Una carta dei vini per il caffè

Menu e carta dei vini sono il primo strumento di marketing per un ristorante.

E la cantina, si sa, spesso rappresenta uno dei fiori all’occhiello, oltre che un’importante fonte di business. Proporre una vasta scelta di etichette, nazionali e straniere, vantare in carta annate magari introvabili, poter servire anche al bicchiere vini di un certo standing sono tratti distintivi di un locale e orgoglio del suo sommelier. E se si proponesse anche una carta del caffè, simile per concetto a quella dei vini?

Il fine pasto è un momento importante, spesso però trascurato. Il caffè è visto più come un gesto per chiedere il conto che un vero e proprio momento di piacere che suggella l’esperienza gastronomica. Il motivo è ignoto, specie tra i consumatori di un Paese famoso in tutto il mondo per il suo Espresso. Vi siete mai chiesti chi produce il vostro caffè? Da dove viene? Qual è la sua miscela e se invece non sia meglio il monorigine? Se alzate la mano, so che sarete in pochi. Del vino, invece, vogliamo sapere tutto, provenienza, annata, solfiti, uvaggio, se è bio oppure no, e guai – giustamente – se troviamo una sbavatura o un leggero sentore di tappo. Se invece il caffè è cattivo, pazienza. E non sappiamo quello che beviamo.

Per questo l’idea della Carta dei Caffè di Caffè del Caravaggio ha stuzzicato la mia attenzione e mi ha spinta ad approfondire il tema e ad accorgermi che, così come per il vino, vista olfatto e gusto sono i tre parametri per valutare un caffè, di cui esistono una variegata serie di tipologie.

Il miglior caffè al mondo, ad esempio, è il Jamaica Blue Mountain, definito lo “champagne dei caffè”. E proprio come lo Champagne, per cui l’origine delle uve è rigorosamente controllata e delimitata, anche la zona in cui le piante di caffè Jamaica Blue Mountain possono essere coltivate è circoscritta e viene controllata con estrema cura. Anche i prezzi sono da Champagne: vanno dagli 80 ai 100 euro al chilo, e il Blue Mountain è l’unico caffè commercializzato in barili da 15 chili, mentre gli altri sono ancora confezionati in sacchi.

Noi, invece, solitamente cosa beviamo a casa o al bar? Le miscele, quelle migliori includono fino a cinque o sei tipi diversi di caffè (chiamate origini, anche se la provenienza non viene quasi mai dichiarata – fateci caso -, mentre il Jamaica Blue Mountain è un monorigine) e possono essere 100% Arabica o un mix di Arabica e Robusta: dolci e fragranti le prime, corpose e decise le seconde. La Robusta costa in media 1,5 euro al chilo, l’Arabica va dai 4 agli 8 euro al chilo.

E così, avere tra le mani la Carta del Caffè di Caffè del Caravaggio, è stata una scoperta. Come per i vini, dove ogni blend e ogni monovarietà ha le sue sfumature e i suoi tratti distintivi, lo stesso vale per il caffè. Un mondo tutto da scoprire e sicuramente da valorizzare ed è proprio questa la mission dell’azienda bergamasca che ha deciso di dedicare il suo nome al grande pittore lombardo.

«Vogliamo in primis diffondere una cultura che fino a ora non c’è mai stata», spiega Marco Morgandi, business manager del progetto. Anche dal punto di vista della sostenibilità, e di qui quindi la scelta di proporre la fruizione della propria selezione di caffè in cialde ecologiche e compostabili il cui confezionamento in atmosfera protetta (o meglio controllata) «consente di ottenere una shelf-life di 18 mesi (perché un altro problema del caffè, una volta macinato, è il decadimento del suo aroma in poche ore, ndr)». E per garantire che in tavola al cliente finale venga servito un caffè a regola d’arte, Caffè del Caravaggio ha studiato anche macchine modulari che, grazie a una tecnologia di ultima generazione quasi alla Steve Jobs, consentono un’estrazione del caffè sempre costante, annullando l’errore umano o le influenze atmosferiche, riducendo drasticamente il consumo di energia e anche i tempi di pulizia visto che con un gesto (un’apposita pastiglia) si puliscono da sole, perfettamente.

Ecco come funziona, spiegato direttamente dal deus ex machina del progetto, Renato Morgandi, durante un press educational a cui ho preso parte. 


L’argomento è avvincente, e potete approfondire di più qui http://www.caffedelcaravaggio.it/it/

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