La società riflessa in un fondotinta

Li passo in rassegna, uno dopo l’altro, come soldatini schierati per combattere la più ardua delle battaglie: il mio make-up. Tubetti, scatoline, fluidi, cremosi, in polvere compatta, più chiari, più scuri, idratanti o effetto lifting, mat o trasparenti, per l’estate e per l’inverno. Tutti splendidi nel loro packaging di lusso, con i loro marchi famosi a ricordarmi quei troppi soldi spesi inutilmente. Tutti perfetti, nuovissimi, puliti, come appena usciti dal negozio. Tutti, tranne uno. Ha un paio di settimane di vita e sul coperchietto di metallo le mie impronte impiastricciate svelano la verità del nostro rapporto: un’intesa perfetta, unica, mai provata prima. Mi avvicino, lo prendo fra le mani, ruoto lentamente il coperchio, poi sollevo l’ulteriore copertura in plastica trasparente, quindi affondo delicatamente il polpastrello del dito medio della mano destra in una meraviglia cremosa dal profumo elegante e discreto. Fronte, mento, al centro delle guance. In meno di un minuto mi ritrovo davanti allo specchio con un colorito luminoso, uniforme, senza quegli odiosi segni al confine tra viso e collo che per lungo tempo mi hanno perseguitato spingendomi ad assai poco eleganti battaglie a colpi di kleenex. Soddisfatta, richiudo la preziosa scatolina e sorrido ringraziando ancora una volta gli illuminati proprietari di un negozio davvero speciale.

Ci andavo da bambina con la mia nonna Gemma. Era la profumeria più chic di Pescara, ma anche un prestigioso salone di parrucchiere. Si chiamava Umberto. La profumeria invece era, ed è tuttora, Femminella. A due passi dalla piazza centrale di Pescara, a poche decine di metri dal mare. Ci sono cresciuta da Femminella. Ricordo le messe in piega perfette di mia nonna, le sue borse di coccodrillo che io bambina osservavo come tesori inarrivabili (all’epoca, non avevo ancora maturato la mia etica animalista), i profumi e le creme. Arrivava tutto da lì. Da quel tempio di classe e raffinatezza in cui le luci soffuse accarezzavano le divise marroni delle commesse.

Sono passati anni, ahimé, diciamo pure decenni, il parrucchiere Umberto non c’è più, ma la profumeria Femminella sì. E’ ancora lì, con i suoi arredi eleganti e âgé, le vetrine ridondanti di pelletteria di lusso, e soprattutto le commesse che di diverso hanno solo il colore delle loro divise: non più marroni, ma blu. Le buone maniere, quelle no, sono sempre le stesse. Merce rara, di questi tempi. Quasi utopia se poi a educazione, gentilezza e disponibilità si unisce anche la competenza. E invece, quando entro da Femminella e chiedo un fondotinta facile da utilizzare anche da chi, come me, è un autentico disastro nella sublime arte del trucco, ad accogliermi trovo una signora gentilissima che mi invita a seguirla per mostrarmi ciò di cui ho bisogno. Sul tavolo in vetro, compaiono uno dopo l’altro scatole e tubetti che la gentile “consulente make-up” mi mostra illustrando caratteristiche e proprietà di ognuno. Senza fretta. Uno, due, tre, quattro diversi tipi di prodotto vengono stesi sulla mia pelle. Poi, finalmente, ecco quello giusto.

Una texture – così la chiamano quelli che ci capiscono – magnifica, sorprendente. E’ come infilare il piede nella scarpa giusta. Sono felice come un bambino il giorno di Natale! Uno stato d’animo che non viene intaccato neppure quando vedo la cifra che dovrò pagare sul display della cassa. E non solo perché ho finalmente trovato il “mio” fondotinta, ma perché, se pure solo per mezz’ora, il tempo si è fermato, restituendomi il sapore antico di quella gentilezza autentica che non mi farà dimenticare mai “le ragazze di Umberto”.

E così, anche un gesto effimero come l’acquisto di un fondotinta si trasforma in una bella emozione.

 

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