Il Trentino al Vinitaly: a La Vis arriva Rotwein (qui un doc inedito), il TrentoDoc vola e Rizzoli punta sul Talento

Cavit lancia nuove linee per gli Usa, Mezzacorona inizia a sbarcare in Cina e La Vis sta preparando il riassetto con nuove assunzioni. A partire dal direttore commerciale Italia, Francesco Ganz e dal nuovo export manager Alessandro Angelini.

LA VIS SI RICONFIGURA

L’obiettivo del commissario Marco Zanoni è chiaro: ricostruire l’organigramma prima della scadenza del suo incarico, nell’autunno 2011. Per questo, da una manciata di giorni, ha già individuato e assunto un nuovo direttore commerciale Italia, Francesco Ganz, e un nuovo export manager per le aree Germania, Austria, Svizzera e Danimarca. Si tratta di Alessandro Angelini, aka Gustav Rotwein (uno dei personaggi radiofonici di Radio Montecarlo, che da qualche settimana firma anche una rubrica sulle pagine del Corriere del Trentino). Angelini aveva lasciato Casa Girelli, poco prima che il braccio commerciale di La Vis venisse acquistato dal colosso lavisiano, nel 2005, per dedicarsi, fino ad oggi, a una propria attività imprenditoriale di export negli Usa di piccole etichette di vino italiane. Un business non così allettante quanto il contratto proposto da La Vis che lo ha visto entrare nella squadra a partire dall’1 aprile: «Entro un anno – racconta Angelini – verrà deciso chi sarà designato come nuovo direttore export tra me e gli altri export manager dell’azienda. Se sarò scelto io certamente i miei contatti americani saranno tutti riversati in La Vis». Zanoni è a caccia anche di un nuovo responsabile marketing e di un revisore dei conti, tutti ruoli, ricorda Angelini, «prima accentrati in Fausto Peratoner che oggi invece è il direttore export ad interim». In arrivo anche un nuovo enologo  per Casa Girelli, Massimo Tarter, fino a poco tempo fa wine maker alla Cantina Val di Cembra. Ma non solo: Zanoni è alla ricerca anche di un suo sostituto con l’incarico di amministratore delegato. Su cosa deve puntare La Vis per il rilancio? Secondo Angelini «sulla linea Ritratti, sui vini toscani di Villa Cafaggio e sulle bollicine di Cesarini Sforza. Di queste ultime due cantine al Vinitaly lanciamo due prodotti nuovi: un Cesarini Sforza Extrabrut e un Morellino Riserva».

LEGGI COSA SCRIVE GUSTAV ROTWEIN QUI: Articolo per il Blog di Francesca Negri

CAVIT

A credere molto in quello che potremmo definire “bubble power”, cioè nel potere delle bollicine, è anche Enrico Zanoni, direttore di Cavit. «Non abbiamo avuto modo di trovare aziende in vendita che siano delle occasioni, ma la liquidità per nuove acquisizioni ci sarebbe. Cosa mi piacerebbe comperare? Un’azienda di spumante». Se italiana o straniera, Zanoni non si sbilancia a dirlo, ma la sensazione è che guardi più all’estero che nel Belpaese. Nel frattempo, sarà lanciata in questi giorni la linea Alta Luna: nuovo brand per il mercato americano con etichetta di charme, tre tipologie di vino (Pinot nero, Pinot grigio e un blend rosso) a 13-14 dollari (fascia intermedia) per un target giovane e di ristorazione easy. L’andamento di mercato è presto detto: gli Usa sono in «risveglio», i nuovi mercati sono Brasile, Russia e Polonia, l’Italia tiene bene soprattutto con le bollicine. Il fatturato nel primo trimestre promette successi, con «una crescita di oltre il 6%».

MEZZACORONA CON GLI OCCHI A MANDORLA

«Quest’anno, dopo anni di veto, sbarchiamo in Cina perché ora è iniziato a muoversi veramente qualcosa. Andremo in cinque città (come Shanghai e Hong Kong)) sulla costa per far e un po’ di scouting visto che ora il business sta veramente accendendo i motori». Ne è convinto Claudio Rizzoi, ad di Nosio, la spa commerciale di Mezzacorona. In autunno, poi, il colosso rotaliano si appresta a festeggiare i dieci anni della tenuta Feudo Arancio e per l’occasione saranno lanciate due nuove Riserve in formato magnum. In crescita il fatturato nel primo trimestre: «Siano a più 5-6% – dice Rizzoli -. A tirare di più sono Germania e Nord Europa, e, per Feudo Arancio, anche il Giappone». Ma la cosa che preme di più al gruppo rotaliano è la sostenibilità: «Pe questo stiamo cercando di essere indipendenti energeticamente al 100%: ora siamo al 15%. In Sicilia, seppur con alcune difficoltà burocratiche, installeremo un grosso impianto fotovoltaico e anche due pale eoliche», conclude Rizzoli.

Estero e TrentoDoc sono le due “voci di bilancio” che hanno fatto registrare nel primo trimestre 2011 una media del + 10% di fatturato di molte aziende vinicole trentine. Conferma che la strategia di puntare sulle bollicine sia stata vincente? Sicuramente, anche se dalla Provincia autonoma di Trento arriva ancora una tirata d’orecchie: «Il comparto vino vive la montagna ancora come un handicap più che come un’opportunità, mentre le istituzioni sono disponibili a credere in questo hatu. E poi, il Trentino del vino ha bisogno di unità», bacchetta l’assessore all’agricoltura Tiziano Mellarini. Il presidente della Camera di Commercio di Trento, Adriano Dalpez, non è da meno: «Credo che potremmo interpretare il nostro territorio molto meglio. Il Trentino deve essere rappresentato dai prodotti della sua terra, ma per farlo occorre un grande progetto territoriale, che va dalla pianificazione urbanistica alla produzione alimentare. Il tutto partendo da una certezza: il TrentoDoc». Critico anche Elvio Fronza, numero uno del Consorzio Vini, secondo il quale «l’impero del vino trentino si è comportato come un piccolo uomo perché non ha saputo sfruttare e costruire il suo futuro quando i tempi erano eccellenti». Del resto, anche il luminare della viticoltura, Attilio Scienza, registra un «problema umano del Trentino vinicolo». Quale? «Il fatto di essere incapace, come lo è un elefante, di essere consapevole della propria forza. Per questo il Trentino deve ripartire dai suoi uomini e da una maggiore coscienza delle sue capacità». Per Scienza la ricetta della felicità enoica trentina è composta da tre elementi: «Puntare sul vino “green”, quindi sull’immagine più ecocompatibile possibile della sua produzione. Più diversità, ovvero produrre energia in forme alternative e pulite. Garantire un reddito soddisfacente al viticoltore». Per questo il professore annuncia la possibilità di un nuovo master della Fondazione Mach di San Michele all’Adige proprio su questi temi. Mario Pojer, vigneron istrionico della cantina Pojer e Sandri, si strofina i baffi e sbotta corruciato: «Inutile parlare di queste cose se poi in Trentino si fanno sempre più bottiglie a prezzi sempre più bassi: dobbiamo farne di meno, ma farci pagare molto di più per una qualità maggiore». La sua cantina è una delle tante, in Trentino, che ha iniziato il 2011 sotto la buona stella dell’estero: «Le bollicine rosè stanno andando benissimo e così anche il nostro blend Filii, mix di Riesling, Mueller Thurgau, Kerner e Incrocio Manzoni». Gli fa eco Lucia Letrari dell’omonima cantina lagarina: «Il primo trimestre dell’anno è andato bene, con un + 15% di vendite soprattutto dovute al TrentoDoc e all’export, dove abbiamo aperto nuovi mercati, nell’Est Europa e negli Stati Uniti». Così, al Vinitaly Lucia Letrari ha pensato bene di presentare +4, metodo classico TrentoDoc rosè dedicato alla figlia e alle nipoti, prodotto in 3mila bottiglie e commercializzato a partire da ottobre al prezzo di circa 20 euro, che fa arrivare a  quota sei le etichette della piccola maison spumantistica di Rovereto. A nord di Trento, a San Michele all’Adige, Paolo Endrici della Cantina Endrizzi gongola: «Il + 23% di fatturato dei primi mesi del 2011 è dovuto soprattutto al nostro TrentoDoc Brut, che quest’anno sta avendo un exploit. Bene anche il Teroldego, il Masetto Nero e il nostro Chardonnay». E se Paolo Endrici è appena stato insignito della Gran Medaglia di Cangrande ai benemeriti della viticoltura, non è il solo a distinguersi: la giovanissima Erica Pedrini, figlia d’arte della cantina Pravis, qualche giorno fa è stata insignita del titolo di migliore vignaiola d’Europa a Stoccarda. A vedere i bilanci all’insù grazie alle bollicine di casa nostra sono anche i colossi del Trentino, da Cavit a Mezzacorona (ambedue a oltre + 6%), mentre il dibattito ora si accende sulle terminologie. L’oggetto della “singolar tenzone” è Berlucchi, che tra poco «toglierà il termine metodo classico dalle sue etichette», annuncia Caludio Rizzoli, ad di Nosio. «Questo – spiega – vedrà la fine definitiva di questa nomenclatura e bisognerà cercane un’altra». Quale? Ça va sans dire: «Talento. Molte cantine trentine stanno rivedendo le loro posizioni di estraneità a questa definizione. Penso che a breve il marchio si espanderà moltissimo», chiosa Rizzoli in veste di presidente dell’Istituto Talento, ente che raggruppa attualmente 22 cantine spumantistiche italiane di varie regioni, dal Piemonte all’Alto Adige.

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