilancio del settore. L’alternativa sarà che il mercato imponga lui le sue regole: quello del prezzo sempre più basso per uve e vini. Se non vogliamo questo, bisogna ripartire con la qualificazione del territorio (che è unico) lasciando in secondo piano le varietà (che sono di tutto il mondo). Scusa per la brutale sintesi, ma lo schema non potrà che essere questo. O ci sono altre vedute?
CARO ANGELO SECONDO ME BISOGNA FARE DI TUTTO PER MIGLIORARE LA QUALITA’ DEI VINI TRENTINI E PER FARE QUESTO BISOGNA PER PRIMA COSA SCEGLIERE LE ZONE PIU’ ADATTE E PER SECONDA BISOGNA MIGLIORARE LA FORMAZIONE DEI NOSTRI TECNICI ENOLOGI E QUESTO PER ME è LA COSA PIU’ DIFFICILE PERCHE’ PERSINO S. MICHELE QUANTO A VINI è DA TEMPO RIMASTO UN PO’ A GUARDARE PERCHè SECONDO ME NON è DETTO CHE DA UN’OTTIMA UVA NE ESCA UN OTTIMO VINO CIAO RAFFAELE
Caro Angelo il pinot grigio non lo ha imposto nessuno, lo ha chiesto solamente(e spero che lo chiederà ancora) il mercato e basta. L’oligarchia di pochi manager delle mega aziende che nomini te io non le conosco, non so a cosa ti riferisci.
In quanto all’assessore poi, per me non ha mai indicato linee di indirizzo, non ha mai coordinato interventi e infine non so cosa possa aver controllato, l’assessore o meglio gli assessori per me, hanno finanziato troppe opere inutili (es. il recente imbottigliamento a Mezzacorona) hanno finanziato impianti di viti in zone da mais e ora si pretende che zone vocate non producano per preservare queste zone?
Ma siamo matti?
Per me ha ragione Raffaele quando dice che: BISOGNA PER PRIMA COSA SCEGLIERE LE ZONE PIU’ ADATTE E PER SECONDA BISOGNA MIGLIORARE LA FORMAZIONE DEI NOSTRI TECNICI ENOLOGI io aggiungo che bisogna migliorare anche la formazione dei tecnici ex ESAT perché siamo veramente in mano a dei dilettanti.
Infine caro Angelo io credo che se si vuole veramente studiare assieme la via d’uscita bisogna solo dare il via ad una trattativa che tenga in considerazione anche il parere di chi la produce l’uva.
I proclami di chi dice o così o niente contributi sono un vecchio retaggio dell’ex Unione Sovietica.
Grazie
Diciamo le stesse cose, Raffaele e Giuseppe: hai letto sulla stampa le stizzite risposte dei rappresentanti coop rispetto all’indicazione di San Michele di migliorare la qualità? Il piano di San Michele parla moltissimo di formazione e divulgazione, ed anche di democrazia partecipata. Quella di oggi, con le assemblee coop che approvano tutto con maggioranze bulgare delegando tutto ai vertici, ha mostrato i suoi limiti anche operativi.
Sui nomi degli oligarchi, basta vedere chi sta osteggiando la proposta del nuovo Piano di San Michele. Se li cerchi li trovi a Mezzacorona, Ravina e Trento. A Trento c’è pure l’assessorato che da oltre 10 anni non indirizza, non coordina nè controlla come si deve. La mozione del Consiglio prov.le va nella direzine di tornare a farglielo fare. Oligarchi permettendo.
Da ultimo credo, che i viticoltori più aperti ed interessati a far sentire la loro voce, oltre ai blog, possono fare squadra nelle associazioni e, se cooperatori, durante gli incontri e assemblee. Vero è che non si può pretendere di cambiare il mondo in pochi giorni, ma in qualche mese sì. Altrimenti torneremo lentamente servi della gleba (con un pò di soldi in banca, ma nessun altro orgoglio per realizzarsi come “persone”).
è logico che nella sostanza diciamo le stesse cose a tutti noi non va giu’ di aver avuto una’assessorato latitante per tanti anni dove quando c’era la crisi delle mele tutti hanno iniziato ha mettere l’uva anche dove non andava messa certi dirigenti di cantine andavano persino in val di non o in valsugana a dire di fare nuovi impianti di viti per non parlare del veneto dove hanno messo il pinot grigio fino al mare era logico che prima o poi quello che è successo doveva succedere adesso l’unica cosa è puntare a una qualita’ molto alta perche’ se prima non si è studiato abbastanza ora bisognera’ con grande professionalita’ studiare di piu’ tutti e fare tesoro degli errori fatti soprattutto dai grandi capi che in effetti non erano altro che persone mediocri un po’ montate che pensavano di essere diventate dei grandi manager e uno piu’ furbo dell’altro con il placed della federazione si facevano una concorrenza sfrenata nei mercati anche scapito della qualita’ non è poi vero che abbiamo avuto 10 anni di vacche grasse sicuramente non tutti perche’ certe cantine hanno tanti di quei debiti che se gli spalmi in quei 10 anni altro che vacche grasse ciao raffaele
Sì è sbagliato parlare di vacche grasse, le nostre erano – ed in parte lo sono ancora – drogate, gonfiate dai profitti del business del Pinot grigio extraprovinciale. Ripeto: questo in assoluto non sarebbe un peccato, anzi, se il business non lo avessero fatto le ns. coop lo avrebbe fatto certo qualcun altro. Il guaio è che si è trovato comodo confondere attività industriali con i limiti posti dalla legge e dalla morale alle coop. (qualcosa di simile a Folgarida-Marilleva) cosicchè questi proventi sono stati distribuiti in parte ai soci (che li hanno considerati premi-produzione, per cui la loro qualità non è migliorata più di tanto)ed in parte sono stati investiti (+ o – bene) dalle cantine. Una di queste, mettendo su una rete di società di capitale, ha offerto quote di capitale ai soci (già proprietari di fatto perchè soci della coop madre) che così hanno finanziato il gruppo con i soldi della liquidazione, come in una catena di sant’antonio…
Quando bastava non farsi venire appetiti extraprovinciali ed investire nel territorio trentino (iden Alto Adige). Ma chi di dovere non lo ha fatto ed ora è maledettamente complicato anche solo spiegare e far capire questi intrecci, senza esporsi al pubblico ludibrio perchè i responsabili non sono per nulla disposti a parlarne se non ripetendo collaudate dottrine o aggredendo chi tenta di proporre una diversa via d’uscita.
Scusami Raffaele, se non fosse che i boss non aspettano altro che noi ci stufiamo, avrei già da tempo lasciato la preda, tanto mi nausea ormai l’argomento. Quindi conviene almeno vigilare, ciao