Olio evo: consumo mondiale fermo al 4%. Allarme di Assitol

Riconquistare la fiducia dei consumatori, italiani e stranieri, con un’azione dell’intera filiera ed il sostegno delle istituzioni. E’ questa la strategia per il rilancio dell’olio d’oliva, in occasione del convegno organizzato oggi a Roma da ASSITOL, l’Associazione italiana dell’industria olearia aderente a Confindustria, con la partecipazione di tutte le principali organizzazioni del comparto.

In particolare, il dibattito si è soffermato sul calo dei consumi che ha colpito gli oli d’oliva negli ultimi anni. In Italia, stando agli ultimi dati del COI, il Consiglio oleicolo Internazionale, si è registrato un calo del 14%, in linea con la tendenza dell’Unione Europea, pari a -12%. Anche i dati ASSITOL sull’export, relativi ai primi otto mesi del 2017, delineano un rallentamento complessivo degli scambi commerciali con l’estero (-18,3%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In particolare, perdono i Paesi UE (-19,3%) ma anche quelli extracomunitari (-16,3). Il tutto si va ad incastonare in una campagna olearia che risente di mesi e mesi di siccità.

“Anche se ancora centrale sulle nostre tavole – ha osservato Angelo Cremonini, presidente del gruppo olio d’oliva di ASSITOL – l’olio d’oliva ha vissuto pesantemente la crisi dei consumi e la vive ancora. L’olio d’oliva è sì un prodotto globalizzato, ma anche banalizzato nel suo impiego quotidiano, trattato alla stregua di un condimento qualsiasi”. Per il settore, stretto tra la necessità del rilancio e gli effetti della crisi ancora in corso, potrebbe arrivare a breve una novità importante.
Appare ormai imminente il riconoscimento della FOOI, la nuova Interprofessione, che rappresenta un primo passo importante per lavorare insieme al rinnovamento del comparto. “E’ proprio dalla consapevolezza – ha ricordato Cremonini – che questo mondo ha bisogno di una decisa opera di modernizzazione che nasce la spinta, ormai due anni fa, a superare antiche divisioni per costruire un percorso comune”.

Un numero, soprattutto, è stato più volte citato durante il convegno: tra i grassi da condimento, il consumo mondiale di olio d’oliva è fermo al 4%. Eppure, lo stesso COI, il Consiglio Oliecolo Internazionale, afferma che per il prossimo anno si attende un incremento dei consumi mondiali pari al 5%.

“Stiamo rischiando la retrocessione – ha messo in guardia Cremonini – il mercato oggi assiste all’avanzare di nuovi protagonisti. Per anni, abbiamo preferito guardarci in cagnesco invece di compattarci e decidere insieme ciò che, in altri Paesi, è la normalità per un’Interprofessione: le opportunità del mercato da sfruttare, il coordinamento dei controlli e, in generale, la narrazione del nostro grande patrimonio oleario. Dobbiamo recuperare il tempo perduto”.

Accanto ai Paesi che, storicamente, sono produttori di olio d’oliva e nostri tradizionali competitors (Spagna, Grecia, Portogallo), sono emerse realtà importanti nel bacino euromediterraneo come la Tunisia, il Marocco e, negli ultimi due anni, la Turchia, mentre, oltreoceano, Stati Uniti e Australia vedono crescere sempre di più la produzione interna di olio d’oliva. Comportamenti commerciali aggressivi, barriere non tariffarie, persino fake news sono strumenti non di rado impiegati dai “nuovi” Paesi oleari, che cercano di strapparci quote di mercato.

Eppure, i numeri del nostro comparto parlano da soli: 350 cultivar, 1 milione di ettari coltivati a olivo, 900mila olivicoltori, 6500 frantoi, 673 imprese di confezionamento, generano un fatturato complessivo di 3 miliardi di fatturato. L’Italia è prima in Europa per le sue Dop e Igp dell’olio.

Resta però il deficit storico della nostra produzione olivicola che, anche per questa campagna, non supererà le 300mila tonnellate. Al di là dei ritardi nell’attuazione del PON, IL Piano Olivicolo Nazionale, cosa può fare la filiera? Una possibilità ventilata da ASSITOL, è quella di puntare sulle cultivar che meglio si adattano al gusto dei consumatori, italiani ed esteri, in modo da cogliere la domanda del pubblico e, al tempo stesso, aumentare la redditività dell’olivicoltura. “Dobbiamo lavorare sull’olio di qualità – ha concluso Cremonini – laddove per qualità si deve finalmente intendere un prodotto buono, ricco di sentori e sapore e, al tempo stesso, redditizio per tutta la filiera”. In questo senso, la modernizzazione del comparto, a partire dallo svecchiamento degli impianti e dall’apporto della ricerca nella selezione delle cultivar e delle buone pratiche agronomiche, deve fondarsi su un’Interprofessione coesa.

Dell’importanza di un’identità forte per le nostre produzioni è convinto anche David Granieri, presidente della FOOI. “I mercati di tutto il mondo chiedono un prodotto di qualità – ha commentato -, mentre la concorrenza degli altri Paesi cresce ed è sempre più temibile anche grazie a pratiche commerciali che, a volte, sconfinano nell’illegalità. Come si può vincere questa sfida e rilanciare il consumo dell’olio italiano? Agendo su più fronti, in maniera sinergica, e puntando su alcune parole chiave: riconoscibilità, distintività, biodiversità che caratterizzano l’offerta italiana sul mercato mondiale e vanno declinate in base alla continua evoluzione di un comparto che necessita di strutture adeguate e di una legislazione al passo con i tempi. E’ altresì importante sensibilizzare i consumatori sulle qualità nutrizionali del prodotto, spesso non correttamente percepite”.

Nell’operazione di rilancio, l’ICE, la nostra agenzia per il commercio estero, ed il COI, L’Onu dell’olio d’oliva, possono apportare un contributo essenziale per far crescere sui mercati internazionali l’olio nazionale. Anna Flavia Pascarelli, dirigente dell’area agroalimentare e vini dell’ICE, condivide la visione di un’operazione incentrata sulle opportunità dei mercati internazionali. “L’A​genzia​ ICE​ – ha ribadito – accoglie con grande favore il prossimo riconoscimento della FOOI e conferma il proprio impegno a sostegno del comparto dell’olio di oliva per la promozione all’estero di questa eccellenza.”

Riguadagnare fiducia e attenzione, per l’olio d’oliva, significa garantire il consumatore con l’aiuto della scienza. In tal senso Tullia Gallina Toschi, docente di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università di Bologna, ha illustrato il lavoro svolto dal suo gruppo di ricerca, nell’ambito del progetto Oleum. “L’olio di oliva è parte di un patrimonio immateriale e come ogni grande ricchezza è sempre sotto i riflettori – ha sottolineato -. Ma la ricerca nel settore è attiva e in continua evoluzione. Una corretta divulgazione è il primo passo, per niente scontato, perché i consumatori per primi possano riconoscere e pretendere la qualità”. La filiera tutta insieme, ha aggiunto, “può fare un lavoro enorme nella diffusione di contenuti corretti facendo riferimento alla ricerca che in Italia e, più in generale, nell’area Europea e dei Paesi Mediterranei ha il proprio fulcro e rappresenta una eccellenza mondiale”.

In questo quadro, al convegno è stata rilanciata la proposta di allargare il SIAN, il sistema informatico che monitora tutti i movimenti dell’olio in entrata ed in uscita dall’Italia, a tutta l’Unione Europea e al bacino mediterraneo.

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