Articolo pubblicato nella sezione microbirrifici dell’Annuario Infobirra italia 2011-12
A cura di Lorenzo Dabove (in arte Kuaska)
In attesa di poter produrre birre con soli ingredienti autoctoni, i nostri valenti artigiani approfittano degli straordinari prodotti del loro territorio per creare birre rappresentative di un prorompente “Made in Italy”. I nostri emergenti, sempre più apprezzati e ricercati artigiani della birra, senza i vincoli di una radicata tradizione alle spalle con la conseguente libertà di poter esprimere fantasia, creatività ed originalità, sono stati indubbiamente baciati dalla fortuna di nascere, appartenere ed operare in un paese votato al buon gusto in tema di cibo e ricchissimo di straordinari prodotti della terra, ingredienti ideali esaltati dal talento di chi li sa impiegare. Moltissimi nostri microbirrifici si trovano in territori così accidentati, impervi e sperduti da vincere spesso la sfida con i pù sofisticati navigatori satellitari. Territori che spesso ospitano altri artigiani che producono formaggi, salumi, miele, cioccolato ecc. sposando la stessa filosofia di metetre al centro di tutto la genuinità del prodotto. Diventa quindi inevitabile e naturale per tali artigiani stringere stretti legami di sincera amicizia e fruttuosa collaborazione con i giovani birrai, grandi protagonisti di un mercato in rapidissima crescita che merita attenzione, analisi e monitoraggio costanti. Questa attiva ed appassionata collaborazione tra artigiani accomunati dalla stessa vocazione porta oltre alla all’esaltazione dell’abbinamento tra cibi e birre e all’interesse per una nuova, da noi inedita, “cuisine à la bière” anche alla ideazione, creazione e realizzazione di prodotti innovativi nei quali le birre entrano “fisicamente” come, ad esempio, formaggi affinati nelle birre, salumi da carni suine impastate con birre, gelée alla birra, praline di cioccolato ripiene alla birra o panettoni farciti con creme alla birra e così via. L’affermarsi di questa nuova realtà ha contagiato anche le istituzioni locali più lungimiranti che hanno intuito come i birrifici artigianali, in particolare quelli che utilizzano ingredienti autoctoni, possano far conoscere i rispettivi territori ad un pubblico nuovo formato da viaggiatori assetati non solo di birra ma anche di culture e costumi locali. Si tratta degli agguerriti ed instancabili beerhunters (cacciatori di birre) che hanno creato una nuovo ed inedito fenomeno in grande espansione che si può definire, a pieno titolo, “turismo birrario”. Ed ecco il nascere e il proliferare di manifestazioni e festivals incentrati sulla birra artigianale, sempre più frequenti, ormai a cadenza settimanale, con inevitabili sovrapposizioni di eventi nello stesso weekend. Ne abbiamo di tutti i tipi, forma, importanza e valore, da quelli organizzati con serietà e competenza con un’accurata e qualitativa selezione dei produttori e con laboratori di degustazione di altissimo livello a quelli improvvisati da incompetenti o da chi ha fiutato il business del momento con uno stridente squilibrio di valori tra i produttori presenti e con laboratori a dir poco grotteschi.
GLI STILI MADE IN ITALY
Prendendo in considerazione solo l’aspetto “sano” del mondo della birra artigianale, possiamo orgogliosamente rivendicare la creazione di alcuni stili “Made in Italy”. Non male per un paese senza tradizione birraria, nel quale si è cominciato a delineare un vero e proprio “movimento artigianale” a partire da metà degli anni Novanta, quindi solo quindici anni fa! Tutti questi stili sono, non certo a caso, legati imprescindibilmente all’utilizzo di prodotti ed ingredienti autoctoni, strettamente legati al territorio, rispettando quel “kilometro zero” che è sulla bocca di tutti , distanza che in alcuni casi, come vedremo, si riduce addirittura “a centimetro zero”!
BIRRE ALLE CASTAGNE: In ordine cronologico, partiamo dalle birre alle castagne alle quali è stato attribuito, già da qualche anno, l’appellativo di stile birrario “Made in Italy” da parte di esperti stranieri, primo tra tutti lo svizzero Laurent Mousson, amico ed assiduo frequentatore del nostro paese. Abbiamo più di trenta produttori, sparsi in molte regioni, che hanno sperimentato l’utilizzo di castagne, tutte di tipologie locali, diverse una dall’altra ed inoltre impiegate in svariati modi da essiccate ad affumicate o in caldarroste e così via.
BIRRE CON CEREALI INUSUALI: l’attribuzione di “Made in Italy” fu giustamente conferito alle birre che includono come ingredienti peculiari cereali inusuali, primo tra tutti il farro, tipico dell’Italia centrale, Garfagnana in testa ma anche nel Lazio ed Abruzzo
BIRRE CON FRUTTA LOCALE: l’attribuzione “Made in Italy” fu conferita anche alle birre con frutta locale di grande tradizione, quasi sempre certificate da origine controllata o protetta e molto spesso facenti parte di un presidio Slow Food.
BIRRE LEGATE AL MONDO DEL VINO: l’ultimo grido in fatto di “Made In Italy” birrario, quello delle birre legate al mondo del vino, ci sta procurando una più che meritata attenzione e un ben preciso posto di riguardo nel mondo della birra a livello internazionale. Tale legame sa esprimersi in vari modi, dal ricorso ai lieviti da vino o da champagne all’utilizzo di acini d’uva, di mosto d’uva sia fresco che cotto, per non parlare dell’inarrestabile tendenza all’utilizzo del legno sia per maturare ed affinare le birre fino alla completa fermentazione in botti che spesso abbiano contenuto grandi vini di fama mondiale, quasi sempre prodotti nella stessa regione.
Infatti, un importante aspetto da evidenziare è quello del forte senso di appartenenza da parte dei birrai artigianali al loro territorio la cui cultura, tradizione e bellezza paesaggistica vengono sempre orgogliosamente rivendicate ad ogni presentazione pubblica. Quasi tutti i produttori utilizzano, chi più chi meno, ingredienti ricavati da coltivazioni locali quindi, tenendo conto che al momento della stesura di questo articolo abbiamo più di 360 birrifici, diventa chiaramente impossibile fare una carrellata completa delle innumerevoli birre con tali caratteristiche.
ALCUNI TRA I BIRRIFICI CHE UTILIZZANO INGREDIENTI DEL TERRITORIO
Partirei senza indugio con i due produttori che maggiormente utilizzano ingredienti del loro territorio, il piemontese Riccardo Franzosi del Birrificio Montegioco nell’omonimo paese nei colli tortonesi e l’abruzzese Massimiliano Di Prinzio del Birrificio Maiella di Casoli ai piedi dell’omonimo massiccio montuoso.
Riccardino, così scherzosamente chiamato per la sua notevole mole, ama alla follia la sua terra, poco conosciuta per una certa riservatezza dei suoi abitanti ma ricchissima di autentiche gemme come il formaggio Montebore, il vino Timorasso, la pesca di Volpedo, la ciliegia Bella di Garbagna per non dire di salami e cotechini pressoché imbattibili. Da tutto ciò nascono birre straordinarie sia con frutta come la Quarta Runa e la Garbagnina rispettivamente alla pesca e alla ciliegia succitate sia con spezie colte “a centimetro zero” dal giardino della vicina come il coriandolo e la salvia sclarea per la Runa Bianca e la Rex Grue. Molto interessanti e fortemente apprezzate sono le sue birre legate al mondo del vino come, tra le altre, le barricate Tibir con uve di Timorasso, e Dolii Raptor affinata 3 mesi nelle botti della celebre barbera Bigolla di Walter Massa, quindi rifermentata con lieviti da vino bianco.
Massimiliano Di Prinzio, orgogliosamente legato al suo incantevole territorio (famoso anche per i rinomati pastifici) e ai prodotti che generosamente gli sa fornirei per le sue originali creazioni, prima di tutto l’acqua delle sorgenti Del Verde utilizzata per tutte le sue birre e poi due eccellenti varietà di grano coltivato localmente, il duro Senatore Cappelli e il tenero Solina. Tra gli altri prodotti locali utilizzati da Massimiliano citerei soprattutto i fiori di lavanda direttamente colti davanti al birrificio per la Noviluna e le piccole e gustose mele casolane per la Cluviae.
Il sardo Nicola Perra del Birrificio Barley di Maracalagonis, eletto birraio dell’anno 2009, è stato il primo a pensare all’utilizzo del mosto per una birra e lo ha fatto alla grande con la sapa (mosto cotto per farcire i dolci) di Cannonau per la sau pluripremiata BB10, replicando il successo con sapa di Nasco per la sua BBevò, tracciando una via percorsa poi, con metodologie e vitigni diversi, da tantissimi suoi colleghi.
Senza voler far torto a nessuno, tra i numerosissimi esempi citerei il campano Mario Cipriano del Birrificio Karma che per la sua Centesimale utilizza mosto di uve Pallagrello e confettura di mela annurca. Bruno Carilli dell’emergente Birrificio Toccalmatto di Fidenza, utilizza mosto di uva Fortana per la sua Jadis.
Nella feconda provincia di Alessandria, Giordano Ramassa del Birrificio Henquet di Ovada utilizza mosto di uva Freisa per la sua Gemini e Simone Sparaggio di Birra Pasturana che per la sua Filo Forte Oro fa passare il mosto attraverso vinacce di moscato passito di Strevi.
Uno dei più bravi ed affermati birrai italiani, il laziale Leonardo Di Vincenzo, noto anche per usare ingredienti inusuali come il tè, la genziana, il timo, le puntarelle, la foglia di tabacco Kentucky Toscano e così via, utilizza mosto di Sangiovese per la sua attraente Equilibrista.
Molto interessante è l’aristocratica Cudera nata da un’idea di Etienne Hunyadi di Bolgheri, la cui famiglia produce vini in Ungheria ed Italia che ha saggiamente chiesto a Roberto Giannarelli del Birrificio Petrognola di realizzare quattro birre con mosto di uve Syrah, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot.
In tema di mosto ho lasciato volutamente per ultimo l’emergentissimo piemontese Valter Loverier di Loverbeer, birraio dell’anno 2010, mago nell’utilizzo dei tini di rovere che, dopo anni di pioneristiche sperimentazioni e ricerche da homebrewer col mosto d’uva, sta conquistandosi una meritatissima fama con ingredienti locali come il mosto di uva Freisa per la D’uvaBeer, uva Barbera pigiata e diraspata per la BeerBera a fermentazione spontanea e le susine damaschine (“Ramassin” in piemontese) per la BeerBrugna.
Il re delle birre al farro è senza dubbio il citato Roberto Giannarelli della Petrognola in Garfagnana ma interessanti interpretazioni ci vengono regalate anche dal citato Leonardo Di Vincenzo con la sua Duchessa e con la Enkyr con l’omonima rara varietà di farro e dallo svedese-pescarese Jurij Ferri dell’Almond 22 per la sua Farrotta e che utilizza cereali biologici (segale e saragolla) per la Blanche de Valerie, dedicata alla moglie.
Spezie ed erbe non mancano in Italia ed ecco arrivare birre originalissime come quelle del Birrificio Troll di Robilante nell’alto Piemonte il cui birraio Dano Meinero trova nei boschi erbe e spezie altrove sconosciute per le loro affermate birre che spesso vengono utilizzate dal geniale Michelino Giordano dell’azienda agricola Isola di Palanfré per affinare i suoi formaggi. Non poteva mancare in Liguria una birra al basilico, ci ha pensato Andrea Mura del Birrificio La Superba con la sua “Genova” con foglie fresche di basilico aggiunte direttamente in bollitura.
Concludiamo con birre che utilizzano frutta locale di gran qualità come, oltre le già menzionate, la straordinaria Scires del comasco Birrificio Italiano del pioniere Agostino Arioli con i rinomati duroni Vignola, la N.8 del Birrificio Scarampola prodotta con il Chinotto di Savona (presidio Slow Food) da Maurizio Ghidetti Flibus nel Monastero di Santo Stefano a Millesimo e la Syrentum del Birrificio di Sorrento dei dinamici Giuseppe Schisano e Francesco Galano con i profumatissimi limoni, tradizionalmente utilizzati per il rinomatissimo limoncello.
Questa forzatamente rapida ed incompleta carrellata, in ogni caso dovrebbe rendere e confermare come sia stretto, nel nostro paese, il legame tra la birra artigianale, il territorio in cui operano i birrifici e i prodotti locali di grande qualità che spesso diventano inusuali ed inediti ingredienti di birre innovative che stanno conquistando una fama che ormai si sta consolidando anche oltre i confini nazionali. Sono certo che l’immediato futuro ci riserverà birre sempre più originali anche grazie all’utilizzo di ingredienti legati alla nostra terra che rappresentano una potenziale risorsa, a mio avviso ancora tutta da scoprire.
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