Nel 2019 il mercato italiano dell’Agricoltura 4.0 è aumentato del rispetto all’anno prima per un valore totale di 450 milioni di euro, equivalente al 5% di quello mondiale. Nel 2018 si era fermato a 370 milioni e nel 2017 non superava i 100 milioni di euro. Sono questi i primi, eclatanti dati emersi al recente convegno dal titolo “Il digitale è servito! Dal campo allo scaffale la filiera agroalimentare è sempre più smart”, organizzato dall’Osservatorio Smart Agrifood della School of management del Politecnico di Milano e dal Laboratorio Rise (Research & innovation for smart enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia.
Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio Smart Agrifood, spiega: “La sostenibilità economica, ambientale e sociale, come il benessere animale, sono alla base dell’innovazione tecnologica a cui un numero crescente di agricoltori e allevatori si sta rivolgendo – ha sottolineato nel suo intervento – Grazie alle soluzioni smart, il 36% degli agricoltori che le utilizzano hanno dichiarato di essere riusciti a semplificare la loro attività, mentre l’impiego di macchinari tecnologicamente avanzati favorisce un minor utilizzo di gasolio: in media -10 lt./ettaro, un risparmio di 6 euro/ettaro e circa 30 kg/haCO2 in meno, a cui si aggiunge un calo tra il 10 e il 15% di fertilizzanti e antiparassitari. Non solo. L’introduzione della ricetta elettronica in allevamento, avvenuta all’inizio del 2019, ha favorito una gestione più attenta e razionale del farmaco con un vantaggio per il bestiame allevato soprattutto in termini di benessere animale”.
Parlare di Smart Agrifood significa anche parlare di Startup, oggi in maniera più incisiva perché, come ha ricordato Renga, “l’impatto dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo spingerà in maniera molto significativa a favore delle aziende agricole particolarmente innovative”.
Attualmente, nel mondo, le Startup Smart Agrifood ammontano a 737 unità per un totale in valore di 13,5 miliardi di dollari. L’Europa copre il 31% (8% in valore) e si posiziona al secondo posto dietro il Nord America che detiene una quota del 39% e un valore del 37% del totale. “Più nello specifico – ha spiegato il condirettore dell’Osservatorio Smart Agrifood, Andrea Bacchetti – gli ambiti applicativi delle Startup Smart Agrifood riguardano l’eCommerce con una percentuale del 70%; l’Agricoltura 4.0 (20%); la qualità alimentare e la zootecnia 4.0 (entrambe per il 4% ciascuna); la sostenibilità e la tracciabilità (2% ognuna) e la logistica (1%).
Ma l’innovazione tecnologica non si ferma qui. La tracciabilità del percorso del prodotto alimentare dal campo alla tavola del consumatore ha un ruolo fondamentale anche perché può favorire una maggiore e migliore efficienza dell’intera filiera. La maggioranza delle soluzioni innovative offerte sul mercato italiano riguardano il Blockchain, pari al 43% dell’intera offerta, che nel solo 2019 sono cresciute del 111% e contano attualmente su 82 progetti internazionali: l’11% di essi sono italiani. “I progetti di Blockchain nel settore dell’agroalimentare – ha spiegato Chiara Corbo – hanno coinvolto nell’84% dei casi gli operatori del settore primario, mentre se consideriamo i principali promotori di queste iniziative troviamo le imprese che lavorano nella distribuzione (26%) e nella trasformazione dei prodotti (21%)”.
Agrinnovation, digitalizzazione, sostenibilità, efficienza produttiva. Il futuro dell’agricoltura ruota su questi pilastri. In questo contesto si inserisce l’ultimo investimento messo in campo in Umbria dall’azienda agricola Arnaldo Caprai, che ha fatto entrarea in funzione qualche giorno fa la prima ventola antibrina (e quindi antigelo) installata in un vigneto italiano grazie ai contributi della Regione Umbria (progetto agroclim technology).
Da oltre dieci anni Marco Caprai ha messo in campo un sistema integrato di sostenibilità nella gestione dei vigneti e della cantina, e spiega: «Questo è solo l’ultimo passo che abbiamo fatto nell’ottica della prevenzione – spiega Marco Caprai -, del resto il problema delle gelate primaverili è ormai molto frequente, in Umbria è un problema molto più importante della grandine. Questa ventola è una grande elica retrattile, che quando non è in funzione si ripiega su se stessa scomparendo nel paesaggio vitato. Una volta programmata, parte automaticamente quando i livelli di temperatura scendono sotto la soglia impostata: abbiamo già avuto modo di testarla durante un paio di notti in cui a Montefalco abbiamo registrato un forte abbassamento della temperatura, che ha raggiunto circa – 2 °C. Nell’area in cui abbiamo posizionato il Ventolone (un dispositivo copre circa 5-6 ettari) grazie al macchinario siamo riusciti a innalzare la temperatura di 5-6 °C. Abbiamo acquistato anche un cannone spara-nebbia, che potremmo dire svolga la stessa azione delle candele antigelo, ma in modo molto più pratico e veloce». Un macchinario straordinario, il Ventolone, che fino a ora non era mai stato messo a regime in un vigneto italiano e che, se i risultati di nuovi test confermeranno i primi, convinceranno l’azienda Arnaldo Caprai a installare, nel giro di qualche anno, almeno altri cinque dispositivi.
Il Ventolone per la Arnaldo Caprai è totemico, può essere considerato l’ultimo simbolo – avanguardistico – di un sistema integrato che affonda le radici dentro il progetto New green revolution, lanciato da Marco Caprai nel 2008 assieme ad altre 8 aziende del Consorzio di tutela dei vini di Montefalco (Adanti, Antonelli, Antano, Colleallodole, Perticaia, Scacciadiavoli e Tabarrini), al Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie dell’Università degli Studi di Milano e al Parco Tecnologico ed Agroalimentare dell’Umbria. «Le rivoluzioni non si fanno in un giorno – chiosa Caprai –. Per fare la vera sostenibilità bisogna creare una sorta di ventaglio di soluzioni per portare a perfetta maturazione l’uva. Quindi, oggi l’ultima arrivata è la ventola antibrina per prevenire le gelate, ma è solo uno degli ingredienti di quello che facciamo in vigneto: abbiamo, ad esempio, i sensori per il controllo della quantità idrica disponibile per la pianta, che in caso di sofferenza attivano la possibilità di distribuire acqua alle piante nella fase più avanzata di giugno e luglio. Oltre a questo, abbiamo un sistema di raccolta dati attraverso il quale possiamo avere anche la mappatura delle diverse malattie a cui è soggetta la vite, in modo da abbattere la pressione fitopatologica utilizzando meno trattamenti possibili».
La sostenibilità è il driver del futuro, ne è convinto da sempre Marco Caprai: «Da quando abbiamo iniziato a fare sostenibilità a oggi, l’esperienza ci ha portati a modificare il nostro percorso. Quello che dieci anni fa conoscevamo e gli strumenti che avevamo erano diversi da quelli di oggi. Ora in agricoltura c’è la possibilità di attingere a piene mani alla rivoluzione digitale e a degli strumenti che alcuni anni fa erano inimmaginabili».
Un modello di viticoltura 4.0, quella dell’azienda agricola Arnaldo Caprai, che si traduce non solo in una sostenibilità ambientale a 360 gradi, ma ha anche in effettivi risparmi economici: «Abbiamo i dati di ormai una ventina di vendemmie – fa sapere Caprai – e i risultati sono evidenti: siamo passati da 600 ore di lavoro all’ettaro a 250-300 ore, e la qualità dell’uva è probabilmente migliorata. Abbiamo inoltre i dati di quella che è la parte di Grape assistence e Smart meteo che ci consentono una riduzione di 1/3 di utilizzo di fitofarmaci in campagna (con punte di -60% in stagioni favorevoli) rispetto agli standard medi di buone pratiche. Naturalmente anche questo si traduce in risparmio economico».
In questo tempo sospeso dal #coronavirus, dove la campagna non si ferma, «bisogna continuare a innovare, a investire e portare avanti le produzioni nel miglior modo possibile».