Nervosismo euforico da Michelin 2012 | Se vi domandate perché gli chef stravedono per le Stelle, la mia risposta è questa.

Fausto Arrighi

Non so se ve ne siete accorti, ma in questi giorni tra i fornelli scoppiano più scintille del solito. L’agitazione è a mille tra i cuochi in attesa di sapere se Sua Maestà dei Gourmet d’Italia, Fausto Arrighi (numero uno della Michelin), ha confermato la loro Stella, gliel’ha tolta oppure ne appunterà un’altra sulla loro casacchina bianca. Tutti cercano di avere qualche indiscrezione, ma la Rossa più corteggiata d’Italia è peggio di un ministero: nessuno sa niente, tranne la terza Stella a Massimo Bottura, data per certa da tutti. 

Tenete duro, tra poco e finirà quest’ansia dei nostri cuochi preferiti: tra un paio di giorni torneranno a cucinarci alla perfezione quel risottino di cui andiamo pazzi e che fino al 16 novembre, giorno di ufficializzazione delle Stelle 2012, faranno uscire dalla cucina magari non perfetto per via della mano resa un po’ tremolante dall'”effetto Arrighi”, il quale peraltro tra poco andrà in pensione e nell’ambiente non fanno che circolare scommesse da toto-successore.

Perché gli chef tengono così tanto a questa Stella, mi chiedenti sempre più spesso… Ed ecco qui la mia risposta. Quali strumenti hanno gli chef per distinguere se stessi e il loro locale? Gli hotel hanno un riconoscimento statale: una, due, tre, quattro, cinque stelle ci danno un’indicazione della categoria dell’albergo, dei suoi servizi, del livello di prezzi, etc. Un’indicazione, dicevo, perché ogni regione ha dei parametri diversi nell’assegnazione delle stelle, per cui tutti noi sappiamo bene che le 4 stelle di Verona sono diverse dalle 4 stelle di Roma. Ma almeno c’è un tentativo di disciplina e distinzione statale. Chi poi vuole primeggiare, o distinguersi ulteriormente, spesso cerca di entrare in club di prodotto come il Leading Hotel o il Relais & Chateaux o molti altri simili. Ma è una cosa in più, sia per l’hotel che per i clienti.

Per i ristoranti lo Stato non ha mai previsto una classificazione simile a quella degli hotel e quindi, a mio avviso,  è per questo che hanno preso piede le guide, in particolare la Michelin, che in 50 anni è riuscita a costruirsi un’aurea di istituzionalità senza pari, dovuta anche al fatto che gli esaminatori Michelin sono gli unici ad essere tutti assunti dalla Guida, a differenza di Espresso e Gambero Rosso, che si avvalgono di collaboratori esterni. Quindi, in assenza di altri modi di poter essere classificati, di essere identificati come migliori di altri, ecco che la Stella Michelin è risultata la cosa migliore, anche perché internazionalmente riconosciuta. 

Le ambizioni sono sempre belle, a mio parere. L’unica cosa che però mi fa strano è che ancora ci si disperi se si ha il locale pieno e l’apprezzamento costante dei propri clienti ma non il premio della Stella? Conta di più? Meglio il ristorante vuoto – come ce ne sono tanti, tantissimi in giro – e il plauso della Rossa? Ovvio, avere capra e cavoli insieme sarebbe il top, ma una come me, a cui piace pensare che nella cucina ci siamo grande amore e immensa passione, non riesce a vedere niente di più importante che il sorriso e il godimento dei propri commensali. Invece oggi, prima di questo, mi pare che in troppi pensino solo a far contenti Arrighi, mettendo in secondo piano chi paga i loro scontrini fiscali tutti i giorni.

Quello che vorrei dire, insomma, è che mi piacerebbe che le Stelle della Rossa arrivassero a chi in primis cucina per vocazione, con amore, felicità e passione tutti i giorni, con la sola preoccupazione di accontentare, stupire, coccolare, accudire, incuriosire, affascinare i propri clienti e fare del proprio meglio, sempre, con grande umiltà. Girando spesso, vedo poco questo atteggiamento. Ma forse è solo una sensazione…

Poi capita che mi arrivino voci del fatto che uno dei locali che ritengo corrispondano a questo identikit, sia a rischio di perdida della Stella… Se capita, giuro che mi lego alla caviglia di Fausto Arrighi a mò di palla al piede finché non mi spiega bene, ma proprio bene il perché.

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