Il 2018 non è stato un anno particolarmente brillante per le prime dieci distillerie d’Italia specializzate nella produzione di grappa. Tuttavia, il settore conferma da un lato la propria solidità mettendo a segno un lieve incremento di ricavi e dall’altro evidenzia una marginalità double digit principalmente grazie ai risultati raccolti dai suoi primi quattro player, tutti a doppia cifra nel rapporto tra ebitda e giro d’affari. Una crescita contenuta dovuta sostanzialmente al fatto che il 2018 è stato l’anno della produzione di grappa a partire dalla vendemmia 2017, una delle più scarse per resa (tra gelata primaverile e siccità estiva), con conseguente riduzione delle quantità di materia prima a disposizione delle aziende specializzate nel distillato considerato il simbolo degli spirits made in Italy.
La top ten vede ancora una volta in vetta Bonollo Umberto, che peraltro si rivela come azienda top performer mettendo a segno di una crescita vicina al 18% rispetto al risultato dell’anno precedente. Il tutto, per la società padovana che opera nel mercato con marchio Of, è avvenuto a parità di incidenza di ebitda su fatturato, superiore all’11%, e con prospettive favorevoli a fine 2019.
Al secondo posto c’è un’altra conferma, quella delle Distillerie Franciacorta, oggetto della più importante acquisizione dell’anno in Italia nell’ambito spirits. A inizio febbraio l’azienda è stata comprata da Stock Spirits, realtà già attiva nel comparto grappa con il marchio Julia. Nel frattempo, la società bresciana ha consolidato la seconda posizione conquistata nel 2017 chiudendo l’anno con 32 milioni di ricavi (+3,7%) e con più di quattro milioni di ebitda.
In terza posizione troviamo Distillerie Bonollo, la più colpita dallo shortage di materia prima, con 26 milioni di ricavi contro gli oltre 30 dell’esercizio precedente (-15%). La società con sede a Formigine (Modena) ha comunque ottenuto un ottimo risultato legato alla marginalità, riuscendo a confermare i 3,8 milioni di ebitda pur in presenza di un calo di introiti.
Anche le due successive posizioni rispecchiano la classifica del 2017.
Il quarto posto è di Distillerie Marzadro, che centra un lieve incremento di ricavi (20,9 contro 20,6 milioni) e brilla per marginalità, salita da 2,3 a 3,1 milioni di euro, arrivando a sfiorare il 15% di incidenza sul fatturato.
In quinta posizione c’è Bonaventura Maschio, che sostanzialmente conferma il fatturato (+0,4%) e incrementa la redditività portandola dal 2 al 2,5% dei ricavi.
Quello della grappa appare come un settore solido e in grado di offrire ai suoi leader la possibilità di sostenere anche annate difficili come quella legata alla raccolta del 2017.
Un altro filone dell’investimento è legato all’accoglienza, sperimentata con successo da Berta, distilleria che chiude la top ten dei fatturati ed è leader assoluta per marginalità, con un ebitda pari al 27% del fatturato.
A livello di export, il mercato messo da tutti nel mirino è quello statunitense, dove però la grappa stenta a imporsi perché c’è ancora un retaggio del passato legato alle grappe super strong dei nostri emigrati. Ci vorranno molti anni prima di riuscire a cambiare questa visione. Intanto le aziende continueranno a investire e a insistere sui progetti di comunicazione già avviati come Hello Grappa, coordinato da Assodistil e con la partecipazione delle dieci principali distillerie italiane. La grappa italiana rimarrà comunque una nicchia e non potrà mai crescere come altri distillati che non dispongono di una materia prima contingentata, visto che la grappa può essere prodotta soltanto a partire dalle vinacce italiane.