Alexa, che cos’è l’amore?
Ma come, non mi sai rispondere? Declami poesie, sai sempre che tempo fa anche all’altro capo del mondo, mi dici a che ora uscire di casa per non trovare traffico e non sai cosa è l’amore?!
Alexa, l’amore ai tuoi tempi è sempre più fragile, e il rispetto è qualcosa di sempre più sconosciuto. E non è che il tuo arrivo abbia migliorato la situazione.
Tu sei l’esempio lampante di questi tempi, tempi in cui un assistente vocale intelligente (questa è la tua definizione), con mille opzioni e infinite potenzialità, ha però solo una versione vocale: quella femminile. Alla faccia del no gender e della parità. Tu sei la conferma che oggi i rapporti tra uomini e donne sono più complicati che mai e, se devo raccontarti il mio punto di vista squisitamente femminile, in giro non vedo altro che maschi attratti da Donne (con la D maiuscola), nei confronti delle quali si comportano come un domatore con i suoi leoni. Perché è lì che sta il bello, cercare di far diventare Alexa chi Alexa non è. Sai che figata se ci riescono?! Sai che trofeo da esibire al popolo a cui raccontano di essere Dio?
E se invece la leonessa non si fa domare? Ah, cara Alexa, qui il maschio (che si crede Alfa) dà il meglio di sé: trova un’altra Alexa, più obbediente e disponibile, che non fa domande e non pretende risposte, comunicando alla vecchia Alexa il “licenziamento” non di persona – giammai, altrimenti sarebbe un Uomo – bensì facendo postare sui social da un amico comune la foto di lui in compagnia della nuova Alexa. In alternativa, sparisce nel nulla, e buonanotte al secchio.
In tutto questo, il vino cosa c’entra? C’entra, perché certi vini stanno perdendo la loro personalità per assecondare – come Alexa, che risponde a ogni nostro ordine – un’omologazione del gusto fatta di apparenza e superficialità più che di passione e piacere, che poi si traducono anche in profondità. Un vino vero non può seguire le mode, deve andare dove lo porta il cuore.
Un vino vero è la metà perfetta di una storia d’amore, è il fascino di una personalità liquida di cui non ti stanchi mai. Per conquistare davvero l’altra metà di quella storia d’amore – ossia noi che decidiamo di berlo, di baciarlo ogni giorno – non può fingere di essere ciò che non è. Certo, ci vuole coraggio, spesso è più facile confondersi tra la folla piuttosto che cercare di emergere, è più semplice essere Alexa che essere Francesca, Chiara, Gaia, Michela, Alessandra… Si tratta solo di una questione di scelta. Vogliamo vini di cui domani non ci ricoderemo mai l’etichetta, oppure vini che a ogni sorso siano sempre come il primo bacio?
…….è così da un bel po’…. io ricordo i Barolo Boyz. Poi però scommetto che ci son esempi più vecchi…il Barolo ai tempi di Cavour. Noi non mangiamo come secoli fa, non beviamo come secoli fa….è nella natura della cose adattarsi ai tempi. C’è poi il problema del fatto che un vino fatto in una certa maniera, si possa chiamare o no come lo si chiamava in origine. Mi viene in mente il Chianti Classico, che ora abbonda di Cabernet e altro, al contrario di ciò che diceva Ricasoli. >Ora sicuramente, lo possiamo chiamare Chianti classico, perché da li arriva (Territorio), ma non è giusto adattarlo al gusto odierno (che non è quello degli anni del Barone Ricasoli), con cabernet e merlot, ma bisognerebbe arrivare al “morbido” e “fruibile da subito” tramite attenta selezione clonale di sangiovese e delle uve che eventualmente componevano la “ricetta” originaria.