Trento, 16 settembre 2010
Presidenza e Direzione Presidente Prot. n. 5143/2010 Circ. n. 357/2010
Gentili signori Presidenti, Amministratori, Sindaci e Direttori delle Cooperative associate ed enti collegati
Cari presidenti, Amministratori, Sindaci e Direttori,
in questi giorni la cooperazione trentina è motivo di dibattito sui mezzi di informazione a seguito della decisione della Giunta provinciale di Trento di commissariare la cooperativa LaVis, su richiesta della stessa Federazione.
Ognuno di voi che mette l’anima nella cooperazione, si sarà sentito coinvolto negli attacchi anche violenti al nostro movimento, offeso da certe dichiarazioni e rammaricato per il momento di difficoltà che sta attraversando una nostra cooperativa. Qualcuno avrà concordato con le critiche.
Oggetto delle critiche non è stato solo il presidente della Federazione, ma l’intero sistema, il modello, la sua organizzazione, la strategia complessiva. Questo ci preoccupa.
Su LaVis evidentemente qualcosa non ha funzionato, non abbiamo saputo o potuto essere efficaci e tempestivi nell’affrontare una situazione che andava risolta dentro il sistema.
Ma non è distruggendo quanto abbiamo costruito in 120 anni di storia, che si aiuta la cooperazione. Al contrario, sparare nel mucchio ha come effetto di colpire a caso e spesso ingiustamente.
Non è parso vero a qualcuno di strumentalizzare questo momento per trarre qualche vantaggio immediato, anche di natura politica.
Anche per questi motivi il consiglio della Federazione ha ritenuto di esprimere una posizione condivisa sulla vicenda. Ci sembra opportuno estendere queste nostre considerazioni a voi presidenti e direttori affinché possiate ricavarne occasione di stimolo – anche per noi – e riflessione sul futuro del nostro movimento.
Intanto il ruolo della vigilanza della Federazione. Non sembri una autodifesa, voi sapete bene con quale attenzione e rigore trattiamo il tema dei controlli. La nuova legge regionale in materia, entrata in vigore dal primogennaio 2009, ha dato alla Federazione nuovi strumenti, che abbiamo implementato adeguando la nostra organizzazione, all’interno di una specifica Divisione Vigilanza che si occupa della revisione cooperativa e della revisione legale dei conti.
L’aggravarsi della situazione del gruppo LaVis non ci ha colti impreparati. Già nel 2008 una società specializzata da noi partecipata aveva allertato la cooperativa. La Divisione Vigilanza della Federazione, con la lettera di certificazione dell’11 dicembre 2009, esprimeva rilievi sul bilancio, richiamando la cooperativa a porre in atto iniziative di riorganizzazione e razionalizzazione atte a ridurre l’esposizione finanziaria e consentire la continuità aziendale. Il direttore generale della Federazione Carlo Dellasega aveva informato i soci durante la presentazione del bilancio all’assemblea del 15 gennaio.
Da allora la Federazione, anche su richiesta della stessa cooperativa, ha contribuito a ricercare le soluzioni migliori per uscire dalla crisi, anche facendosi affiancare da consulenti di elevata professionalità. Nello stesso tempo, non ha mai mancato di rilevare, anche in forma scritta al presidente e al consiglio di amministrazione, la gravità della situazione che si stava profilando e l’urgenza di attivare soluzioni rapide. Evidentemente queste azioni non hanno portato ai risultati sperati.
E’ giusto rilevare il lavoro dei nostri controlli e dei consulenti per rispetto della loro professionalità e per dovere di verità. Ma non possiamo certo accontentarci di aver fatto il nostro dovere. È nostro compito inderogabile stare a fianco della cooperativa, seppure commissariata, finché sarà fuori dalle secche.
Abbiamo contemporaneamente il dovere di chiederci, ancora una volta e con umiltà, cosa non ha funzionato. Il caso LaVis deve rappresentare un campanello di allarme che tutto il sistema deve ascoltare, non solo il mondo del vino o quello agricolo. Affinché situazioni come questa non abbiano ad accadere.
Ci si interroga quindi se il ruolo della Federazione sia adeguato alle dimensioni delle nostre cooperative e alla complessità del sistema. Cosa succede se qualcuno sbaglia e persiste nei propri errori? L’autonomia delle cooperative è un principio inviolabile o deve fare i conti anche con gli altri attori del sistema? Essere una rete di imprese comporta obblighi e responsabilità collettive che abbiamo scelto liberamente.
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Affrontare questi temi significa cogliere l’occasione per rafforzare il nostro movimento. Se li lasciamo cadere, al contrario ci potremmo trovare un giorno a certificare la nostra debolezza. Abbiamo sotto gli occhi di tutti come la crisi di una sola delle nostre cooperative coinvolga l’intero sistema.
Secondo taluni osservatori, anche all’interno del consiglio, la Federazione dovrebbe avere un ruolo maggiormente incisivo nei confronti delle proprie associate qualora l’interesse dei soci sia compromesso. Occorre verificare la compatibilità delle scelte strategiche prese in autonomia dalle singole imprese cooperative con una visione di futuro coerente ed un modello di sviluppo sostenibile e realizzabile.
C’è chi propone di far ‘validare’ dalla Federazione i piani strategici delle proprie associate, chi auspica nuove regole, chi ritiene che sia sufficiente l’azione di convincimento e di sensibilizzazione.
Sicuramente vanno tenuti ben oliati i meccanismi di comunicazione tra il consiglio di amministrazione e i soci che lo hanno eletto, così devono essere chiare le deleghe affidate al management. La democrazia economica si esercita con la partecipazione e la trasparenza.
Su questo vi invitiamo ad un supplemento di attenzione. Dobbiamo chiederci ogni giorno se i proprietari delle cooperative, i soci, sono realmente messi nella condizione per esercitare il loro ruolo, compreso il diritto-dovere di votare consapevolmente. Parlare con loro, tenerli informati ed ascoltarli, sono precisi doveri di chi è chiamato ad amministrare e gestire.
Solo mettendo a disposizione i giusti strumenti per intervenire ed informarsi possiamo richiedere ai soci quella responsabilità che è fondamentale sempre, ma che viene drammaticamente allo scoperto soprattutto in presenza di una crisi.
Oggi fare gli amministratori, così come i dirigenti, è molto difficile. L’esigenza di una adeguata formazione ai valori cooperativi e alla gestione di impresa era sentita all’alba della nostra storia cooperativa. Vale oggi ancora di più, perché la buona volontà, da sola, non basta a governare aziende che si confrontano con mercati sempre più complessi.
Non è in gioco la validità di un sistema di imprese – private – che nella sua varietà e complessità continua a dare risposte positive alla comunità in termini di servizi ed occupazione. La solidarietà e l’equità sono ancora valori che ogni giorno le nostre cooperative spendono sul territorio e tra la gente.
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Occorre ribadirlo, soprattutto a fronte di una deriva catastrofista che sembra aver preso la mano a molti commentatori in questa vicenda. Ma non perdiamo l’occasione per riflettere su come migliorarci. Invitiamo voi a farlo e ad avviare il dibattito anche nelle vostre cooperative. Fatevi sentire sia all’interno che all’esterno del movimento!
Siamo convinti che oggi più che mai sia opportuno stare insieme e confrontarci in maniera aperta. Anche incontrandoci in assemblea, che pensiamo di convocare entro l’anno. Il luogo naturale dove poter esprimere idee ed opinioni.
Insieme abbiamo preso l’impegno di restituire alle generazioni che verranno un patrimonio più grande di quello che abbiamo ereditato. Più che un impegno, lo consideriamo un dovere.
A parte le questioni di governance interna della Federazione delle Cooperative, mi sembra che da questa lettera emerga un aspetto importante: i controlli, pur accurati, non hanno funzionato, non hanno consentito di gestire la difficile situazione di LaVis.
Tralascio le considerazioni politiche o politologiche (ci sarà senz’altro qualcuno pronto a spiegarci il cui prodest). Qui si commette il solito, fondamentale errore. Ovvero la competenza professionale coinvolta nei controlli e, conseguentemente, nella gestione. Mi spiego: nel mondo del vino, come del resto in molti altri settori, si continua a ricondurre tutto a questioni di equilibrio/squilibrio finanziario, controlli amministrativi, certificazione di bilancio, e si tralasciano le questioni della competenza “industriale”, ovvero quel misto di aspetti che integrano la produzione di un bene con il suo commercio (e marketing). Anziché affidare, quindi, i controlli a figure professionali competenti del settore (produzione e mercati), si scelgono figure con competenze giuridiche, contabili, amministrative, finanziarie. Non a caso, negli USA, li chiamano “bean counters” (“conta fagioli”). Cercano di spiegarti perchè un bilancio è taroccato (o come si fa a taroccarlo), perchè un’acquisizione o fusione è contabilmente vantaggiosa, ma non sono in grado di comprendere i meccanismi che fanno funzionare i mercati e la competizione. Se non sai valutare la “congruità industriale”, per esempio, di un contratto di distribuzione per un determinato paese (volumi, margini, prezzi, sconti, ecc.), o il valore di una fusione aziendale in termini di vantaggio competitivo, i tuoi “bean counters” arriveranno a certificare solo i disastri. Com’è puntualmente successo. In Trentino, ma anche in tanti altri casi nel mondo.
Mi scuso per la lunghezza di questo post. Complimenti a GG per come tiene informati sulle vicende del vino trentino. In bocca al lupo a tutti!
Cari Aristide e GG,
mentre scorrevo la lettera di Schelfi, riga dopo riga, mi montava un disagio che non vi dico. “Abbiamo sotto gli occhi di tutti come la crisi di una sola delle nostre cooperative coinvolga l’intero sistema.”, dice fra l’altro all’inizio della seconda pagina. Ma come? Una sola cooparativa? E tutte le altre, anche non vinicole, che nelle ultime stagioni sono entrate in crisi, già dimenticate?
Quando si capirà che queste crisi sono di sistema e che i comportamenti del management sono solo la logica conseguenza dell’abbandono di un modello (quello cooperativo) che è transitato verso quello capitalistico “imperfetto”? Dico imperfetto per non dire bastardo, perchè resta il frutto incestuoso di un rapporto anomalo fra consanguinei (vertici che torteggiano soci impotenti) giocando una partita (più partite) su campi (vigne, cementiere,aeroterminal,ecc.)non di competenza. Altro che mano libera! Liberi saranno i cooperatori, e per fortuna sono la stragrande maggioranza silenziosa del movimento, quando saranno riusciti a scacciare i mercanti dal tempio! Allora, e solo allora, non servirà un carabiniere/finanziere dietro ogni cooperativa perchè queste devono essere “pure” per definizione, a cominciare dai vertici che devono dare il buon esempio. I soci “puri” stanno da tempo guardando sgomenti gli esempi che vengono dall’alto, non capiscono, ma già si rendono conto che le plus valenze facili non si ripeteranno più. Chiedono solo che questa sofferenza abbia a durare meno possibile, disposti a ricominciare dal punto nel quale il sistema ha cominciato a scarrocciare.
Leggendo la lettera di Schelfi traspare evidente che la crisi è delle persone e non certo del sistema. Infatti sono le persone che hanno mancato nelle loro responsabilità. Scelte fuori luogo e fuori dalle ragioni di una cooperativa, certificiazioni di bilanci incertificabili (LaVis è stata certificata e 8 mesi dopo potrebbe portare i libri in tribunale!) con buchi che vanno da qualche milione a decine di milioni di euro (Fiavè, Avio, Nomi, LaVis, queste le “regine” della stampa). Una risposta agli interrogativi posti da Schelfi: non il sistema, ma le persone devono essere riviste! Non siamo sui banchi di scuola dove si può sbagliare e sperare di fare bene il prossimo compito, chi ha mancato se ne deve andare! Questo vale per tutti i livelli dell’organigramma del mondo della cooperazione!