Maurizio Zanella: Basta “bollicine”. Chiamateci solo Franciacorta. Ma la vera sfida è trovare un nome d’appeal per definire i metodo classico italiani

Uno stop in piena regola a uno dei termini più utilizzati per indicare il Franciacorta, piuttosto che lo Champagne o gli spumanti in genere. L’appello viene dal Consorzio Franciacorta, che si rivolge soprattutto a chi comunica il vino, ma anche ad operatori, appassionati e produttori.

“Chiamiamo il vino con il proprio nome e non con termini che ne generalizzano e ne uniformano le peculiarità, appiattendone, di fatto, la qualità percepita – spiega Maurizio Zanella, presidente del Consorzio Franciacorta (nella foto con la vostra GG) -. ‘Bollicine’ è un termine obsoleto e senza futuro. Il tempo presente ci offre una nuova occasione per affermare i nostri vini di qualità, cominciando dal consolidare la cultura di base in materia e da un appropriato linguaggio”.

“E’ necessario – aggiunge Zanella – iniziare un nuovo percorso per valorizzare i grandi vini anche dal punto di vista ‘nominale’. Con impegno e passione il Franciacorta ha raggiunto il traguardo dei 50 anni; a questo punto, credo sia maturo per un passo successivo, importante per poter definitivamente trovare, a livello nazionale ed internazionale, un posizionamento coerente e rispondente all’eccellenza che esprime”.

“E che non si chiami più spumante – continua Zanella – per nessun motivo al mondo. L’ho già simpaticamente ricordato all’amico Franco Maria Ricci rispondendo ad un suo articolo apparso in marzo su ‘Bibenda 7’. La similitudine tra ‘spumante’ e Franciacorta è da bandire in qualsiasi citazione. Non per velleità o principio, ma per decreto ministeriale”.

Nel dettaglio, si fa riferimento al disciplinare di produzione del Franciacorta, approvato per decreto ministeriale (Mipaaf) e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in prima istanza il 24 ottobre 1995 – serie generale 249, art. 7 e poi, a seguito di modifiche ulteriormente restrittive, il 23 ottobre 2010 – serie generale 249, art. 7, che recita: “per identificare tutti i Franciacorta, è vietato specificare il metodo di elaborazione, metodo classico, metodo tradizionale, metodo della rifermentazione in bottiglia e utilizzare i termini vino spumante”.

“Oggi il Franciacorta, come anche altri vini di qualità, esige più rispetto, eleganza, identità, che il termine bollicine, ormai, non è in grado di dare – conclude il presidente Zanella. Franciacorta, Champagne e Cava: in Europa, solo questi 3 vini possono utilizzare un unico termine per identificare in modo preciso un vino, un territorio e il metodo di produzione. Ecco l’identità di cui parlo. Chiamiamo il vino con il proprio nome e quindi: Spumanti, i vini senza Denominazione specifica; Franciacorta, il Franciacorta”.

Purtroppo credo che soprattutto noi giornalisti in cerca di sinonimi non potranno rispettare spesso le richieste di Maurizio Zanella.

Piuttosto il punto è: troviamo un nome per i metodo classico italiani che sia bello tanto quanto Champagne… Mica facile, eh? Mentre ci penso qualcuno di voi ha idee?

 

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Commenti

    • bepi
    • 28 Aprile 2012

    Forse le bollicine danno allo testa…
    Ma chi si crede di essere il signor Zanella per sparare questa omerica fregnaccia (libera traduzione di fatwa)?
    Sperando che non soffrirà troppo, lo pregherei di sedersi prima di leggere le prossime righe: io (e, credo, qualche milione di altri) continuerò ad usare il termine bollicine (e, perchè no se capita, anche il corrispondente angloamericano “bubbles”) per definire TUTTI i vini con le bollicine.
    Che piaccia o no al suddetto mister Z, per il resto del mondo (tranne lui) con bollicine intendiamo i vini frizzanti e spumanti, a prescindere dal territorio dove nascono e dalle tecnologie utilizzate.
    Dopo, scatta l’identificazione: così come quando diciamo vini rossi o vini bianchi (sottinteso: fermi) intendiamo una grande categoria, all’interno della quale ci stanno italiani e stranieri, top wines e vini da supermercato, grandi nomi e aziende sconosciute… Solo premettendo che parliamo di vini bianchi (magari precisando italiani, autoctoni) possiamo chiedere una Passerina senza timore di prendere un ceffone…
    Prendo poi lo spunto dal libro “ecumenico” scritto da un suo collega – Gianluca Bisol – intitolato “Viva il Prosecco, Abbasso lo Champagne” (sottotitolo: “ma io amo tutte le bollicine del mondo”) per fargli notare che nella sua affermazione “Franciacorta, Champagne e Cava: in Europa, solo questi 3 vini possono utilizzare un unico termine per identificare in modo preciso un vino, un territorio e il metodo di produzione” ha trascurato il Prosecco… Più che una dimenticanza, mi sembra una cattiveria bella e buona (o si tratta di invidia per un concorrente che ha i “numeri”?).
    Per il signor Zanella credo basti…
    A te, mia cara Francesca, chiedo: quanto sono costati i due nomi che negli ultimi 30 anni hanno partorito i geni del marketing per gli spumanti italiani? Mi riferisco all’infelice, straziante CLASSIMO (abbandonato perchè nessuno voleva credere che non fosse un refuso…) e al TALENTO. Se qualcuno mette in palio un premio pari a un decimo del costo di questi due, comincio a pensarci seriamente.
    Gratis posso suggerire un nome solo: BOLLICINO… Sperando che il buon senso del signor Zanella ritrovi la strada di casa, annusando il profumo di crosta di pane (nella fiaba in realtà sono briciole… ma è una piccola licenza poetica).
    Un cordiale saluto,
    Bepi Pucciarelli

    • Angelo Rossi, Trento
    • 30 Aprile 2012

    Caro Bepi Pucciarelli, credo che la nostra Geisha fosse ancora in fasce quando andava in onda il primo tempo di CLASSIMO ed il secondo di TALENTO per poterti dire quanto costò quel film. Io me lo ricordo bene e ti posso garantire che al confronto di quanto si sta spendendo oggi per ottenere molto meno, si spese così poco che si potrebbe riassumere in una sola parola: GRATIS!
    I costi infatti, per CLASSIMO furono di diversi incontri (fortemente voluti da Trento) svolti a Milano presso la sede dell’Istituto Italiano Metodo Classico presieduto allora da Etile Carpenè e diretto da Anna Pesenti, con produttori che ovviamente non si sognavano di esporre nè il costo della prestazione culturale nè la rifusione delle trasferte, per giungere ad una due giorni con 50 big nazionali (affitto della location sul Garda con cena, pernottamento e pranzo conclusivo) e la rifusione dei meri costi organizativi a Davide Paolini. Nacque così CLASSIMO, dall’unione di classico con massimo, subito ammazzato da un articoletto di Repubblica che ricordò come in greco quel termine significasse flatulenza. Insopportabile, allora. Oggi, dopo altri 20 anni di sbando e ben altri odori in giro, classimo profumerebbe di lavanda.
    I costi di TALENTO infine, ancora meno: solo una telefonata del nostro alfiere trentino che, seguendo in autostrada l’omonimo furgone della Fiat, chiamò il presidente nazionale che a sua volta, sfinito, se lo fece piacere, pur di andare avanti.
    A scuola di marketing, allora, si insegnava che un marchio non andava discusso, ma accettato. Punto. Come dire che se ti chiami Fatebenefratelli, 4saltiinpadella o Vattelapesca va bene se hai un progetto condiviso alle spalle, altrimenti rimani a cercare nel vocabolario un termine che non servirà che a perdere tempo e denaro. Bollicine o bollicino compreso.
    Ecco perchè nelle parole di Maurizio Zanella vorrei leggere, oggi, di un’apertura che quella volta non ci fu. Franciacorta si è nel frattempo affermata, ma abbisogna di un consolidamento perchè anche lì non son tutte rose e fiori. Una leadership per essere tale, dev’essere riconosciuta dai colleghi delle altre zone di produzione e per far questo bisogna spendersi per un progetto più ampio. Il cognome è la conseguenza di questa utopia.

    • Geisha Gourmet
    • 30 Aprile 2012

    Carissimi, i soldi spesi nel Talento, nel Classimo, nel TrentoDoc (sigh e sic) ormai sono spesi. E bisogna guardare avanti con intelligenza. Per questo dico che l’esigenza più stringente è trovare un nome interessante e accattivante per il metodo classico italiano. E la mia idea è chiedere ai ragazzi. Fare un concorso di idee. Dare modo a dei giovani aspiranti uomini di marketing e di pubblicità di esercitarsi con qualcosa di grande e difficile. Chissà che non ne esca qualcosa di buono… A me piacerebbe che qualcuno ci provasse.

    • Angelo Rossi, Trento
    • 2 Maggio 2012

    Sì certo Geisha, l’idea di affidare ai giovani la ricerca di un nome (cognome) per gli spumanti metodo classico italiani è ottima. Sarebbe bello che stavolta a spendersi per questo affidamento fossero i franciacortini, magari dopo una telefonata ai boss delle altre zone vocate. Così sapremmo chi tira indietro, malauguratamente. Il momento di crisi potrebbe aiutare dato che la volta precedente coincideva con un ciclo di sviluppo. E fu flop. Sappiamo, infatti, che le idee migliori nascono inevitabilmente dai momenti di difficoltà. Tutto sta nel saper cogliere l’occasione.

    • Geisha Gourmet
    • 2 Maggio 2012

    Io invece penso che non importa da chi nasca l’iniziativa. Anzi, ti dirò, secondo me è meglio che non nasca da nessuna realtà spumantistica, ma che venga fuori da un terzo e che si diffonda tra la gente. In queste cose mi piace sempre fare l’esempio di CasaClima, che fu un flop appena imposta dall’alto dalla Provincia di Bolzano e che è diventata un must solo dopo che è stata la gente altoatesina – e poi italiana – a capirne l’importanza e a volerla… Qui si parla di altre cose, ma il concetto è lo stesso. Potrebbe essere San Michele che lancia questo logo contest? Perché no? Ne parliamo?

    • Angelo Rossi, Trento
    • 3 Maggio 2012

    Parlarne va sempre bene, cara Geisha, altrimenti non saremmo qui. I social network servono, eccome, a far cambiare le cose. Qualcuno della professione, però, dovrà prima o poi dovrà metterci mano altrimenti saremmo all’anarchia. Con tutti che propongono di tutto. Ricordo che prima di CLASSIMO e TALENTO l’Istituto Italiano del Metodo Classico aveva lanciato un concorso nazionale per il “nome” con un premio di 25 milioni di Lire: migliaia di risposte, nessuna accettata, premio destinato alla beneficienza. I tempi non erano maturi.

    • Geisha Gourmet
    • 3 Maggio 2012

    Dicevo ne parliamo non sui social network, ma vis a vis, mettiamo in moto qualcosa. Questo era quello che volevo dire. Le cose che avvengono, si scrivono (anche sui blog), ma le cose che si scrivono non sempre avvengono. E io sono per il provare a fare.

    • Giuliano
    • 4 Maggio 2012

    Hai perfettamente ragione Geisha scrivere sui blog serve sì ma non abbastanza vale molto di più agire di persona.
    Apprezzo molto questa tua determinazione.
    Saluti.

    • Geisha Gourmet
    • 5 Maggio 2012

    Grazie Giuliano :).

  1. Pingback: Un nome comune per i metodo classico italiani: cui prodest? | Wine-Italy blog

    • shadoutusul
    • 17 Giugno 2012

    scusate ma forse c’è un equivoco Maurizio Zanella semplicemente vuole marcare la differenza fra lo spumante prodotto in Franciacorta che ha ormai assunto chiaramente una sua identità a livello mondiale e gli spumanti che sono prodotti in altre regioni. Bisogna ammettere che neppure gli spumanti del Trentino che hanno una storia più lunga di quelli di Franciacorta sono riusciti ad imporre i loro marchi a livello mondiale. Gli spumanti di Franciacorta invece sopratutto per merito di Maurizio Zanella che è stato il primo a crederci hanno ormai acquisito a livello mondiale una fama tale da metterli in concorrenza con quello dello Champagne. Dunque basta parlare di bollicine ma parliamo giustamente di Franciacorta, Trentino, ecc.ecc. per identificare la zona di produzione dello spumante. Quanto al trovare un nome per identificare lo spumante italiano è un falso problema. In un mondo dove la globalizzazione porta sempre di più ad esaltare la propria specificità non ha senso dare un nome comune a uno spumante prodotto in Franciacorta con un prodotto nel Collio o nel Lazio. Quindi promuoviamo la diversità e lasciamo perdere la uniformità!

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