I Moët & Chandon Grand Vintage 2009 sono il 73mo vintage che la più importante Maison dello champagne ha prodotto in tutta la sua storia. Ieri l’anteprima per la stampa, che ci ha permesso anche di gustare una verticale che dal 2009 ci ha portato indietro nel tempo fino al 1990.
Dei due Moët & Chandon Grand Vintage 2009 rilasciati, maturati per 7 anni, mi ha convitnta soprattutto la versione Rosé, che fa trovare nel bicchiere un vino di grande classe, struttura, acidità. In altre parole un Rosé non caramelloso, in cui i frutti rossi che predominano sono il ribes e le fragole di bosco, conditi con un pizzico di noce moscata e un tocco di pepe rosa. Il risultato è un Rosé piacevole a tutto pasto, capace di reggere il confronto anche con cucine saporite come quella mediterranea (e golosissima) del Sikelaia di Milano dello chef patron Federico La Paglia, giovane siciliano scoperto da Identità golose nel 2017, che ha ospitato la press preview di ieri. La versatilità del Rosé è indubbiamente da attribuire al Pinot Nero, protagonista dei Grand Vintage 2009. La versione Rosé, infatti, è composta per il 59% da Pinot Noir (di ci il 19% vino rosso), per il 30% da Chardonnay e per l’11% da Pinot Meunier, con un dosaggio di 5 g a litro. Nella versione classica, invece, abbiamo 50% Pinot Noir, 36% Chardonnay, 14% Pinot Meunier e, anche qui, 5 g/l di dosage. Il Grand Vintage classico, però, risulta un prodotto più morbido del Rosé, con note di miele e calisson (i biscotti francesi a forma di trapezio composti dalla pasta fatta da frutta candita – melone, arancia – e mandorle e ricoperti da un sottile strato liscio di glassa) che sicuramente lo rendono perfetto per l’aperitivo o per una cena a base di ostriche e crostacei crudi.
La verticale, poi, ci ha consentito di assaggiare il Grand Vintage classico 2002 (51% Chardonnay, 26% Pinot Noir, 23% Pinot Meunier), splendido con le sue note di agrumi, pera e mela caramellata, freschissimo nonostante i 15 anni sui lieviti (il 2002 è stato degorgiato nel 2017), perfetto a tutto pasto, da bere generosamente senza stancarsi mai. Non so se ho reso l’idea.
Il 1990 è un’altra eccezionale dimostrazione della qualità dei Moët & Chandon Grand Vintage, uno champagne di 28 anni, sboccato nel 2003, 50% Pinot Nero, 40% Chardonnay e 10% Pinot Meunier che sarebbe un peccato mortale trattare diversamente dal vino da meditazione quale è. La sua complessità si sprigiona in note di moka, caffè, liquirizia e Alpenliebe (le caramelle al mou, avete presente?): è un vino con cui passare una serata sorseggiandolo con calma, lasciandogli tutto il tempo per evolversi e raccontarsi. Difficile anche abbinarlo a qualche portata, anche perchè è capace di soddisfare da solo, ma se proprio devo pensare a un cibo che potrebbe esaltarlo mi viene in mente il formaggio di pecora Maledetto Toscano Riserva Speciale di Andrea Magi, che dopo auna stagionatura superiore ai 12 mesi viene sottoposto a un trattamento di leggera affumicatura con il fumo del tabacco del sigaro toscano, rendendolo un prodotto unico. E, sì, confesso che con il Grand Vintage 1990 mi accenderei anche un sigaro, non so se un Maledetto Toscano, da abbinare col formaggio, o un Partagas, ma lo accenderei sicuro. Il 1990 è la 60ma Vintage per Moët & Chandon e la Maison la considera una delle sue 20 migliori annate del secolo.
La bella notizia è che di bottiglie di 1990 ce ne sono ancora in circolazione. Costano tra i 400 e i 500 euro, un sito dove potete trovarla è qui.
Il 2002 costa circa 70 euro, non ce n’è molto in circolazione, e probabilmente a breve uscira in un cofanetto degustazione, ma intanto lo trovate qui.
E ora veniamo al 2009: il Grand Vintage costa poco più di 60 euro (qui), la versione Rosé poco più di 70 euro (qui).