Lo ammetto. In questo periodo sono più impegnata a promuovere le cose buone e belle dell’Italia e del Trentino sui giornali nazionali che interessata a seguire le TrentoDoc Soap e le vinosoap del Trentino. Non mi pare, a tutti gli effetti, che in tutti questi anni sia cambiato molto, nonostante le denuncie, lo sviscerare problemi e criticità, il portare voci di esperti (da Daniele Cernilli a Roberto Cipresso) pronti a dispensare consigli accorati e non pagati al mondo del vino trentino in cerca della quadratura del cerchio. Ma anche se scrivo più di altre cose che di questo – o uno o l’altro, perché non c’è tempo per tutto – ne parlo, ne leggo, e in qualche modo qualcuno cerca sempre di farmi dire qualcosa. E allora, dopo settimane di riflessioni, ho deciso di elencare qui di seguito il MIO Piano Vino, che a dire il vero non è solo mio, ma è il frutto di anni di meditazioni in compagnia di vignaioli e personaggi illuminati, spesso non trentini. O trentini emigrati. Insomma, un bel parterre di voci.
Senza presunzioni, quindi, vorrei elencarvi quello che io e molti altri pensiamo potrebbe servire per il mondo del vino trentino.
1. TT. Trentodoc e Teroldego. Son questi i cavalli di battaglia del vino Trentino. Su questo si dovrebbe puntare e investire in promozione, comunicazione, territorio. Tutto il resto disperde budget ed energie, e crea confusione nei consumatori (vedi punto 3). Certo, al Trentodoc andrebbe forse cambiato il nome, ma fino ad ora nessuno (nemmeno i super consulenti milanesi strapagati) è riuscito ad avere un’idea migliore…
2. B di Brand. Che va distinto. Si può essere produttori di vini da quantità e anche di vini di qualità, ma le cose vanno ben distinte con marchi differenti. Per intenderci, non si può chiamare Rossi il super vino da 50 euro e sempre Rossi il vino da pasto da 6 euro. Il consumatore non può trovare in enoteca e al supermercato lo stesso marchio. A meno che non si sia così forti da venir messi al supermercato tra i super vini, in fasce di prezzo comunque alte.
3. C di Cuore. Come non si può stare tutta la vita con una persona che non si ama (eccezion fatta per le unioni di facciata o i sperati in casa), così non si può produrre per lungo tempo qualcosa che non si sente come propria, qualcosa che non sia un po’ come figlia nostra. Nel territorio e nei suo prodotti bisogna crederci veramente: fare finta, per facciata o finanziamenti, non serve a nessuno. Il fatto è che a credere e sentire le cose non ci sono guru di marketing che tengano: è una cosa che si ha dentro, o c’è o non c’è. Nè la Provincia autonoma di Trento, né le azioni di comunicazione di Trentino Marketing, né i saggi o chiunque altro potranno accendere la scintilla, se l’anima non vuole farsi infiammare.
4. C di Comunicazione. Da rivedere e da ripensare. Basta montagna, basta ciclismo o calcio. Basta con la promozione di 20 prodotti tutti assieme. Nel marketing serve concentrazione: poche cose, fatte bene, messaggi chiari, univoci, uguali per tutti. Insomma, al vino trentino serve altro. Serve un’immagine e uno stile diversi (un’idea? guarda qui). Le idee ci sono, ma nessuno ha voglia di crederci e di ascoltarle (info@geishagourmet.com).
5. C di Cooperazione. Ha fatto tanto e tanto farà ancora. Ma sappiamo bene che spesso nelle cantine sociali trentine si fanno numeri più che alta qualità. Ovviamente ci sono le eccezioni. Resta comunque il fatto che i vignaioli trentini devono provare a diventare imprenditori, anche se vogliono restare conferitori. E’ un cambio di mentalità importante, ma necessario.
6. I di Invidia. Non è che, ad esempio, in Franciacorta siano tutti fratelli: sono imprenditori agguerriti e come tali ognuno vorrebbe fare da sé. Ma da imprenditori furbi sanno che è insieme che si costruisce un brand forte come il Franciacorta e quindi accettano di buon grado di stare assieme, per davvero però, non per finta e senza che nessuno dica loro che lo devono fare (leggi PAT). In Trentino probabilmente va bandita l’invidia e vanno messe da parte le ritrosie personali in nome non del “volemose tutti bene”, ma del business.
7. O di Orgoglio. Se i viticoltori trentini ce l’hanno, e so che ce l’hanno, è ora di tirarlo fuori. Orgoglio per i propri prodotti, le proprie origini, la propria storia, la propria terra.
8. S di Sacrificio. Per l’ennesima volta l’altro giorno mi sono trovata a dovermi sentire dire da degli enoturisti che, purtroppo, la loro visita in Trentino è finita a mani quasi vuote, perché tutte le cantine la domenica erano chiuse… Dicono: «Se non andiamo di sabato e domenica, quando andiamo?»… Quando?
9. P di Politica. C’è la politica aziendale, quella commerciale, quella di posizionamento, etc. Poi c’è la politica dei politici e quella spesso non riesce a fare il business per le aziende, non per incapacità, ma perché non è il loro mestiere.
10. CI di Consumo Interno. Il vino trentino va consumato e promosso in primis in Trentino. Lo dobbiamo capire anche noi consumatori, anche se spesso non siamo molto aiutati: di frequente, infatti, ci troviamo a dover scegliere – ad esempio per l’aperitivo – tra un Chianti e un Prosecco, perché di Teroldego e Trentodoc non c’è neanche l’ombra (a dire il vero spesso non trovi nemmeno la Coca Light, ma questo è un altro problema ancora…).
Detto questo, io continuo e continuerò sempre a cercare di fare del mio meglio per raccontare le cose belle e buone del made in Italy , comprese quelle del Trentino, nel tentativo di valorizzarle al massimo. Anche con nuove iniziative di cui a breve sarete messi al corrente 😉 .
Complimenti un ottimo piano, e sopratutto a costo zero.
Non è da tutti.
Grazie.
Sei sempre sorprendente !
Si, soprattutto il punto 4 è molto stuzzicante….
Sublime ed immediatamente attuabile..
Al posto di montagna e calcio.. suggerisco mare & rugby..!